Le contraddizioni del dogma cattolico dell’infallibilità del Papa.

Noi, quindi, aderendo fedelmente ad una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della chiesa. Se poi qualcuno – Dio non voglia! – osasse contraddire questa nostra definizione: sia anatema (I° Concilio Vaticano, 1869b, cap.IV, s. 9).

04_independence_day_blurayLe parole sopra riporatate sono il dogma dichiarato da Pio IX, e approvato dal I° Concilio Vaticano, per quanto riguarda il presunto magistero infallibile del “romano pontefice”. Per più di un secolo questo dogma ha premuto molto sulle spalle di quei cattolici che hanno lavorato febbrilmente per cercare di armonizzare la natura del dogma infallibile con le dichiarazioni, gli insegnamenti e le rivelazioni dei papi che hanno vissuto prima e dopo la costituzione di tale dogma (in modo da favorire l’inserimeto serpentineo di eventuali “vangeli diversi” ritenuti dogmaticamente ispirati e quindi infallibili sebbene non siano insegnamenti dettati dal Testo biblico ufficiale. Questo è ciò che significa “EX CHATEDRA”, “insegnamenti al di fuori del Testo biblico”). La verità è che i fedeli cattolici non hanno la possibilità di rifiutare la dottrina fermamente imposta dal I° Concilio (e non da Cristo), perché la condanna canonica riguardante il suo rifiuto è estremamente ferma! Il canone Vaticano dice:

Se poi qualcuno – Dio non voglia! – osasse contraddire questa nostra definizione: sia anatema (I° Concilio Vaticano, 1869b, cap.IV, s. 9).

Da questa dichirazione tutto il mondo protestante e quelle chiese universali che non riconoscono l’infallibilità del Romano pontefice non hanno speranza, poiché maledette. Così, la maledizione è impostata su coloro che rifiutano il dogma che considera il papa infallibile (a questo punto anche quando decide di dimettersi senza essere contestato né che perda la sua infallibile autorità). Tuttavia, le definizioni, le implicazini e le applicazioni del dogma sono discutibili al punto che, anche all’interno del corpo intero gerarchico e ordinario della Chiesa cattolica, il consenso non esiste.

IMPLICAZIONI DEL DOGMA

Per parlare di questo dogma, dobbiamo prima capire certi argomenti correlati. E dal momento che molti antagonisti dell’infallibilità sono stati accusati di ignoranza e di manipolazione sia del concetto che delle sue implicazioni, in questa sede è mio scopo utilizzare solo le definizioni e spiegazioni suggerite dagli stessi sostenitori della dottrina postulata da Pio IX. Diversamente dall’idea comunemente pubblicizzata che solo il papa possiede l’infallibilità, il Cattolicesimo insegna che la Chiesa cattolica, totalmente rappresentat dal suo corpo episcopale, è anche infallibile. Perciò il II° Conclio Vaticano ha dichiarato:

Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo. La cosa è ancora più manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle loro definizioni con l’ossequio della fede (Lumen Gentium, 1964, cap. III, s. 25).

Si deve notare qui che, secondo il cattolicesimo, l’infallibilità dei vescovi è subordinata all’infallibilità el vescovo di Roma, ed è lui ad avere l’ultima parola. Di conseguenza, la tesi del dogma dell’infallibilità può essere riassunta in questo modo:

L’infallibilità è l’assistenza divina per la Chiesa che protegge il Papa ad eventuali errori in materia di fede e morale. L’infallibilità si applica solo agli atti, in cui il Papa utilizza comlpetamente il suo dovere apostolico; quando definisce un dogma in virtù della sua autorità suprema e in qualità di pastore della Chiesa universale. In questi casi si parla di ex chatedra.

