Immacolata Concezione di Maria: un’indagine seria

Introduzione all’Immacolata Concezione

Nel corso del periodo medievale, si assistette a un notevole sviluppo delle dottrine della grazia e della giustificazione, le quali gettarono le fondamenta per i successivi dibattiti della Riforma Protestante riguardanti questi cardini della fede. Inizialmente, il dibattito fu sostenuto dalla scuola di pensiero di Agostino d’Ippona e quella di Pelagio: Agostino «reagì con violenza contro il pelagianesimo, insistendo sulla priorità della grazia di Dio in ogni momento della vita cristiana, dall’inizio alla fine»; Pelagio, invece, «sosteneva che gli esseri umani hanno la capacità di prendere l’iniziativa per la propria salvezza» [1]. L’acceso interesse per la grazia e la giustificazione generò un nuovo fervore nell’approfondire anche il ruolo di Maria, la madre di Gesù, nel contesto del piano di salvezza. La profonda riflessione teologica sulla natura del peccato originale e della redenzione portò alla formulazione di nuove dottrine che coinvolgevano la figura di Maria, come l’Immacolata Concezione. [2]


Maculisti e Immaculisti

Da questo fervore teologico nacque un vivace dibattito tra due fazioni ben distinte: i cosiddetti «maculisti» e gli «immaculisti». Il primo gruppo sostenne l’idea che Maria fosse soggetta al peccato originale, configurandosi come peccatrice in tutto e per tutto in linea con la condizione umana. Il secondo gruppo, invece, difese la credenza «che Maria fosse stata concepita senza peccato originale» [3]. Parallelamente, si sviluppò anche un acceso confronto sul concetto di Maria come “corredentrice”, cioè se potesse essere considerata un soggetto partecipe della redenzione in modo analogo a Gesù Cristo. Questi dibattiti non solo contribuirono a plasmare la teologia medievale, ma sottolineano anche l’importanza attribuita a Maria nella comprensione più ampia della salvezza e della fede.

Alcuni problemi

L’approccio degli immaculisti alla figura di Maria solleva però alcune questioni teologiche problematiche, specialmente alla luce della incontestabile dottrina che solo Cristo è privo di peccato e quindi davvero meritevole di essere definito “immacolato”. Persino all’autore del Corano questo concetto non è sfuggito, definendo Gesù come زَكِيًّا (zakyana) cioè «puro, senza macchia» (Sura Maryam 19,19-21).

Anzitutto, la Bibbia presenta Gesù come immacolato e nato senza peccato, in quanto concepito nel grembo di Maria non attraverso l’unione sessuale con Giuseppe (Mt 1,24-25), ma per virtù dello Spirito Santo (Lc 1,34-35). Nessun intervento umano ha partecipato alla concezione di Gesù, e proprio per questo poteva essere chiamato «Santo, Figlio di Dio» (Lc 1,35).

Una questione generazionale?

Di conseguenza, se Maria è immacolata alla stessa maniera di Gesù Cristo (e qualora lo fosse “anche un po’ meno” non è più immacolata), allora anche lei deve essere stata concepita per virtù dello Spirito Santo, secondo il principio biblico applicato a Gesù. Seguendo questa logica a ritroso nel tempo, si applicherebbe lo stesso principio anche a sua madre, sua nonna, sua bisnonna, e così via. La madre, la nonna, la bisnonna, ecc. di Maria dovrebbero anche loro aver concepito per virtù dello Spirito Santo o essere rese immacolate nel momento in cui furono concepite, così da permettere a Maria di essere a sua volta immacolata.

Annullamento del Primato di Cristo?

Quindi, la concezione di Maria come immacolata va in netto contrasto con il principio biblico secondo cui solo Gesù Cristo è senza peccato (2Cor 5,21; Eb 4,15; 1Giov 3,5; 1Pt 2,22). Un problema emerso da questa prospettiva è il potenziale percepito affievolimento della singolarità e unicità della natura senza peccato di Gesù. Se Maria è anch’essa considerata senza macchia sin dal concepimento, si innesca un dibattito sulla distinzione tra la purezza di Maria e quella del suo primogenito (unigenito lo è solo per Dio, non per Maria). Questo solleva interrogativi sulla centralità di Cristo come l’unico Redentore, Mediatore e Intercessore e il suo ruolo esclusivo nell’offerta della salvezza.

