Identità | parte #2

[leggi la prima parte dello studio]

Immagine e somiglianza di Dio, cosa NON significa

Prima di approfondire ciò che viene creato a immagine e somiglianza di Dio, è opportuno informarsi su ciò che non significa la locuzione ebraica be-tzalménu ki-dmuténu. In primo luogo, la locuzione non vuole dire essere degli déi. Satana invece si sforza ogni giorno per convincere gli uomini a credere di essere esattamente come Dio (Genesi 3:5). In realtà, la deificazione di sé è il messaggio centrale della dottrina New Age. Si consideri, per esempio, la seguente citazione di Ramtha, un cosiddetto spirito “incanalato” che avrebbe parlato da un regno superiore attraverso il medium J.Z. Knight:

«Io sono Ramtha, l’Illuminato. E chi siete voi, miei confratelli più illustri, convenuti voi stessi in questo pubblico meraviglioso? Essere ciò che si chiama uomo, significa essere definiti Christus, essere ciò che è chiamato Dio. Falsità? Pura realtà! […] La cosa più importante è considerare essere la totalità di tutto ciò che il Padre è: Dio supremo. Cosa può esserci di più? Quale altro stato grandioso può esserci?»[1]

Questo è lo stesso messaggio che balza dalle pagine degli scritti della famosa attrice premio Oscar Shirley MacLaine. Nel suo libro, Out on a Limb, ha raccontato delle sue discussioni con un amico di nome Kevin Ryerson che presumibilmente era in grado di essere un “canale” di un certo John: un presunto spirito disincarnato dei giorni di permanenza terrena di Cristo. Una volta, quando la MacLaine parlava di questo John, egli avrebbe detto di lei: «La nostra anima per Dio è una metafora […] Tu sei Dio. Sappi di essere divina».[2] Nell’affrontare quello che si ritiene essere come il suo “sé superiore”, nel suo libro Dancing in the Light, la MacLaine ha detto: «Io sono Dio, perché tutta l’energia è collegata alla stessa fonte. Siamo ogni aspetto di tale fonte. Siamo tutti parte di Dio. Siamo riflessi individuali della fonte di Dio. Dio è noi e noi siamo Dio».[3] L’attrice, in un altro suo libro del 1989, Going Within, ha scritto: «Io, per esempio, faccio un mantra silenzioso con ciascuno dei miei Hatha Yoga.[4] Tengo ogni posizione yoga per venti secondi e internamente recito “Io sono Dio in Luce”».[5]

Nel libro scritto per confutare le opinioni della MacLaine, Out on a broken limb, l’avvocato F. LaGard Smith ha dichiarato:

«Il cuore e l’anima del movimento New Age, che la signora MacLaine abbraccia con le sue idee di reincarnazione, non è altro che auto-deificazione […] Ma in realtà non dovrebbe essere così sorprendente. Tutto quello che bisogna fare è mettere insieme i dati: noi siamo Uno; Dio è unico; pertanto, noi siamo Dio. La coniugazione cosmica è: Io sono Dio, tu sei Dio, noi siamo Dio […] Sicuramente se qualcuno dice a sé stesso più volte di essere Dio, non passerà molto tempo prima che ci creda realmente!»[6]

Quando Shirley MacLaine sorge sulle sabbie della spiaggia e grida ad alta voce “Io sono Dio!”, Smith ci ha letteralmente azzeccato! Ma un tale concetto non è inerente alla dichiarazione biblica nella quale si evince che l’umanità è stata creata a «immagine e somiglianza di Dio». La Parola di Dio non dice che Egli ha creato gli uomini e le donne nella Sua essenza, ma a Sua immagine (Genesi 1:26), cioé come Suo rappresentante terreno. Solo Dio è onnipotente, onnipresente e onnisciente. Dio ha rivelato questa verità quando disse al re di Tiro attraverso Ezechiele:

«Figlio d’uomo, dì al principe di Tiro: Così parla il Signore, DIO: “Il tuo cuore si è insuperbito, e tu dici: ‘Io sono un dio! Io sto seduto su un trono di Dio nel cuore dei mari!’, mentre sei un uomo e non un dio e hai scambiato il tuo cuore per quello di Dio» (28:2 – NR)

Nella Bibbia solo gli uomini malvagi si elevano al rango della divinità. Il re Erode si è auto-deificato, e come conseguenza morì in modo orribile. L’Evangelista Luca ha descritto l’accaduto con queste parole:

«Nel giorno fissato, Erode indossò l’abito regale e sedutosi sul trono, tenne loro un pubblico discorso. E il popolo acclamava: “Voce di un dio e non di un uomo!” In quell’istante un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato la gloria a Dio; e, roso dai vermi, morì» (At 12:21-23 – NR)

