I patriarchi conoscevano Yahwéh per nome?

Potete immaginare un vostro amico che vi conosce da tanti anni dire a qualcun altro di non conoscere affatto il vostro nome? Oppure, cosa pensereste se questo amico che sostiene di conoscere voi e la vostra famiglia da almeno due decenni si mettesse a dire che siete voi a non conoscere il suo nome? A tali dichiarazioni del vostro amico sicuramente vi chiederete se quest’ultimo sia bugiardo o semplicemente andato fuori di senno. Allo stesso modo, alcuni scettici hanno messo in dubbio il motivo per il quale la Bibbia dice che Abrahamo, Isacco e Giacobbe non conoscevano il nome di Yahwéh quando il Libro della Genesi, invece, indica l’esatto contrario.

nome di dioDopo la prima visita di Mosè al Faraone per quanto riguardava la richiesta di liberazione degli Israeliti dalla schiavitù, Yahwéh assicurò il Suo servo dicendogli che il suo popolo sarebbe stato liberato. Ha poi aggiunto:

«Io sono yhwh. Io apparvi ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe come El Onnipotente [El Shaddài]; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di Yahwéh» Es 6:2-3

Le difficoltà che tutti gli studiosi della Bibbia incontrano con questa affermazione è che il nome Yahwéh – o qualunque sia stata la sua originale pronuncia – compare circa 150 volte nel Libro della Genesi. Inoltre, solo l’esatta vocalizzazione Masoretica Yehwàh, solitamente tradotta con Eterno, Signore o italianizzata con Geova, è usata circa 100 volte tra il capitolo 12 e il capitolo 50 di Genesi (capitoli che riguardano principalmente le famiglie di Abrahamo, Isacco e Giacobbe).

Dopo che Yahwéh sul monte Moriah fornì un montone per Abrahamo al posto del figlio Isacco, in Gn 22:14 si legge che «Abrahamo chiamò quel luogo Yehwàh Iréh. Per questo si dice oggi: “Al monte di Yehwàh sarà provveduto”».

Anni dopo, Isacco chiese a suo figlio Giacobbe (che stava per essere da lui ingannato per ricevere la benedizione al posto di Esaù): «Come hai fatto a trovarne così presto, figlio mio? E quello rispose: Perché Yehwàh, Eloah tuo, l’ha fatta venire sulla mia via» (Gn 27:20).

Oltretutto, facendo un ulteriore tuffo nel passato, precisamente in Gn 4:26, si legge che al tempo di Enosh, nipote di Adamo, quando ancora la Terra era giovane di soli 235 anni,[1] «si cominciò a invocare il nome di Yehwàh». È chiarissimo quindi che questo nome era conosciuto fin dalla notte dei tempi.

Detto questo, come avrebbe potuto dire Dio a Mosè di essere apparso «ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe, come El Onnipotente, ma non fui conosciuto da loro con il Mio nome Yahwéh» (Es 6:3) se poi i tre patriarchi erano ben consapevoli di questo nome e lo usavano nelle loro conversazioni? Dio è un bugiardo? La Bibbia si contraddice su questo punto? Che risposta ragionevole può essere data? Tuttavia, non si può negare il fatto che Abrahamo, Isacco e Giacobbe fossero a conoscenza del nome del Dio anticotestamentario, Yahwéh.[2] Come ha scritto John J. Davis:

«Nel Libro della Genesi […] il nome del Signore viene introdotto in un modo che esclude del tutto l’ipotesi che venga usato proletticamente, o che sia tutt’altro che un corretto resoconto dell’episodio e dell’effettivo termine impiegato»[3]

In base al numero di volte, la parola Yehwàh appare prima di Es 6:3, e le diverse modalità in cui è stato utilizzato, tra cui essere parte di nomi composti che hanno significati specifici – come Yehwàh Iréh che significa Yehwàh provvede – non è saggio sostenere che i patriarchi della Genesi non erano a conoscenza del Tetragramma.

Allora, qual è la risposta a questo presunto problema?