Nel passaggio di Luca 1,46-47, noto come Magnificat, Maria esprime la sua gioia e gratitudine per il ruolo tanto ambito da tutte le donne ebree che Dio le ha assegnato e per il privilegio di portare il Salvatore tanto nel grembo quanto nel mondo. Ecco i versetti pertinenti:

«E Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore»

Da queste parole emerge che anche Maria riconosce di avere (bisogno di) un Salvatore, implicando quindi che c’è qualcosa da cui deve essere salvata. Questo la rende partecipe al 100% del peccato originale. Inoltre, la dottrina dell’Immacolata Concezione appare contraddittoria rispetto all’insegnamento biblico più ampio sulla necessità di redenzione. Se Maria fosse stata davvero preservata dal peccato originale, si potrebbe mettere in discussione la sua effettiva necessità di redenzione attraverso Cristo, visto che tale dottrina la porrebbe sullo stesso livello di purezza e santità di Gesù.

Bolla “Ineffabili Deus”

La definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione di Maria è stata proclamata come dogma della Chiesa Cattolica Romana attraverso una bolla papale. Il dogma è stato definito da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 attraverso la bolla “Ineffabilis Deus”. [4] La bolla papale afferma che Maria, fin dal momento del suo concepimento, è stata preservata immune dal peccato originale. Ecco un estratto della dichiarazione dogmatica:

«La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale» (Catechismo della Chiesa Cattolica, §491)

In breve, Maria sarebbe stata preservata dal peccato originale «nel primo istante» del suo concepimento. Pertanto, è strano che gli autori biblici divinamente ispirati si siano lasciati sfuggire una tradizione di così grandi proporzioni e importanza per la cristianità e il genere umano, per cui quella dell’Immacolata Concezione mariana sembra essere più una novĭtas dottrinale che un insegnamento biblicamente fondato e noto. La tradizione, antica voce degli antenati, ha certamente trovato un alleato sacro nella Bibbia. Non solo un libro sacro, ma un compagno fidato. La Bibbia serviva da custode, da archivio, da ponte tra il fluire delle parole sussurrate nel tempo e la stabilità della pagina bianca. Quando tradizione e Bibbia danzano in perfetta armonia, si crea un legame indissolubile tra la fede del passato e la realtà presente.

Tuttavia, non dimentichiamo che questa relazione è una danza delicata. Se la tradizione e la Bibbia non si sincronizzano, l’armonia si incrina: tradizioni lontane dal cuore del Testo sebbene pretendano rifarsi al Testo. Il circolo virtuoso tra tradizione e Bibbia è intrigante:

«Un pronunciamento dottrinale può e deve essere sottoposto al vaglio delle Scritture, ma non il contrario; la Scrittura interpreta sé stessa, non ha bisogno di un criterio o formula esterna a sé stessa per poter essere interpretata» (Pawel Gajewski, durante la terza lezione di Introduzione alla Teologia del 09/11/2023)

Ulteriori osservazioni

La risposta dei riformatori alle “novità” dottrinali dei cattolici fu più o meno questa: «le dottrine, di cui non si poteva dimostrare il fondamento nella Scrittura, dovevano essere rifiutate, oppure dichiarate non vincolanti» [5]. Tale affermazione si basava sul noto principio di sola Scriptura, che non è un’invenzione dei riformatori ma è già presente nelle testimonianze bibliche (cfr. 1Cor 4,6) e in alcune sètte del Giudaismo del Secondo Tempio in poi (per es. Sadducei, Caraiti). La “novità” dell’Immacolata Concezione di Maria considerata tale dai riformatori rientrò in questa obiezione.

