Se l’amore non è geloso, perchè Yahwéh lo era?

04_independence_day_blurayL’argomento in questione può essere suddiviso secondo il seguente schema di riferimento biblico:

  1. 1Giovanni 4:8 indica che «Dio è amore»
  2. 1Corinzi 13:4 dice che «l’amore non è geloso»
  3. Esodo 20:5 insieme ad altri passaggi rivela che Dio è un «Elohìm geloso».

A questo punto lo scettico si potrebbe chiedere, «può essere Dio geloso quando parecchi versi dicono l’esatto contrario?». In poche parole, se l’amore non è geloso e Dio rappresenta l’amore, allora, per via di logica, Dio non potrebbe definirsi geloso. O al contrario, se l’amore non è geloso mentre Dio lo è, allora Dio non può essere definito un Elohìm d’amore. Giusto? Questi versi cadono davvero in contraddizione?

Oggi, nel XXI° secolo, la parola “gelosia” il più delle volte porta ad una connotazione negativa. Ad esempio, si può provare un certo risentimento quando un uomo è geloso per il successo lavorativo raggiunto da un suo collega. Saremmo certamente turbati nel sentire che un marito geloso diffidi la propria moglie ad uscire di casa se non in sua esclusiva compagnia. Potrei continuare a descrivere molti esempi sulla gelosia, ma vorrei che ci concentrassimo per qualche minuto su ciò che hanno da dire vari passaggi del Nuovo Testamento, cercando di capire insieme il perché Dio è descritto a volte come un «Elohìm geloso».

L’Apostolo Paolo ammoniva i fratelli nella fede residenti a Roma affinché «si comportassero correttamente» e a tirarsi fuori da «contese e gelosie» (Romani 13:13).

Per la chiesa di Corinto, Paolo ha espresso la sua preoccupazione che quando sarebbe andato nella loro città avesse potuto trovare situazioni spiacevoli in cui vi sarebbero potuti essere pettegolezzi, lotte e gelosie (2Corinzi 12:20). E, come già detto, ha esplicitamente dichiarato che «l’amore non è geloso» (1Corinzi 13:4).

Anche Giacomo ha scritto qualcosa in merito alla gelosia, dicendo che «dove vi è gelosia e contesa, c’è disordine e cattiva azione» (3:16; cfr. Atti 7:9).

Uno scrittore ha descritto la gelosia come a un «risentimento infantile che scaturisce dalla cupidigia non mortificata, che si esprime in invidia, cattiveria e azioni meschine»[1]. Sembra, quindi, che il più delle volte sia il Nuovo Testamento che il codice morale ed etico della società moderna ritraggano la gelosia in una luce di negatività.

La verità è che, tuttavia, della gelosia se ne può parlare effettivamente anche positivamente. La parola ebraica usata nell’Antico Testamento con la quale si traduce “geloso” è [qannā, קנא], mentre nel Nuovo Testamento si usa la parola [zi̱lo̱ti̱s, ζηλωτης]. L’idea principale che vogliono trasmettere entrambe le parole è quella di “calore” o “ardore”. La parola ebraica sopra citata porta con sé l’idea di «arrossamento del volto che accompagna una forte emozione»[2] oppure «esprime una fortissima emozione per cui qualche qualità o il possesso dell’oggetto è desiderato dal soggetto […] Dio è raffigurato come il marito di Israele»[3] quindi geloso della propria “moglie” e «l’idolatria ne indica l’adulterio». A seconda dell’uso, la parola può essere adoperata sia in senso positivo che in senso negativo. Tre volte in 1Corinzi l’Apostolo Paolo usa questa parola in senso buono incoraggiando i suoi fratelli nella Fede a «desiderare ardentemente [zi̱loute] i doni spirituali» (1Corinzi 12:31; 14;1,39). Lui, ovviamente, non ha ordinato ai Corinzi di peccare, ma di fare qualcosa che era semplicemente buona e utile. Poi, quando scrisse alla Chiesa di Corinto, egli fu ancora più diretto nel mostrare che esiste una “gelosia Divina” differente dalla gelosia umana, altrimenti non avrebbe avuto senso per l’Apostolo specificare gelosia “Divina” e non “in generale”. Egli ha infatti affermato:

«Sono geloso infatti di voi di Dio di gelosia, ho fidanzato infatti voi a un (solo) Sposo (come) vergine pura per presentar(vi) al Cristo. Temo però che forse, come il Serpente ingannò Eva con l’astuzia di lui, si corrompano le menti di voi da la semplicità a (da) la purezza quella verso il Cristo. Se infatti il veniente (un) altro Gesù annuncia che non abbiamo predicato, o (uno) spirito che non avete accolto, bene (lo) sopportate». 2Corinzi 11:2-4

Il più ardente tra i desideri di Paolo è stato quello che la Chiesa di Corinto potesse dimorare nell’amore di Dio. In qualità di testimone dello Sposo (Cristo), Paolo ha usato un linguaggio sufficientemente forte per favorire la “Sposa” di Cristo (quella di Corinto) ad essere pura e fedele.