Anche se i non credenti e i critici della Bibbia in generale possono deridere ogni tentativo di spiegare questo passaggio difficile che credono sia irrisolvibile (in realtà non sanno risolverlo, il che è diverso), la verità è che esiste una spiegazione logica. Le espressioni «conoscere il nome di Yehwàh» o semplicemente «per conoscere Yehwh», spesso si riferisce ad una semplice consapevolezza dell’esistenza di questo nome. Piuttosto, il verbo ebraico yadà, «conoscere», significa spesso «imparare dall’esperienza» (come il rapporto sessuale che viene contraddistinto dal medesimo verbo yadà, conoscere, perché si ha con il partner un’intima esperienza con la quale la si conosce fisicamente).

Quando Samuele era ancora un bambino, la Bibbia dice che «faceva il servizio davanti a Yahwéh» (1Sam 2:18), che «serviva Yahwéh sotto gli occhi di Eli» (1Sam 3:1), «continuava a crescere ed era gradito sia a Yahwéh che agli uomini» (1Sam 2:26). Più tardi, però, impariamo che «Samuele non conosceva ancora Yahwéh e la Parola di Yahwéh non gli era ancora stata rivelata» (1Sam 3:7). In un certo senso, Samuele “sapeva” di Yahwéh nella fase iniziale, ma a partire da 1Sam 3:7 il suo rapporto con Dio stava per cambiare. Da questo punto in avanti Samuele ha iniziato a ricevere rivelazioni direttamente da Dio (cfr. 1Sam 3:11-14; 8:7-10,22; 9:15-17; 16:1-3, etc.). Confrontando questo suo nuovo rapporto con Dio con quello precedente verso di Lui, l’autore di 1Samuele potrebbe ragionevolmente dire che in precedenza «Samuele non sapeva ancora nulla di Yahwéh» (3:7) sebbene conoscesse il Suo nome.

Secondo Gleason Archer, la frase «per sapere che Io Sono Yahwéh» (o «per conoscere il nome di Yahwéh») che appare nell’Antico Testamento almeno 26 volte, «significa in ogni caso imparare dalla reale esperienza che Dio è Yahwéh».[4] Nel Libro dell’Esodo l’espressione yadà, «conoscere», appare 5 volte in relazione a Yahwéh e:

«[…] suggerisce una conoscenza esperienziale sia della persona che della potenza del Signore. In ogni caso la conoscenza del Signore è collegata con qualche fatto o atto di Yahwéh che, in un certo modo, svela sia la sua persona che il potere»[5]

Ad esempio, nello stesso brano che ha attratto tante critiche, Dio ha dichiarato:

«Vi prenderò come mio popolo, sarò vostro Elohìm e voi conoscerete che io sono Yahwéh, l’Elohìm vostro, che vi sottrae dai lavori forzati ai quali gli Egiziani vi obbligano» Es 6:7

Più tardi, dopo che Yahwéh aveva mandato le dieci piaghe sugli Egiziani (da Es 7:14 a 12:30), divise il mar Suf (cioè un’attuale regione del Mar Rosso: Es 14) e trasmutò miracolosamente l’acqua amara in acqua dolce (Es 15:22-25), Egli disse a Mosè:

«Ho udito i mormorii dei figli d’Israele; parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e domattina sarete saziati di pane; e conoscerete che io sono Yahwéh, l’Elohìm vostro”» Es 16:11-12

Dopo diverse settimane, Yahwéh disse ancora a Mosè sul monte Sinai:

«Essi [gli Israeliti] conosceranno che io sono Yahwéh, l’Elohìm loro; li ho fatti uscire dal paese d’Egitto per abitare in mezzo a loro. Io sono Yahwéh, l’Elohìm loro!» Es 29:46

A questo punto, gli Israeliti non conoscevano già il nome Yehwàh? Senza ombra di dubbio lo conoscevano eccome! «Avevano già appreso di Lui come l’essere il liberatore, e seppero di lui anche come loro fornitore».[6]

Notate adesso anche ciò che Isaia profetizzò diversi secoli dopo il tempo di Mosè:

«Ora che faccio io qui» – dice Yahwéh – «quando il mio popolo è stato deportato per nulla? Quelli che lo dominano lanciano urli» – dice Yahwéh – «e il Mio nome è del continuo tutti i giorni insultato; perciò il Mio popolo conoscerà il Mio nome; perciò saprà, in quel giorno, che sono io che ho parlato. Eccomi!» Is 52:56

