La donna adultera, un’analisi oggettiva

Uno dei brani biblici più abusati, maltrattati ed erroneamente applicati è il racconto della donna còlta in adulterio (la donna adultera) di cui si parla in Giovanni 8:1-11.[1] Questo passaggio è stato usato da esperti di etica delle situazioni [2] e liberali per insistere sul fatto che Dio non è «tecnico» quando si tratta di esigere una stretta osservanza alle Sue leggi. La maggior parte della cristianità ha accolto questa nozione decontestualizzando e applicando indiscriminatamente l’osservazione di Yeshùa: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei» (Gv 8:7, NRV). Perciò si è arrivati a pensare che Yeshùa fosse solo tollerante nella misura in cui ha liberato la donna dalle rigide restrizioni della legge biblica che richiedeva la sua lapidazione. Costoro credono che Yeshùa abbia semplicemente accantonato il (presunto) peccato della donna concedendo il Suo perdono e la libertà incondizionata, sebbene la legge mosaica prevedeva la sua morte (Lv 20:10). Dopotutto, non è forse vero che Yeshùa pone le persone «nella morsa della grazia»?[3]

Coloro (cioè persone come me) che sfidano queste conclusioni vengono derisi come “tradizionalisti” che mancano di “compassione” e che sono “legalisti” proprio come gli scribi e i farisei che hanno crudelmente accusato la donna e che desideravano provvedimenti su di lei in stretta conformità con la legge mosaica. Ma adesso arriveremo meglio al punto come proprio Yeshùa sia invece rimasto in “stretta conformità” proprio a tale legge. Uno studio attento del brano produce almeno tre indizi che chiariscono la confusione e l’idea sbagliata inerente all’immaginazione popolare.

In primo luogo, le leggi mosaiche stabilivano che il trasgressore doveva essere giustiziato qualora ci fossero stati minimo due testimoni oculari del fatto (Dt 19:15), poiché un solo testimone era insufficiente per legittimare la pena di morte (Dt 17:6). Nel testo giovanneo viene specificato che la donna in questione è stata còlta in fallo mentre commetteva adulterio (v.4), tuttavia non viene menzionato nulla circa l’identità del testimone o dei testimoni. Poteva esserci quindi un solo testimone (o magari proprio nessuno), rendendo illegale l’esecuzione della lapidazione. Inoltre, non sono stati gli scribi e i farisei a cogliere la donna in fallo, ma per loro stessa ammissione la donna «è stata colta in fragrante adulterio» da qualcun altro. Di chi si tratta? Non si sa…

In secondo luogo, anche se ci fossero stati due o più testimoni oculari, l’Antico Testamento era altrettanto esplicito riguardo al fatto che sia la donna che l’amante dovevano essere giustiziati insieme (Dt 22:22). Dov’è nel brano biblico questo amante? La critica ha totalmente oscurato questa carattestistica della legge mosaica, dimostrando che questa situazione, ovviamente, non si adattava alle precondizioni mosaiche per legittimare la pena di morte. La “stretta osservanza” alla legge mosaica, in questo caso, significava proprio lasciare la donna libera e impunita! Tutto l’esatto contrario di quello che scribi e farisei sostenevano. E qui sorge spontane a la domanda: ma quale Bibbia leggevano?

In terzo luogo, il passaggio che la critica trascura riguardo questo brano è il significato esatto della frase «Chi di voi è senza peccato». Se questa affermazione venisse presa come una proibizione totale contro l’accusa, contro la disciplina o la punizione del cristiano impenitente ed in errore, allora questo passaggio andrebbe in contraddizione con una serie di altri brani neotestamentari.[4] Yeshùa non solo ha spesso emesso un giudizio su una varietà di individui durante la Sua vita sulla Terra,[5] ma ha anche ingiunto ai Suoi discepoli la necessità di fare la stessa cosa (Gv 7:24). Pietro potrebbe essere stato molto diretto nel valutare lo stato spirituali delle persone (At 8:23), oppure Paolo fu ingiusto nel rimproverare l’inazione dei Corinzi riguardo ad un loro fratello fornicatore: «Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi» (1Cor 5:12-13). Naturalmente, Paolo ha chiesto ai Corinzi di «giudicare» (cioè, «fare una valutazione accurata riguardo») la condizione morale di un credente disordinato. Ebbene, l’attuale celebrazione in tutta la cultura di non giudicare («io sono ok e tu sei ok dinanzi a Dio nonostante i nostri errori») è chiaramente in disaccordo con l’insegnamento della Bibbia.

Quindi Yeshùa non avrebbe potuto offrire una proibizione generale contro l’adozione di misure appropriate in relazione ai peccati dei nostri simili. Allora cosa intendevano le Sue parole? Cos’altro potrebbe succedere in questo scenario in modo da sgonfiare, indebolire, sedare e terminare completamente la chiassosa determinazione degli accusatori della donna per attaccarlo, usando la donna come pretesto? Cosa c’era nelle parole di Yeshùa da avere così tanto potere da fermare gli accusatori, al punto che il clamore verso la donna svanì nel silenzio e se ne andarono «uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi»? (v.9).