Ciò è in contrapposizione forte alla reazione di Paolo e Barnaba, quando i pagani di Listra hanno tentato di adorarli (At 14:8-18). Se avessero tenuto le stesse idee, come Shirley MacLaine e il suo parente New-Age, questi due predicatori avrebbero incoraggiato la folla di Listra a riconoscere non solo la divinità dei predicatori, ma la loro stessa divinità! Eppure, prendiamo in considerazione la risposta che hanno suggerito:

«Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si strapparono le vesti, e balzarono in mezzo alla folla, gridando: “Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani come voi; e vi predichiamo che da queste vanità vi convertiate al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi […]» (Atti 14:14-15 – NR)

La testimonianza della Creazione in sé non è che l’uomo sia Dio, ma piuttosto che Dio trascende sia questo mondo che i suoi abitanti. Al primo capitolo dei Romani, l’Apostolo Paolo ha affrontato questo punto. Guardiamolo più da vicino:

«L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato. Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Dio li ha abbandonati all’impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen» (Romani 1:18-25 – NR)

L’idea di auto-divinizzazione elimina efficacemente l’intero schema della redenzione, e nega 4000 anni di interazione del Cielo nella vita degli uomini. Esso nega il ruolo di Gesù nella creazione (Giovanni 1:1-3), l’incredibile accuratezza profetica dell’Antico e Nuovo Testamento (1Pietro 1:10-12), la conservazione provvidenziale del seme messianico (Galati 3:16), la nascita miracolosa di Cristo (Isaia 7:14; Matteo 1:21-23), il significato della Sua risurrezione (1Corinzi 15) e la speranza della Sua ultima venuta (1Tessalonicesi 4:13-18). Quando l’uomo decide di dichiarare la propria divinità, egli fomenta la ribellione contro il legittimo abitante del trono Celeste. Quest’ultimo sarà poi soggetto alle conseguenze di tale ribellione, proprio come hanno fatto gli angeli descritti in Giuda 6. Certamente, la frase registrata in Genesi 1:27 in cui si afferma che «Dio creò l’uomo a sua immagine» non significa che l’uomo è Dio, sebbene nel testo ebraico Dio stesso definsice sia Adamo che Eva come elohìm! Parlerò più nel dettaglio di questo piccolo ma grande particolare in futuro.

In secondo luogo, questa descrizione dell’uomo, ovviamente, non si riferisce al suo aspetto fisico perché appunto «Dio è Spirito». Alcuni scrittori hanno suggerito esattamente il contrario, difendendo la fantasiosa idea che quando la Bibbia parla dell’uomo creato «a immagine di Dio» significherebbe un’immagine fisica. Theodore Nöldeke ha sostenuto fin dal 1897 che il concetto dell’«immagine di Dio» aveva a che fare con l’aspetto fisico dell’uomo. Hermann Gunkel ha inoltre preso questa posizione nel suo commento sulla Genesi. Nel 1940, il rispettato teologo Paul Humbert ha pubblicato i suoi ormai famosi studi sulla parola di tzelém («immagine») e demùt («somiglianza»), dicendo che l’immagine di Dio in termini di fisicità è diventata più ampiamente accettata da molti critici studiosi. Autori come lo scomparso Zecharia Sitchin e il vivente Erich Von Däniken hanno la stessa ispirazione a pensare ciò che, di conseguenza, hanno indirettamente aiutato l’italiano Mauro Bigino a pensarla allo stesso modo, dedicando a questa interpretazione pagine e pagine nei suoi libri che comunque mi sono premurato di confutare in alcune mie pubblicazioni editorali, compreso l’ultimo libro che uscirà a breve, La Bibbia non è un mito. Non entrando nel merito di questi testi si rimanda il lettore volenteroso ad esaminarli.

Altri autori, pur rimanendo attenti al porre maggiormente l’accento sul fatto che l’uomo sia stato effettivamente creato a immagine spirituale di Dio, tuttavia, hanno suggerito che «in un certo senso, quindi, anche il corpo dell’uomo è immagine di Dio in un modo che non vale per gli animali». Nel suo libro, The Genesis Record, Henry Morris ha scritto:

«C’è qualcosa nel corpo umano che è unicamente appropriato per la manifestazione di sé stesso di Dio (e dato che Dio conosce tutte le sue opere dal principio del mondo – Atti 15:18), ed Egli deve aver progettato il corpo dell’uomo con questo in mente. Di conseguenza, lo ha progettato non come gli animali, ma con una postura eretta, con un viso che guarda fisso verso l’alto, capace di espressioni facciali corrispondenti alle sensazioni emotive, con un cervello e con una lingua in grado di articolare un discorso»[7]