Il sospetto delle novitas: autogol del cattolicesimo

D’altra parte, i teologi cattolici, in risposta alle “novità” dottrinali dei riformatori, affermarono:

«Non c’è alcuna difficoltà nel riconoscere un falso insegnamento, o l’argomentazione fondata su di esso: lo si riconosce subito, dovunque esso appare, semplicemente perché è nuovo» [6]

I cattolici del periodo post-Riforma giustificano questa posizione sostenendo che c’era una continuazione ininterrotta fra loro e «gli autori patristici». Fondamentalmente, i teologi cattolici sostenevano che «gli apostoli avevano tramandato ai loro successori un deposito fisso di verità, che doveva essere conservato di generazione in generazione» [7]. In questo «deposito fisso» viene inclusa anche la dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria.

Pertanto, in relazione a quest’ultima dichiarazione e alla suddetta dottrina, come minimo dovremmo aspettarci un riscontro già nei teologi del periodo patristico (100-451). La risposta purtroppo è negativa; nessun padre della Chiesa ha mai formulato o proposto l’ipotesi di un’Immacolata Concezione mariana. E prendendo in prestito le parole dei contro-riformatori, se un falso insegnamento è facilmente riconoscibile «semplicemente perché è nuovo», la logica richiede che anche la suddetta dottrina sia un falso insegnamento «semplicemente perché nuovo», non avendo mai trovato spazio in precedenza nelle discussioni dei teologi del periodo patristico e, soprattutto, nel Nuovo Testamento stesso, redatto dai primi apostoli del Signore.

Come già accennato sopra, tra coloro che hanno influenzato la riflessione su Maria, si possono citare Agostino d’Ippona, che ha sicuramente enfatizzato la santità di Maria, e Giovanni Damasceno, che ne ha sottolineato la purezza. Tuttavia, la dottrina dell’Immacolata Concezione immacolata di Maria è stata laborata solo diversi secoli dopo!

Conclusione

In sintesi, la questione dell’Immacolata Concezione di Maria è stata oggetto di un acceso dibattito teologico nel corso dei secoli, emergendo come risultato della profonda riflessione sulla grazia, la giustificazione e il ruolo di Maria nel piano di salvezza. Il confronto tra i maculisti e gli immaculisti evidenzia le divergenze riguardo alla condizione di Maria rispetto al peccato originale.

Tuttavia, sorgono alcune problematiche teologiche quando si confronta l’Immacolata Concezione di Maria con la centralità e l’unicità della natura senza peccato di Gesù Cristo. Se Maria è preservata dal peccato originale, si pone il dilemma della sua effettiva necessità di redenzione attraverso Cristo. Questo solleva interrogativi sulla distinzione tra la purezza di Maria e quella di Gesù, minando la centralità di Cristo come unico e solo Redentore, Mediatore, Intercessore e Salvatore.

La definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione, proclamata tramite la bolla Ineffabilis Deus nel 1854, solleva ulteriori questioni sulla sua credibilità e coerenza con le Scritture. La mancanza di supporto nelle testimonianze patristiche e nel Nuovo Testamento mette in dubbio la validità e logicità di questa dottrina, contrastando con il principio della sola Scriptura difeso dai riformatori e da molti altri prima di loro in epoche più lontane.

In conclusione, il dibattito sull’Immacolata Concezione di Maria evidenzia le tensioni teologiche tra tradizione e Scrittura, sollevando dubbi sulla coerenza di questa dottrina cattolica con l’insegnamento biblico del ruolo centrale ed esclusivo di Cristo nella redenzione.


NOTE BibliografiCHE

  1. Alister E. McGrath, Teologia Cristiana, Claudiana, Torino 2010, p.35.
  2. Id., pp.65-66.
  3. Roberto Rusconi, Storia del Cristianesimo e delle chiese. Dalle origini ai giorni nostri, Morcelliana, Brescia 2019, p.190.
  4. Vedi Rusconi, cit., pp.335-336; vedi anche Vittorio Subilia, Il problema del cattolicesimo, Claudiana, Torino 1962, p.58
  5. McGrath, cit., p.85.
  6. Id., p.92, il grassetto è mio.
  7. Ivi, il grassetto è mio.

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