La maggior parte dei commentatori suggerisce di averli svergognati facendo loro capire che «nessuno è perfetto e che tutti peccano». Ma questo intervento di Yeshùa non sarebbe stato accolto se avesse detto: «Eddai, lasciatela stare… tutti sbagliano, concedetegli una seconda opportunità!». Questi scribi e farisei senza cuore ebbero l’audacia di distogliere la causa dai giusti procedimenti giudiziari umliandola costringendola forzatamente a presentarsi dinanzi a Yeshùa, rendendola così uno spettacolo pubblico. L’azione degli scribi e farisei ha fatto di loro degli uomini ingiusti, contrariamente a Giuseppe che invece decise di ripudiare Maria «in segreto» perché era «un uomo giusto». Apparentemente accompagnati da un gruppo di sostenitori complici, scribi e farisei hanno sottoposto la causa della donna in modo crudere al vasto pubblico di «tutto il popolo» (v.2) che era venuto ad ascoltare l’insegnamento di Yeshùa. Difficilmente sarebbero stati scoraggiati dal loro obiettivo da una così semplice affermazione di Yeshùa che «nessuno è perfetto».

Quindi, qual è la risposta a questa sconcertante circostanza? Yeshùa stava colpendo proprio nello stesso punto in cui l’apostolo Paolo si sarebbe rivolto al cuore duro di alcuni ebrei ipocriti di Roma: «Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perché nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le stesse cose» (Rm 2:1). Paolo fu particolarmente specifico sul punto stesso che Yeshùa trattava: «Tu che dici: “Non commettere adulterio!” commetti adulterio? Tu che detesti gli idoli, ne spogli i templi?» (v.22). In altre parole, nessuna persona è qualificata per richiamare l’attenzione del peccato di un altro quando quell’individuo si trova nella pratica continua dello stesso peccato! E ancora, come Yeshùa aveva dichiarato: «Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello» (Mt7:5). Dopo tutto, è il fratello o la sorella “spirituale” che si trova nella posizione giusta a ripristinare i ribelli (Glt 6:1).

Di conseguenza, nel contesto in esame, Yeshùa sapeva che gli accusatori della donna erano colpevoli della stessa cosa per cui erano disposti a condannarla. Yeshùa fu in grado di punzecchiarli con la loro colpa facendo capire loro che anche Lui sapeva che proprio loro erano colpevoli delle stesse cose che imputavano ad altri! La legge mosaica chiariva che i testimoni del reato dovevano essere i primi a lanciare le pietre (Dt 17:7). La pena di morte non poteva essere legittimata se i testimoni oculari non erano presenti o non qualificati. Yeshùa stava colpendo direttamente al fatto che questi presunti testimoni non erano idonei a svolgere questo ruolo dal momento che erano colpevoli dello stesso peccato, e quindi meritavano di essere trattati allo stesso modo! Furono intimiditi nel silenzio della loro consapevolezza che Yeshùa era al corrente delle loro indiscrezioni sessusali!

Bisogna anche osservare attentamente che dopo il ritiro degli accusatori, Yeshùa ha avanzato una domanda legale: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» (v.10). La ragione per cui Yeshùa verificò l’assenza dei testimoni (o accusatori) che avevano portato le accuse contro la donna, era che la legge mosaica imponeva la presenza di testimoni oculari al crimine prima che la colpevolezza potesse essere stabilita e la condanna passata. La donna infatti conferma: «Nessuno, Signore». E allora Yeshùa ribadisce: «Neppure io ti condanno». Il significato di questa dichiarazione fu che se due o più testimoni non erano in grado o disposti a documentare il crimine, allora non poteva essere ritenuta legalmente responsabile, poiché nessuno dei due era Yeshùa stesso, qualificato invece per servire come testimone oculare della sua azione dato che la Sua era una prescienza divina. La solita interpretazione di «neppure io ti condanno» è che Yeshùa era flessibile, tollerante e non disposto a “giudicare” gli altri o condannare le loro azioni peccaminose, perché, dicono, che «Gesù non è venuto per giudicare il mondo». Ciò è ridicolo. La Bibbia ripudia questo modo di pensare in quasi tutte le sue pagine. Yeshùa stava dichiarando il fatto che la donna è riuscita a passare da una condanna giudiziaria sulla base di uno o più aspetti tecnici legali.

