Trasfigurazione: «come è scritto di lui» (Marco 9:11-13)

La storia di Yeshùa e della sua progressiva auto-rivelazione ai discepoli torna continuamente nella Scrittura. Il brano di Mc 9:11-13 risulta essere il resoconto della conversazione di Yeshùa con i discepoli dopo la trasfigurazione sulla montagna. Rappresenta quindi un momento topico, assai enfatizzato, nella storia del Vangelo, oltre che un momento cristologico di grande rilevanza. Questo passaggio ha spiazzato la maggior parte dei commentatori fino al giorno d’oggi, ma vedremo come il testo si lasci interpretare meglio in quanto parte integrante della tradizione ebraica del Messiah sofferente. Subito dopo la trasfigurazione, si può rilevare l’estrema vicinanza di Moshéh, Eliah e Yeshùa:

«Poi, mentre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio dell’Uomo fosse risuscitato dai morti. Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti. Poi gli chiesero: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?” Egli disse loro: “Elia deve venire prima e ristabilire ogni cosa; e come mai sta scritto del Figlio dell’Uomo che egli deve patire molte cose ed esser disprezzato? Ma io vi dico che Elia è già venuto e, come è scritto di lui, gli hanno anche fatto quello che hanno voluto»

Come hanno scritto molti commentatori, questo passaggio solleva non poche difficoltà. Nelle Scritture non si fa cenno a un maltrattamento di Eliah, per cui su quali basi il Vangelo sostiene «come è scritto di lui»? Inoltre, come ha osservato Joel Marcus, «se Elia ristabilisce ogni cosa, allora perché mai un Messia destinato a incassare il rifiuto dell’umanità, un Messia le cui sofferenze e il cui rifiuto sono predetti dalle Scritture? (9:12c) Le due aspettative sembrano in contraddizione l’uma con l’altra». La brillante mossa di Marcus, a questo punto, consiste nel rendersi conto che non si tratta di un difetto del Vangelo, bensì della sua stessa vocazione. Tale (presunta) contraddizione è l’argomento stesso del Vangelo: non è un difetto, bensì una sua caratteristica saliente. Ci troviamo dinanzi a qualcosa di molto simile alla forma standard di un midrash. La domanda dei discepoli non è «com’è scritto che Eliah viene per primo?» bensì «perché gli scribi dicono questo, perché se quel che dicono è vero: Com’è scritto che il Figlio dell’Uomo dovrà molto soffrire?». Essi stanno denunciando una contraddizione tra il brano cui fa riferimento Yeshùa e le affermazioni fuorvianti degli scribi, non tra due diversi versetti.

I discepoli capiscono molto bene il Yeshùa dei versetti 9-11. Comprendono quanto rivelato loro, cioè che Yeshùa è il Figlio dell’Uomo, e sanno quel che significa. Sono traumatizzati, come al solito, dal fatto che Yeshùa sia destinato a soffrire, anche se, come sottolinea lo stesso Yeshùa, è davvero scritto che il Figlio dell’Uomo deve molto soffrire. Dopotutto, alla fine del capitolo (9:30), essi non hanno ancora compreso la predizione di Yeshùa secondo la quale egli verrà consegnato a degli esseri umani che lo uccideranno, dopodiché resusciterà. Sono anche confusi per il fatto che Yeshùa si sia palesato come Messiah, mentre Eliah a quanto pare non lo ha fatto, e gli scribi dicono che Eliah verrà prima del Messiah per ristabilire tutte le cose.

La risposta di Yeshùa è brillantemente puntuale:

«Poi gli chiesero: “Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?” Egli disse loro: “Elia deve venire prima e ristabilire ogni cosa; e come mai sta scritto del Figlio dell’Uomo che egli deve patire molte cose ed esser disprezzato? Ma io vi dico che Elia è già venuto e, come è scritto di lui, gli hanno anche fatto quello che hanno voluto»

Gli scribi dicono che Eliah, venendo prima del Figlio dell’Uomo, ristabilirà ogni cosa – e allora come può essere che il Figlio dell’Uomo debba soffrire quando le cose sono ormai state stabilite? Al che risponde Yeshùa: Il profeta dice, di fatto, che Eliah ristabilirà ogni cosa; ma se così fosse, come puà essere anche scritto che il Figlio dell’Uomo debba molto soffrire? No, sostiene (giustamente) Yeshùa, il versetto non dice che Eliah ristabilirà tutte le cose: sono stati gli scribi a maturare questa idea. E gli scribi non possono che avere torto nella loro interpretazione della venuta di Eliah: ogni cosa verrà ristabilita, ma non da Eliah bensì dal Figlio dell’Uomo e solo dopo le terribili sofferenze del Giorno del Signore, a loro volta scritte con grande chiarezza da Esdra nel libro biblico conosciuto come “Malachia” (vedi articolo correlato). Ora la risposta è chiara: Eliah è già venuto nella forma del Giovanni il battezzatore (come dice Matteo senza lasciare dubbi), il precursore, ed essi hanno fatto di lui ciò che volevano. La sua sofferenza è diventata prototitpo delle pene che dovrà sopportare anche il Figlio dell’Uomo, e in tal modo i discepoli ricevono risposta a entrambe le domande.

Nota

Cfr. Daniel Boyarin, Il Vangelo ebraico: le vere origini del Cristianesimo, Ed. Specchi, 2015

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