Dal momento che la proclamazione del dogma ha lasciato molte persone religiose (tra cui i cattolici stessi) con un sentimento insodisfatto di non essere in grado di concludere razionalmente da soli quano il papa è infallibile e quando non lo è (a parte le palesi autodimissioni di Ratzinger), il cattolicesimo ha ritenuto necesario istituire le seguenti condizioni in cui l’infallibilità può  “funzionare”. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, tre condizioni devono essere considerate:

  1. Il Papa deve parlare come supremo Pastore e Maestro di tutti i fedeli che egli conferma suoi fratelli;
  2. Il Papa proclama la dottrina con un atto definitivo;
  3. Il Papa parla in maniera di fede e di morale.

Pertanto, con questa spiegazione più “sistematizzata”, il cattolicsima ha “fermato” (o più precisamente, ignorato) le accuse senza fine contro i papi dei tempi moderni che in passato. Tuttavia, questa fantomatica dottrina dell’infallibilità papale è vera? Sono le sue spiegazioni strutturate con coerenza e validità?

LE VALIDE MOTIVAZIONI PER I QUALI IL DOGMA DELL’INFALLIBILITA’ VA RESPINTO

Non è coerente con la verità biblica.

Il I° Concilio Vaticano, nel suo Pastor Aeternus, dichira sulla base di infallibilità che:

Infatti ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede. La loro dottrina apostolica è stata accolta da tutti i venerati padri, rispettata e seguita dai santi dottori ortodossi: perché essi sapevano benissimo che questa sede di Pietro rimane sempre immune da ogni errore, conforme alla promessa divina del Signore, nostro salvatore, fatta al principe dei suoi apostoli: Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno. Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (Concilio Vaticano I°, 1869b, cap.IV, s. 6).

Allora, secondo la dottrina cattolica, l’infallibilità papale si basa sul fatto che in Luca 22:32 Gesù ha promesso a Pietro che la sua “fede” (vale a dire le sue dichiaazioni di verità divine riguardanti “la fede e la morale”) non avrebbe esito negativo. Ma una breve analisi del Testo biblico e il suo contesto rivela una completamente diversa conclusione. Si considerino le seguenti conclusioni:

In primo luogo, la disposizione constestuale di Luca 22:32 non stabilisce la base per il dogma dell’infallibilità. Vale a dire, non vi è alcuna indicazione nel Testo biblico che suggerisce un primato papale o un tipo di “prerogativa petrina” speciale. L’argomento in esame è la venuta tentazione dei discepli e, più specificamente, l’imminente rinnegamento di Gesù da parte di Pietro.

In secondo lugo, l’espressione «io ho precato per te» non impone una dignità speciale a Pietro; né esclude qualche preghiera in favore del resto dei discepoli. Giovanni 17:9-19 chiarisce che Gesù aveva pregato, non solo per Pietro, ma anceh per gli altri suoi discepoli. Il motivo per cui Gesù ciene citato (in Luca 22) circa la preghiera in favore di Pietro, trova la sua spiegazione logica nel fatto che Pietro sarebbe stato uno dei discepoli che avrebbe affrontato un importante “vaglio” alla mano di Satana (Luca 22:31; cfr. 22:34,54-62). Gesù, nel riferire a Pietro che aveva pregato per lui, ha dimostrato una pronta guarigione dopo la caduta era Suo desiderio.

In terzo luogo, quando Gesù ha parlato della fede di Pietro, ha usato il termine greco [pistis] che signfiica «principio, ferma persuasione, convinzione basata sull’udito». Non vi è alcun segno biblico, quindi, nel testo di Luca per suggerire che la fede di Pietro deve essere interpretata come sue «future dichiarazioni di verità divine concernenti la fede e la morale». Piuttosto, la fede di Pietro potrebbe essere in contrasto con la paura della propria morte fisica – che lo avrebbe portato a engare in realtà il suo Signore (Luca 22:54-61; cfr. Marco 4:35-40). Qui, la parola “fede” sottolinea la fede di Pietro, cme indicato dalla sua fiducia in Dio, non alla sua fede nel senso di «rivelazioni della verità»!

