Posso prontamente ammettere che Deuteronomio 10 insegna che sia stato Yahwéh a scrivere sulla seconda coppia di tavole intagliate da Mosè. Infatti nei versi dall’1 al 4 si legge quanto segue:
«In quel tempo mi disse Yahwéh: “Taglia due tavole di pietra come le prime e sali da me sul monte; fatti anche un’arca di legno. Io [Yahwéh] scriverò su quelle tavole le parole che erano sulle prime che hai spezzate, e tu le metterai nell’arca”. Io [Mosè] feci allora un’arca di legno d’acacia e tagliai due tavole di pietra come le prime; poi salii sul monte, tenendo le due tavole in mano. E scrisse Yahwéh su quelle due tavole ciò che era stato scritto la prima volta, cioè i Dieci Comandamenti che Yahwéh aveva pronunciato per voi sul monte, parlando dal fuoco, il giorno dell’assemblea. E Yahwéh me le consegnò».
Questo passaggio insegna che Mosè ritagliò una seconda coppia di tavole di pietra ma che fu Yahwéh a scrivervi sopra. E fin qui gli scettici sono d’accordo. Il passaggio controverso si trova in Esodo 34:27-28:
«E Yahwéh disse a Mosè: “Scrivi queste parole; perché sul fondamento di queste parole io ho fatto un patto con te e con Israele”. E Mosè rimase lì con Yahwéh quaranta giorni e quaranta notti; non mangiò pane e non bevve acqua. E Yahwéh scrisse sulle tavole le parole del patto, i Dieci Comandamenti».
Sulla base di questo passaggio, i critici dell’infallibilità della Bibbia indicano che sia stato Mosè, e non Yahwéh, ad aver scritto sulla seconda coppia di tavole. Così essi asseriscono che Esodo 34 e Deuteronomio 10 sono in contraddizione.
Certo, a prima vista sembra che i versetti insegnino che sia stato Mosè a scrivere le parole dettate da Yahwéh sulla seconda coppia di tavole; e il fatto registra anche che dopo aver ricevuto l’ordine di farlo, Mosè abbia in realtà scritto sulle tavole le parole del patto. Ma quello che può sembrare la corretta interpretazione del brano non è qualcosa di casuale, soprattutto quando il contesto del passaggio viene ignorato, a volte di proposito, soffermandosi solo su ciò che dicono una manciata di versetti senza considerare cosa ci sia scritto prima di essi. Le parole che Yahwéh ordinò a Mose di scrivere erano «queste parole», ovvero quelle parole citate nei versi precedenti – ad esempio le ingiunzioni cerimoniali e giudiziarie, e non le “dieci parole” di Esodo 20:2-17. La riscrittura dei Dieci Comandamenti sulle tavole di recente preparazione sono state scritte dalla mano di Yahwéh. Yahwéh ha specificamente indicato nel primo versetto di Esodo 34 che Egli (e non Mosè) avrebbe scritto le stesse parole che erano state redatte sulle prime due tavole di pietra che Mosè aveva rotto. Nel versetto 28 del medesimo capitolo abbiamo a verbale – a mo’ di riassunto – ciò che Yahwéh già fatto al primo versetto (cfr. Deuteronomio 10:2-4). L’unica cosa che insegna il verso 27 è che Mosè ha scritto l’elenco delle norme riportate nei versetti 10-26. Che questi regolamenti non sono stati i Dieci Comandamenti è evidente anche dal fatto che non ne viene menzionato nemmeno uno.
Contrariamente a quanto sostengono gli scettici, Esodo 34 e Deuteronomio 10 non sono per niente contraddittori. Piuttosto, come Jamieson, Fausset e Brown riconoscono nel loro commentario sul Deuteronomio, «Dio stesso […] ha fatto l’iscrizione per la seconda volta e di suo pugno atto a testimoniare l’importanza che attribuiva ai Dieci Comandamenti»[1].
Nota
[1] Robert Jamieson, Jamieson, Faussett, Brown Bible Commentary (Archivio Elettronico: Biblesoft, 1997).