Divinità di Gesù negata in Giovanni 17,3?

Non pochi Testimoni di Geova rimangono sconvolti da alcuni dei miei video (e articoli) che affermano la natura divina di Gesù Cristo. Sostengono che Giovanni 17,3 nega l’idea che Gesù sia “Dio” per natura. In questo articolo cercherò di rispondere all’obiezione.


Se Gesù Cristo era Dio, mentre era sulla terra, perché si riferiva al Padre come «l’unico vero Dio» in Giovanni 17,3?


Questa domanda viene posta in genere dai Testimone di Geova, ma anche dagli scettici. È importante capire che i membri della Torre di Guardia, e non solo, ripudiano la divinità di Cristo, sostenendo che Gesù, mentre viveva su questa terra, non era altro che «un perfetto uomo».[1] In risposta, offriamo quanto segue.

Il contesto di Giovanni 17,3 e la preghiera di Cristo

Nella sua preghiera a favore del benessere spirituale di «ogni carne», cioè dell’intera umanità, Cristo ha chiesto che la famiglia umana «conosca te [il Padre], l’unico vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo». Non c’è assolutamente nulla in questo passaggio che permetta allo studioso sincero e responsabile della Bibbia di respingere una serie di altri passaggi (che vedremo fra poco) che affermano con enfasi la natura divina di Gesù Cristo. Ci sono due cose di estrema importanza nel considerare questo passaggio.

  • Qual è il senso del contesto immediato?
  • Come si relaziona questo testo con altri dati biblici sullo stesso tema?

La manipolazione della Torre di Guardia: politeismo e la preghiera del Salvatore

Va sottolineato che nessun testo può essere isolato dal suo contesto immediato e costretto a insegnare ciò che è chiaramente in contraddizione con altri passaggi rilevanti delle Scritture sullo stesso argomento. Eppure, questo è esattamente ciò che i Testimoni di Geova tentano di fare nel manipolare il testo biblico. Per mettere a fuoco questo passaggio, è necessario fare diverse osservazioni molto importanti.

In primo luogo, come notato sopra, questa preghiera era diretta a nome delle grandi masse dell’umanità, la grande maggioranza delle quali erano (e sono) idolatri, adoratori di molti dèi, anzi «falsi» dèi. Era del tutto appropriato, quindi, che Cristo pregasse affinché potessero conoscere il «solo vero Dio». Come osservò Lenski, questa parte della preghiera era «diretta contro il politeismo pagano»[2]. Il fatto tragico è che i Testimoni di Geova sono essi stessi politeisti in una certa misura anche se di fatto lo negano. Credono che il Padre sia Dio e che abbia creato un altro «dio», vale a dire Gesù (idea che, per inciso, la Scrittura nega). Is 43,10 dice:

«I miei testimoni siete voi, dice Yahweh, voi, e il mio servo che io ho scelto, affinché voi lo sappiate, mi crediate, e riconosciate che io sono. Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me, non ve ne sarà nessuno»

Quindi, secondo l’organizzazione della Torre di Guardia, Padre e Figlio (e Spirito) non costituiscono una deità unita; piuttosto, i primi due sarebbero Dio/dio, cioè due dèi, uno maggiore e uno minore. I Testimoni di Geova frustrano così la stessa preghiera del Salvatore.

L’unità della natura divina: relazione tra Padre e Figlio

In secondo luogo, le frasi complementari: «il solo vero Dio e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» dimostrano la relazione unica tra i due soggetti. La costruzione allude a un’unità della natura che viene insegnata in modo abbastanza enfatico in numerosi altri testi. Infatti, più volte successivamente, proprio in questo capitolo (cfr. vv. 9.15.20), Gesù, riferendosi alle richieste che fa al Padre, sceglie il termine greco ἐρωτάω (erotao). Si tratta di una parola che Cristo usava per la comunicazione tra sé e il Padre, il che suggerisce un rapporto non condiviso da altri.[3] Il Salvatore non stava ripudiando la sua stessa divinità.

In aggiunta a quanto sopra, Giovanni fa riferimento a Cristo stesso come al «Dio unigenito, che è accanto al Padre» (Gv 1,18), secondo la formulazione dei migliori testi greci, come indicato da Merrill Tenney nel The Expositor’s Bible Commentary, curato da Frank Gaebelein (Zondervan 1983, Vol. p, p.34). L’espressione «solo Dio», quando applicata a Cristo, esclude forse il Padre? Certamente no, e nemmeno la formulazione di 17,3 esclude il Figlio.

Prove della divinità di Cristo in altri testi

  1. “Solo” Dio è degno di adorazione (Mt 4,10), eppure Cristo la accettò (Mt 14,33); quindi, Cristo non fu escluso dalla categoria della deità.
  2. “Solo” Dio è assolutamente saggio (Rm 16:27); tuttavia, Paolo afferma che è «in lui [Cristo] che sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza» (Col 2:3). Il linguaggio esalta chiaramente la sapienza e la conoscenza di Gesù al di là di quella della mera umanità (cfr. Rm 11,33) e lo identifica come divino (cfr. Col. 2,9).
  3. “Solo” Dio è «santo» in senso assoluto (Ap 15,4), eppure quel senso unico di santità viene ripetutamente attribuito anche Cristo (Lc 1,35; At 2,27; 3,14).
  4. In una delle lettere giovannee, c’è anche questa affermazione: egli scrive di Gesù, «noi siamo in colui che è vero, nel Figlio suo, Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna» (1Gv 5,20). Si può sostenere con forza l’identificazione di «Gesù Cristo» come colui designato come «il vero Dio»[4]. Se Cristo può essere «il vero Dio», senza alcuna esclusione della deità sul Padre, allora il Padre può essere «il vero Dio», senza che si intenda privare Cristo della sua deità.
  5. Gli scritti di Giovanni sono saturi di dichiarazioni della piena divinità di Gesù (vedi 1,1.18; 5,17-18; 8,58; 10,30; 20,28). Respingerle tutte, per deferenza a un’interpretazione forzata e limitata dei passaggi come Gv 17:3, rivela un pregiudizio settario che è cieco rispetto a un approccio coerente e di buon senso alle Sacre Scritture.

La tesi della Torre di Guardia riguardo a Giovanni 17:3, quindi, è del tutto priva di merito.


Note

[1] Let God Be True, Watchtower Society, Brooklyn 1946, p.87.

[2] R.C.H. Kensku, The Interpretation of John, Minneapolis: Augsburg 1943, p.1122.

[3] R.C. Trench, Synonyms of the New Testament, London: Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., 1890, pp.144-145; anche W.E. Vine, “ASK”, Expository Dictionary of New Testament Words.

[4] Daniel Wallace, Greek Grammar Beyond the Basics, Grand Rapids: Zondervan, 1996, pp.326-327.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.