In quarto luogo, quando Gesù disse a Pietro che aveva pregato che la sua fede non potrebbe fallire, ha usato il termine greco [ekleipo], che può essere tradotto come «fallire» o «mancanza». Una traduzione più precisa potrebbe indicare che la fede di Pietro non sarebbe né offuscata né dissolta. Mentre la fede (fiducia) che Pietro aveva in Gesù sarebbe fallita (da quando ha negato Lui, Luca 22: 54-61), ma non ha offuscato o dissolto nulla in termini di Fede, come si evince dal fatto che Pietro si pentì del suo fallimento (Luca 22: 62). Quelli che nel cattolicesimo interpretano la fede di Pietro come la sua «testimonianza infallibile di fede e dogmi morali» non riescono a rendersi conto che la fede di Pietro venne meno al cortile Anna. Pertanto, questa fede non può rappresentare qualsiasi tipo di presunta infallibilità asseganta a Pietro, tanto meno ai vescovi romani.

In quinto luogo, la frase «quando sarai convertito» (Luca 22:32) indica la tragica realtà che la fede di Pietro stava per fallire. Il termine greco per «convertio» è [epistrepho], che esprime l’idea dell’essere cambiati. Pietro aveva bisogno di tornare indietro dalla sua via di negazione, pentirsi e confessare Gesù. In realtà, la slealtà personale di Pietro verso il suo Maestro di certo non offre alcuna prova per «l’infallibilità petrina», ma piuttosto il contrario! Infine, il cattolicesimo afferma, inoltre, che una parte delle prove per il dogma dell’infallibilità risiede intrinsecamente nel testo di Matteo 16:18-19, anche se, una corretta esegesi del testo di Matteo mostra che tale affermazione è insostenibile. La verità è che non c’è nulla in tutto il testo biblico che stabilisca il dogma dell’infallibilità papale.

L’INFALLIBILITA’ E’ INCOERENTE CON SE STESSA

L’infallibilità papale dovrebbe anche essere respinta perché non può rimanere coerente con la propria presentazione dogmatica. Con questo voglio dire che il dogma della infallibilità è auto-contraddittoria. Alcuni esempi saranno sufficienti per documentare questo fatto. Ad esempio, la seguente citazione deve essere trovata in un articolo esplicativo sulla infallibilità papale:

Il Concilio Vaticano I° non dice direttamente che il Papa, rivolgendosi a questioni ex cathedra di fede e morale, è infallibile. Si limita a dire che, in questi casi (e solo in questi), il Papa gode della stessa infallibilità di cui la Chiesa è dotata. Pertanto, l’infallibilità della Chiesa non è definita da quello del Papa, ma l’ultima dal primo. E ci sembra di avere un profondo senso teologico (Logos, 1996).

Forse dopo aver letto questa citazione vi sembrerà che le dichiarazioni con «profondo senso teologico» sono così «profonde» che diventano incomprensibili. Le condizioni del cattolicesimo a difesa che il Concilio Vaticano I (il consiglio che ha stabilito l’infallibilità papale) non dichiarano direttamente che il papa è infallibile in materia di fede e di morale. Ma se così fosse, vorra dire che il cattolicesimo ha insistito per più di un secolo ad imporre una dottrina che non era nemmeno dichiarata direttamente? Se si dice che la Chiesa Cattolica è infallibile, e che questa infallibilità ne gode anche il papa, non è un’operazione equivalente di: se A è uguale a B, e se B è uguale a C, allora A è uguale a C? E se fosse una implicazione dogmatica, che tipo di difesa «teologicamente profonda» è questa?

Lascerò il cattolicesimo continuando a spiegare i propri dogmi. In un articolo intitolato ¿Puede el Papa Caer en Errore o Herejía? (Può il Papa cadere nell’errore ed sresia?), la seguente dichiarazione può essere trovato:

Pertanto, il Papa può sbagliare quando parla di politica, medicina, fisica, economia, storia, ecc. Eccetto che in materia religiosa. Ma può anche sbagliare in materia religiosa, se parla in termini di “Table Talk” (conversazione informale durante la consumazione di un pasto), o in una passeggiata con gli amici, o una discussione privata di religione. E anche quando parla come il Signor Sò e non Sò e dichiara le proprie teorie personali, anche in un libro venduto al pubblico, che può sbagliare (vedi Cristiandad, 2005).