In maniera analoga, Yahwéh ha espresso il Suo amore per Israele – nell’Antico Testamento – proclamando di essere un «Elohìm geloso» (Esodo 20:5; Deuteronomio 4:24). Non era invidioso dei possedimenti degli Israeliti – Dio non ha bisogno di ricchezze perché tutto gli appartiene – ma comunicava il Suo forte amore per loro con l’uso di un linguaggio antropomorfico affinché gli uomini potessero comprendere il più possibile l’amore Divino differente da quello umano che altrimenti non si sarebbe potuto comprendere. Le Scritture dipingono tutto questo come un vero e proprio “matrimonio” tra Yahwéh e il Suo popolo. Purtroppo, durante il periodo del regno diviso, sia Israele che Giuda vengono dichiarati come colpevoli di «prostituzione» (Geremia 3:6-10). Yahwéh definì l’idolatria d’Israele come un “adulterio”, per questo Egli le «diede il Suo certificato di divorzio» (3:8). Questa non è da definire come una «folle furia di un corteggiatore respinto o soppiantato», ma lo «zelo per proteggere un rapporto d’amore»[4]. Yahwéh provava per Israele ciò che

 […] il marito più affettuoso potesse provare per il coniuge, ed era geloso per la loro fedeltà, affinché avessero la loro invariabile felicità[5].

Il Cantico dei Cantici 8:6 è un’ulteriore prova che l’amore e la gelosia non sono sempre opposti l’uno dall’altro. Per il suo amato, la Shulamita ha detto:

«Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; perché l’amore è forte come la morte, la gelosia è dura come il soggiorno dei morti. I suoi ardori sono ardori di fuoco, fiamma potente».

In questo passaggio l’amore e la gelosia vengono messi in parallelo per trasmettere lo stesso significato di base, cioè (a parte il proprio amore per Dio), che l’amore coniugale è – o almeno dovrebbe essere – la forza più forte e più invincibile dell’esperienza umana. In questo senso essere un marito o una moglie gelosi è una buona cosa!

Come ha osservato un commentatore, le persone sposate «che provano gelosia per l’intrusione di un amante o di un adulterio nella propria casa, sarebbero sicuramente prive di percezione morale; per l’esclusività del matrimonio che è l’essenza del matrimonio»[6].

In verità bisognerebbe dire che effettivamente anche l’amore ha il suo lato geloso. C’è un senso in cui ci si può avvalere della facoltà di essere legittimamente gelosi di ciò che ci appartiene di diritto (Numeri 25). Tale è vero anche nel rapporto coniugale. Israele era il popolo eletto di Dio (Deuteronomio 7:6). Yahwéh iniziò a formare il Suo popolo preservandolo come una nazione speciale, frutto di una promessa fatta al loro “padre” Abrahamo (Genesi 12:1 e segg.; 17:1-27). Egli benedisse gli Israeliti con la crescita numerica mentre viveva in Egitto (Esodo 3-12). E, tra le altre cose (tante cose), ha dato loro la Sua rivelazione scritta che, se l’avessero osservata, avrebbero avuto il privilegio di avvicinarsi di più a Lui ed essere resi fisicamente superiori alle altre nazioni, in quanto sarebbero stati risparmiati da varie piaghe e malattie (Esodo 15:26). Come un uccello sorveglia gelosamente le proprie uova evitando che altri uccelli o predatori in generale entrassero nel nido per rubarle, Dio veglia con giusta gelosia, riluttante alla presenza di altri elohìm nel Suo popolo (Esodo 20:3-6; Giosué 24:14-16, 19-20).

Infine, tale «gelosia Divina» (2Corinzi 11:2) non è quella che Paolo vuole intendere in 1Corinzi 13:4, quindi non vi è alcuna contraddizione.

(Piccola anticipazione del prossimo editoriale)


 

NOTE

[1] J. I. Packer, Knowing God (London: Hodder and Stoughton, 1973), p.189.

[2] Charles Lee Feinberg, Exegetical Studies in Zechariah: Part 10, (Bibliotheca Sacra, 1942), p.429.

[3] R. Lairid Harris, Theological Wordbook of the Old Testament. Moody Publishers; New Edition: #238.

[4] J. I. Packer, Knowing God (London: Hodder and Stoughton, 1973), p.189.

[5] Adam Clarke, Adam Clarke’s Commentary (Archivio Elettronico: Biblesoft, 1996).

[6] RVG Tasker, The Epistle of James (London: Tyndale Press, 1967), p.106.

4 Risposte a “Se l’amore non è geloso, perchè Yahwéh lo era?”

  1. Leggendo i vari commenti alla Bibbia e le spiegazioni delle parole bibliche, non riesco a trovare, per il termine ‘elohim’, un’assimilazione con il termine ‘amore’, né etimologicamente né semanticamente. Eppure, se ‘elohim’ lo si traduce con ‘Dio’, dovrebbe avere qualcosa a che fare con l’amore, essendo Dio l’amore per eccellenza, da intendersi anche come unione di uomo e donna. Nell’analisi del termine, è mai stata trovata una corrispondenza con la parola ‘amore’?

    1. Tentare di ricontrare in modo del tutto arbitrario un singificato specifico in una parola specifica, è come cercare di trovare una corrispondenza etimologica fra le parole “legno” e “metallo”.
      L’etimologia della parola elohìm e il carattere di Dio sono due cose distinte.
      Se mi parla che Dio è amore è un discorso, ma se vuole trovare una corrispondenza etimologica fra la parola elohìm e un attributo divino, è totalmente fuori strada.

      Tuttavia, nel Nuovo Testamento il Cristo viene identificato come l’AMEN. La parola amen deriva da ‘emet, che significa “amore”, perciò il Cristo che viene definito AMEN è anche amore.

      1. Grazie. In effetti, anche nel libro “La Bibbia parole segreti misteri” del biblista Paolo Farinella, è spiegato che la parola AMEN è l’acrostico di tre lettere: ‘/(A), M, N. Esse sono, rispettivamente, le iniziali di tre parole: ‘Elhoim (Dio), Melek (Re), Ne’eman (Fedele). Quindi la paorola ‘Elhoim compare anche all’interno di AMEN. La sua spiegazione mi ha aiutato a completare quanto era scritto nel testo che le ho menzionato.

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