Più di un secolo avanti, dopo l’ingresso di Giuda in cattività babilonese, Dio predisse del loro ritorno in Giudea e parlò loro per mezzo del Profeta Geremia. Egli ha detto: «Perciò, ecco, io mi mostrerò, questa volta farò loro conoscere la mia mano e la mia potenza; sapranno che il mio nome è Yahwéh» (Ge 16:21). Dobbiamo forse raccogliere da queste affermazioni che Israele e Giuda non erano a conoscenza del nome di Dio (Yahwéh) pima di questo momento della loro storia? Certo che no. Ovviamente, con l’espressione «per sapere (o non sapere) il nome di Yahwéh» si intende un’altra cosa. In realtà si tratta di un idioma ebraico che «in generale significa la conoscenza di un particolare atto o attributo del Signore così come rivela nel suo trattare con gli uomini».[7]

Anche in tempi moderni è possibile che qualcuno conosce il nome o il servizio di una persona senza realmente «conoscere» la persona (o comprendere il suo servizio). Immaginate un gruppo di persone che non hanno mai sentito parlare del leggendario ex campione del mondo di calcio e fuoriclasse Diego Armando Maradona “El Pibe de Or” prima di incontrarlo in un particolare evento pochi anni dopo il suo ritiro dal mondo del calcio. Essi avrebbero potuto conoscere il suo nome in un certo senso per sentito dire, ma potrebbe anche essere detto che non conoscevano il motivo per il quale veniva chiamato “El Pibe de Or” (il piede d’oro). Solo dopo aver visto una partita durante una delle sue strabilianti azioni di calcio spettacolo, queste persone avrebbero potuto comprendere il perché veniva soprannominato in questo modo: a parte la quantità di gol che riusciva a segnare, anche il modo con cui segnava e smarcava l’intera squadra avversaria da solo era ciò che caratterizzava questo suo soprannome.

Certo, a prima vista Es 6:3 potrebbe sembrare in contraddizione con ciò che il Libro della Genesi insegna circa la conoscenza del Tetragramma da parte dei patriarchi. Tuttavia, quando ci si rende conto che l’idioma ebraico «conoscere» (in particolare «per conoscere» un nome) significa spesso più della semplice consapevolezza di una persona, la difficoltà scompare. I patriarchi Abrahamo, Isacco e Giacobbe conoscevano Dio come Creatore, Signore e Sovrano dell’intero universo. Ma solo secoli più tardi, quando Dio adempì le promesse fatte a questi patriarchi liberando la nazione d’Israele dalla schiavitù egiziana, che il pieno significato del tetragramma YHWH sarebbe stato loro rivelato. Il passo di Esodo, infine, va tradotto quanto meno per ciò che vuole esprimere il verso, in questo modo:

«Io sono Yehwàh. Io apparvi ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe come El Onnipotente; ma loro non seppero quale fosse il vero significato del mio nome YHWH» Es 6:2-3

Note

[1] Secondo la cronologia biblica, dal primo giorno della creazione fino alla nascita di Enosh sono trascorsi 235 anni. Enosh fu uno dei patriarchi antidiluviani più longevi della storia biblica dell’uomo vivendo 905 anni, dopo Kenan (910), Noè (950) Yared (962) e Matusalemme (969). Si stima quindi che Enosh visse dall’anno 325 all’anno 1140. Enosh morì quando Noè aveva ancora soli 84 anni. Adamo morì all’età di 930, quando Noè era ancora giovanissimo, 14 anni. Noè poi morì quando Abrahamo arrivò al suo sessantesimo anno di età.

[2] Gn 15:7; 22:14; 24:35,40,42,48,50-51,56; 26:22; 27:20; 49:18.

[3] John J. Davis, The Patriarchs’ Knowledge of Jehovah: A Critical Monograph on Exodus 6:3 (Grace Theological Journal, 1963), 4 [1]:29-43.

[4] Gleason L. Archer, An Encyclopedia of Bible Difficulties (Grand Rapids, MI: Zondervan, 1982), pp.66-67.

[5] John J. Davis, The Patriarchs’ Knowledge of Jehovah: A Critical Monograph on Exodus 6:3 (Grace Theological Journal, 1963), 4 [1]:29-43.

[6] Ibid. 4 [1]:39.

[7] Ibid., 4 [1]:40.

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