E’ interessante notare il concetto che ha questo particolare sostenitore del cattolicesimo circa il «nulla, tranne». Se il Papa può sbagliare anche in materia religiosa, si può dire che egli possa sbagliare «in nulla tranne» che in materia religiosa? Se lo Spirito Santo assistesse il Papa come ha assistito Pietro e gli ltri Apostoli del I° secolo, perché, dal momento che lo Spirito Santo non li ha mai abbandonati, abbandonerebbe invece il Papa quando non è sul suo trono, nel suo consiglio o non utilizza il suo titolo di Pontefice? In realtà non vi è alcuna analogia biblica per il dogma dell’infallibilità come presentato dal cattolicesimo. Gesù ha parlato non solo infallibilmente quando ha fatto appello all’autorità del Padre (Giovanni 7:16-18), ma anche nelle Sue conversazioni private (Giovanni 4) o in una sua passeggiata con gli amici (Giovanni 16:13). La Bibbia è infallibile in materia religiosa ed argomentazioni secolari; non contiene grano o piante infestanti. Piuttosto, tutta la Scrittura è ispirata da Dio (2Timoteo 3:16), il Papa no.

Affrontando la realtà inevitabile di eresia Pontificia, una pagina web cattolica dichiara del Papa che:

Se lui è un eretico, almeno non ha intenzione di dichiarare le sue eresie come parte della dottrina della professione, cioé cose che abbiamo l’obbligo di credere e osservare. Non è mai stato permesso dallo Spirito Santo ( Apologetica).

Vale a dire, il Papa può cadere nell’eresia e anche insegnarla, ma tali eresie non bisogna obbedire. Questo, naturalmente, dà luogo ad un problema noiodo da indagare, ovvero se il Papa parla infallibilmente e se non dovesse essere obbedito. L’ironia della sorte vuole che:

L’obedianza al Sommo Pontefice non dovrebbe essere limitata a quando parla ex cathedra. Né dovrebbe disciplinare il decredo del Papa ed essere respinto con il pretesto che essi non sono stati promulgati come ex cathedra.

Tuttavia, se il Papa è sia infallibile che fallibile in materia religiosa, e se i cattolici sono chiamati ad obbedirgli in entrambe le aree, non rappresenta un pericolo per il cuore di molte dottrine cattoliche? La verità è che il cattolicesimo non può insegnare e difendere l’infallibilità papale per come fa e rimanere coerente.

L’INFALLIBILITA’ E’ INCOERENTE NELLA SUA APPLICAZIONE

Il cattolicesimo dichira:

I possessori dell’infallibilità sono: (a) il Papa (il Papa è infallibile quando parla ex cathedra), (b) l’intero Episcopato (la totalità dei vescovi è infallibile quando propone un insegnamento di fede e di morale come la fede per tutti i fedeli, sia assemblati insieme in un concilio generale o sparsi per la terra) (Pivarunas, 1996).

Pertanto, si può dire che l’infallibilità raggiunte il suo piò alto grado in concili ecumenici, dove il Papa, insieme al corpo dei vescovi, offrono un simbolo di qualità per dogmi di fede al quale i cattolici devono obbedire. Inoltre il Cattolicesimo conferma:

Sì, è vero che certi papi hanno contraddetto altri papi, nei loro pareri privati o rlativi a dogmi disciplinari; ma non c’è mai stato un Papa che avrebbe ufficialmente contraddetto ciò che un precedene papa ha ufficialmente insegnato secondo la fede e le questioni morali. Lo stesso si potrebbe dire con i concili ecumenici, che insegnano anche con l’infallibilità. Non c’era un concilio ecumenico che contraddica l’insegnamento di un precedente concilio ecumenico sulal fede e la morale (Keating).