In terzo luogo, l’«immagine» (tzelém) di Dio non si riferisce a qualcosa di diverso rispetto alla Sua «somiglianza» (demùt). I “padri della Chiesa” greci e latini hanno spesso suggerito una distinzione tra i due termini. Hanno insegnato che il termine ebraico tzelém si riferisce al fisico, mentre demùt sarebbe riferito alle implicazioni etiche, parte dell’immagine divina. Altri teologi hanno insegnato che “l’immagine” denota l’essenza immutabile dell’uomo (vale a dire la sua libertà e la razionalità), mentre la “somiglianza” alla parte mutabile (ad esempio, il suo rapporto con Dio). Il primo lega quindi la natura dell’uomo, mentre il secondo è quello che potrebbe essere perso. Nel 1972 questa era ancora la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica Romana. Non è una corretta visione, tuttavia, come Hoekema ha sottolineato:

«La parola tradotta come immagine è tselem; la parola resa come somiglianza è demuth. In ebraico vi è la congiunzione tra le due espressioni; il testo dice semplicemente “facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”. Sia la Settanta che la Vulgata inseriscono una e tra le due espressioni, dando l’impressione che “immagine” e “somiglianza” si riferiscono a cose diverse. Il testo ebraico, tuttavia, mette in chiaro che non vi è alcuna differenza essenziale tra i due: “a nostra somiglianza” è solo un modo diverso di dire “a nostra immagine”. Questo è confermato esaminando l’uso di queste parole in questo passaggio e negli altri due passaggi della Genesi. In Genesi 1:26, sono utilizzati sia immagine che somiglianza; in Genesi 1:27 solo immagine, mentre in 5:1 solo somiglianza. In 5:3 le due parole vengono usate di nuovo, ma questa volta in un ordine diverso: a sua somiglianza, a sua immagine. E ancora in 9:6 solo la parola immagine. Se queste parole erano destinate a descrivere i diversi aspetti dell’essere umano, che non sarebbero stati utilizzati come abbiamo visto averli usati, cioè, quasi in modo intercambiabile […] le due parole insieme ci dicono che l’uomo è una rappresentazione di Dio, e che è come Dio sotto certi aspetti»[8]

Nonostante l’influenza di coloro che sostengono che queste parole hanno idee molto diverse circa l’immagine di Dio, un attento studio di tali passaggi – come Genesi 1:26-27, 5:1-3 e 9:6 – rivela che, di fatto, queste due parole ebraiche non parlano di due entità diverse. “Somiglianza” sottolinea semplicemente l’“immagine”. In realtà ci sono delle buone evidenze per non fare alcuna distinzione tra i due termini e, di fatto, le parole sono sostanzialmente dei sinonimi che possono essere riassunte nel linguaggio dell’endiadi che consiste nell’utilizzo di due o più termini coordinati fra loro per esprimere un medesimo concetto.

In quarto luogo, l’immagine non ha nulla a che fare con la distinzione sessuale tra uomo e donna. Come potrebbe essere l’immagine di Dio nell’uomo se anche negli animali è presente la distinzione sessuale? Essendo realisti, la sessualità non può essere l’immagine di Dio che l’uomo possiede. Anche se la terminologia “Padre” , “Figlio” e “Spirito”, bisogna considerare che la parola ebraica per “Spirito”, ruàch, è un femminile (leggi articolo correlato). Quindi, se «Dio è spirito» ciò significa che questo spirito è una “donna”? Ci sono molte parole di genere femminile che si riferiscono tuttavia a un maschile, come ad esempio “paternità”. La sessualità non c’entra niente.

Infine, le cose che rendono l’uomo a immagine di Dio sono presenti dal peggior peccatore all’uomo più santo di questa Terra. Tutti i re e contadini, tutti i peccatori e santi possiedono l’immagine di Dio; è l’uso che se ne fa di questa immagine che fa la differenza nel rapporto dell’uomo con Dio.

Nella proseguo di questo studio affronteremo insieme qual è il reale significato dell’immagine di Dio scoprendo così qual è la vera identità dell’uomo.

[leggi la terza parte dello studio]

Note:

[1] Ramtha, Voyage to the New World: An Adventure into Unlimitedness, 1985.

[2] Shirley MacLaine, Out on a Limb, 1983.

[3] Shirley MacLaine, Dancing in the Light, 1991.

[4] Lo Hatha Yoga è una forma di Yoga basato su una serie di esercizi psicofisici di origini antichissime, originati nelle scuole iniziatiche dell’India e del Tibet. Questa disciplina insegna a dominare l’energia cosmica presente nell’uomo, manifesta come respiro, e quindi a conseguire un sicuro controllo della cosa più instabile e mobile che si possa immaginare, ossia la mente sempre irrequieta, sempre pronta a distrarsi e divagare.

[5] Shirley MacLaine, Going Within, 1989.

[6] F. LaGard Smith, Out on a Broken Limb, 1986.

[7] Henry M. Morris, The Genesis Record, 1976.

[8] Anthony A Hoekema, Created in God’s Image, 1986.

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