Ad fontes (tornare alle fonti)

Introduzione

Il Rinascimento rappresentò un periodo cruciale nella storia dell’umanità, caratterizzato da fervente attività intellettuale, rinnovamento culturale e sfide alle convenzioni dell’epoca. In tale contesto, Erasmo da Rotterdam emerse come una figura di spicco, pioniera di un approccio critico e illuminante nei confronti delle Scritture. Questo articolo esplora sinteticamente il contributo significativo di Erasmo alla riforma ecclesiastica, concentrandosi sul suo rifiuto delle interpretazioni errate veicolate dalla Vulgata latina e sulla sua proposta di ritornare ad fontes, cioè alle fonti originali greche. Attraverso un’analisi puntuale di alcuni passi biblici, si evidenzia il modo in cui Erasmo, con la sua erudizione e competenza linguistica, sfidò dogmi consolidati, aprendo la strada a una nuova era di interpretazione delle Scritture.


Tornare alle fonti (ad fontes)

Quante volte abbiamo udito l’affermazione, o l’abbiamo espressa, che per condurre uno studio accurato della Bibbia è necessario consultare “i testi originali”. Tuttavia, purtroppo, non tutti dispongono delle competenze linguistiche necessarie in ebraico, aramaico e greco, rendendo così arduo l’approccio ai testi biblici nelle rispettive lingue originarie.

Ma, ciò solleva l’interrogativo: è davvero fondamentale studiare la Bibbia nelle sue lingue antiche? La risposta appare negativa per molti, ma per altri, me incluso, tale studio assume un ruolo cruciale. Ho acquisito questa consapevolezza quando ho iniziato ad approfondire lo studio dell’ebraico biblico poco più di dieci anni fa. Fino a quando non ci si immerge nella disciplina, è difficile apprezzarla appieno; tuttavia, solo dopo aver assimilato le prime lezioni, si comincia a riconoscere il suo valore. Il mio caso è emblematico in relazione all’ebraico biblico. Prima di intraprenderne lo studio, non gli attribuivo particolare importanza; tuttavia, solo dopo aver iniziato ad approfondire ho potuto contemplare gli orizzonti che questa lingua mi ha svelato. Ciò mi ha consentito di risalire a concetti antichi che le nostre traduzioni spesso tendono a offuscare, o a correggere errori di traduzione che affliggono le nostre Bibbie con regolarità.

L’interesse nel ritornare ai testi originali non rappresenta una tematica moderna, ma già nel Rinascimento emergeva con forza la necessità di tornare alle fonti (ad fontes). Era giunto il momento di non fondare più la comprensione biblica esclusivamente sui commentari biblici, ma piuttosto di attingere direttamente ai «documenti centrali del cristianesimo, agli scritti patristici e massimamente alla Bibbia, studiati nelle loro lingue originali» [1].

Erasmo da Rotterdam

L’umanista olandese Erasmo da Rotterdam emerse come figura centrale durante il Rinascimento, distinguendosi come il più significativo scrittore dell’epoca. Nel suo trattato Enchiridion militis Christiani (manuale del soldato cristiano), Erasmo avanzò la tesi rivoluzionaria secondo cui la Chiesa esigeva una riforma basata sul ritorno ai testi originali delle Scritture. A seguito dell’esempio dell’umanista Lorenzo Valla, Erasmo evidenziò i numerosi errori di traduzione presenti nella Vulgata (la Bibbia in latino), «che si pensava fosse stata tradotta fedelmente» dai testi originali greci, fino ad allora utilizzata dalla Chiesa.

Già nel contesto rinascimentale, Erasmo osservò, attraverso un confronto tra i testi biblici greci e la traduzione latina della Bibbia (la Vulgata, appunto), una disparità di terminologie che inevitabilmente indirizzava o veicolava i lettori verso specifiche posizioni dottrinali. Tra i vari esempi che potrebbero essere citati, tre risultano particolarmente illuminanti.

Indagini linguistiche

In un primo esempio, il passo di Efesini 5,31-32 della Vulgata presentava l’istituzione del matrimonio come un sacramentum, da cui derivava l’unico riferimento biblico a considerare il matrimonio tra i vari «sacramenti» della Chiesa. Erasmo notò che, al contrario, i testi greci utilizzavano il termine mysterion (mistero), il quale non aveva nulla a che fare con il concetto di sacramentum. Pertanto, secondo l’analisi erasmiana dei testi greci, il matrimonio non costituisce un sacramento, bensì un mistero: «questo mistero è grande» anziché «questo sacramento è grande».

Un secondo esempio si riscontra in Matteo 4,7, dove la Vulgata suggeriva che, poiché il regno di Dio è prossimo, è necessario «fare penitenza». In realtà, secondo i testi greci, l’invito non è a fare penitenza, bensì a «ravvedersi», ossia a cambiare il proprio modo di pensare. Pertanto, ravvedersi prima dell’avvento del regno risulta anche assai più logico e sensato rispetto al fare penitenza, poiché il termine latino viene connesso al rito ecclesiastico in sé della penitenza, mentre il ravvedimento richiama un atteggiamento individuale interiore.

Un ulteriore esempio proviene da Luca 1,28, in cui l’arcangelo Gabriele saluta Maria, madre di Gesù, con le celebri parole «piena di grazia», ovvero gratia plena in latino. Erasmo dissentì da questa traduzione, in quanto il testo greco si esprimeva in forma passiva: «colei che è favorita», «colei che ha trovato favore [dinanzi a Dio]».

Le considerazioni di Erasmo, in effetti, minarono profondamente alcune pratiche e credenze della Chiesa medievale, rendendole inapplicabili alla luce stessa del Nuovo Testamento. Mentre i cattolici, comprensibilmente, non accettarono favorevolmente tali riforme, i riformatori invece ne trassero notevole soddisfazione. L’effetto di ciò fu una riconsiderazione della credibilità della Vulgata, che, come evidenziato, non può essere considerata un “testo originale”, ma piuttosto una traduzione non fedele agli originali.

Conclusione

L’Umanesimo si rivelò di fondamentale importanza, in quanto dimostrò «la totale inaffidabilità della Vulgata e […] delle teologie basate su di essa» [2]. Solo i testi greci, con il greco come lingua di origine per la loro compilazione, potevano essere consultati per un’indagine teologica scientifica e fondata. Come afferma sagacemente McGrath, «la teologia non poteva permettersi di fondarsi su errori di traduzione» [3], né, tanto meno, su fraintendimenti che da essi derivano: se un testo è tradotto in modo inaccurato, inevitabilmente si comprende in modo distorto il suo significato originale.

In conclusione, il coraggioso sforzo di Erasmo da Rotterdam nel promuovere l’analisi critica del Nuovo Testamento ha lasciato un’impronta indelebile sulla storia teologica. La sua audace esplorazione delle differenze tra la Vulgata e i testi greci sottolinea l’importanza di attingere direttamente alle fonti originali per una comprensione accurata e autentica delle Scritture. L’eredità di Erasmo si estende al di là del Rinascimento, influenzando la teologia e la prassi ecclesiastica attraverso i secoli. Il suo richiamo a una teologia basata su fondamenti biblico-linguistici solidi rimane una lezione preziosa, sottolineando l’importanza di una rigorosa erudizione nelle indagini teologiche e la necessità di adottare approcci critici per preservare l’integrità della Parola di Dio scritta.


Note

  1. Alister E. McGrath, Teologia cristiana, Claudiana, Torino 2010, p.67.
  2. Id., p.66.
  3. Id., p.68.

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