La difesa cattolica può essere sintetizzata come segue: il Papa può essere un eretico, ma non vi insegnerà ufficialmente l’eresia; e i consigli, che presumibilmente usano l’infallibilità, non si contraddicono a vicenda. Ma un tale concetto può essere reale? Cosa vorrebbero dire i consigli, che insegnano forse infallibilmente? Alcuni esempi saranno sufficienti per giungere alla conclusione che i concili ecumenici, in applicazione della loro cosiddetta infallibilitò, falliscono completamene.

Il Concilio Vaticano I°, nella sua costituzione dogmatica Dei Filius, sulla fede cattolica, ha espersso che:

E una volta abbandonata e rigettata la religione cristiana, negato il vero Dio e il suo Cristo, la mente di molti è scivolata infine nel baratro del panteismo, del materialismo e dell’ateismo di modo che, negando la stessa natura razionale ed ogni norma del giusto e del retto […] Noi, perciò, seguendo le orme dei nostri predecessori, conforme al nostro supremo ufficio apostolico, non abbiamo mai mancato di insegnare e di difendere la verità cattolica, come pure di riprovare le perverse dottrine (Concilio Vaticano I°, 1869b, s. 7-10).

Tuttavia, mentre il C.V.I° condanna le dottrine erronee, come il rifiuto di Cristo, il C.V.II° afferma:

La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotene, creatore del cielo e della terra […] Benché essi non riconoscono Gesù come Dio, lovenerano comunque come un profeta (Nostra Aetate, 1965 s.3).

Ma dal momento che i musulmani non riconoscono Gesù come il Messia profetizzato (cioé IL Cristo), vorrei che non sia una negazione di Cristo, e quindi l’eresia condanata dal C.V.I°? Certamente! Il C.V.I°, nella sua sentenza canonica sulla rivelazione scritta, afferma:

Se qualcuno non riconosce come sacri e canonici i libri della sacra scrittura completi e con tutte le loro parti, come sono stati elencati dal santo concilio di Trento o dice che essi non sono divinamente ispirati, sia anatema (Concilio Vaticano I, 1869a, Can. 2., s. 4).

Tuttavia, il C.V.II°, parlando di induismo, buddhismo e altre religioni che scartano la Scrittura Canonica, ha dichiarato su queste religioni che:

Per contrastare l’inquietudine del cuore umano, ognuno a modo suo, proponendo “modi”, che comprenderono insegnamenti, regole di vita e riti sacri. La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, anche se in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini (Nostra Aetate del 1965, s. 2).

Sulla permanenza del primato petrino dei Pontefici Romani, il C.V.I°, nel suo Pastor Aeternus, condanna:

Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema (C.V.I°, 1969b, cap 2, s. 5).

Tuttavia, il C.V.II° beatifica:

La Chiesa riconosce che in molti modi si è collegata con coloro che, essendo battezzati, sono onorati con il nome cristiano, ma non professano la fede nella sua interezza o non conservano l’unità della comunione con il successore di Pietro. Ci sono infatti molti che hanno in onore la Sacra Scrittura, prendendola come norma di fede e un modello di vita, e che mostrano uno zelo sincero. Essi credono con amore in Dio Padre onnipotente e in Cristo, il Figlio di Dio e Salvatore. Sono segnati dal Battesimo, in cui sono uniti con Cristo (Lumen Gentium, 1964, cap. 2, s. 15).

Ora il C.V.II° ha unito a Cristo le stesse persone che, per non accettare la gerarchia petrina, sono stati condannati dal C.V.I° come anatema. A dire il vero, il C.V.I°, che avrebbe insegnato l’infallibilità, non può coesistere con il C.V.II°, che avrebbe impiegato la stessa “tecnica” dell’infallibilità, cioè si annullano a vicenda. In verità, ci sono molte altre contraddizioni che potrebbero essere aggiunte, ma i pochi casi che ho voluto presentarvi in questo articolo sono sufficienti per consentire una conclusione definitiva: il dogma cattolico dell’infallibilità papale non è coerente con la verità. Il C.V.II° invocata da papa Giovanni XXIII si trova in forte opposizione al C.V.I° invocato da Papa Pio IX (il padre del dogma dell’infallibilità papale).

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