Scribi e farisei stavano cercando di cogliere in fallo Yeshùa! Eppure Egli, come accadeva spesso (Mt 21:23-27), «rovesciò i tavoli» sui suoi accusatori e li spinse direttamente in trappola. Allo stesso tempo Egli dimostrò un profondo e costante rispetto per la bellezza ed il potere della legge, legge che Lui e il Padre avevano letteralmente creato! Yeshùa era l’unica persona che avesse mai rispettato perfettamente la legge mosaica. Non ha mai cercato di giustificare la violazione della legge umana, né di minimizzare l’applicazione vincolante e autorevole della legge alle persone. Qualsiasi interpretazione di qualsiasi brano che ritrare un Yeshùa come un violatore o profanatore della legge di Dio per perdonare o accogliere l’uomo, è una falsa e “demoniaca” interpretazione, come qualsiasi interpretazione che relega la legge a uno stato di secondaria importanza (Dt 6:24; 10:13; Sl 19:7-11; Rm 7:12). Qualsiasi interpretazione di qualsiasi passaggio che contraddica l’insegnamento di altr passaggi chiari è anche falsa! Yeshùa non era in sintonia con la mentalità permissiva degli odierni pensatori dottrinalmente lassisti che ammorbidiscono o “addomesticano” la dottrina e la natura vincolante della legge in nome della «iper grazia», «libertà» o «compassione».

Note

[1] Per una discussione degli aspetti tecnici di questo passaggio come una variante testuale, cfr. Guy N. Woods,  A Commentary on the Gospel According to John, 1989, p.162; J.W. McGarvey, Evidences of Christianity, ristampa del 1974, p.16; Bruce M. Metzger,  A Textual Commentary on the Greek New Testament, United Bible Society, 1971, pp.219-222; Bruce M. Metzger, The Text of the New Testament, Oxford University Press, seconda edizione, 1968, pp.223-224.

[2] Joseph Fletcher, Moral Responsibility, 1967, pp.83,133.

[3] Max Lucado, In the Grip of Grace, 1996.

[4] Vedi Romani 16:17; 1Corinzi 5; Galati 6:1-2; Tessalonicesi 3:6,14; Tito 3:10; 2Giovanni 9-11 solo per citarne alcuni.

[5] Vedi Matteo 15:14; 23; Giovanni 8:44,55; 9:41 solo per citarne alcuni.

7 Risposte a “La donna adultera, un’analisi oggettiva”

  1. Ogni uomo ed ogni donna profondamente affetta dalla piaga del puritanesimo, prende dalla Bibbia ciò che vuole. Ma chi da il diritto agli uomini o donne di applicare le parole degli Apostoli sulla gente comune? Gli Apostoli donavano, per prima cosa, la metà dei loro averi alla loro congregazione. Questa è la sola verità. Essi vivevano di amore metafisico. Come possono gli uomini imitarli quando l’impulso animalesco sopravviene in loro e sentono profonda attrazione per le cristiane che leggono le scritture e che sono anche carine? Voi rinnegate voi stessi ma lo fate infine, per ignoranza o per intenzione, al fine di guadagnare fama e potere. I frati cappuccini potrebbero applicare la legge degli Apostoli o persino i preti che pregano molto e che non si sposano. Voi come pretendete che la gente normale segua questo esempio? Dunque commettete tutti, e sottolineo “tutti”, prima o poi il peccato della scappatella. Infine, per far finta di essere puritani, nascondete la verità che avete fatto una scappatella. Ed ecco che ricadete nella stretta connessione con il cattolicesimo che da posto alla bugia in nome della Vergine Maria. La bugia vi porta a cosa siete ora: cristiani che dipendono persino dal porno per masturbarsi; cristiani che fanno la guerra economica per ottenere il controllo delle donazioni; cristiani che arrivano a fare le multinazionali. Tutto ciò in nome di false verità. La verità è la sola cosa che può tirare i cristiani fuori dalla corrente situazione, perciò quando la si compromette si può solo andare persi nel mare, come una barca in balia dei venti. Se Io allora leggessi il Vangelo ma guardassi con occhio desideroso una donna cristiana che mi guarda altrettando, ma mi astenessi dall’andarci a letto…che cosa avrei concluso? Secondo la parola del Signore è già adulterio quando l’ho guardata e desiderata. Ma il vero adulterio è l’altra donna, perciò l’altra donna, quella che mi fa dimenticare la mia religione, la mia verità e la mia via è l’adulterio.

    1. Benvenuto Roberto.

      In primo luogo, lo stesso apostolo Paolo insegna ad essere suoi imitatori qualora lui lo fosse di Cristo.
      In secondo luogo, la gente normale sono tutti. Non ci sono “superuomini”. Tutti godiamo della stessa sorte.
      In terzo luogo, il cattolicesimo ha i suoi problemi e pecche che in questa sede non si intende discutere.
      In quarto luogo, quei cristiani che dipendono dal porno, sono persone che hanno bisogno di essere aiutate, non condannate.
      In quinto luogo, quei cristiani che fanno guerra economica, sono solo dei ladri.
      In sesto luogo, tutti quei cristiani che si muovono in nome di false verità, sono falsi crstiani che macchiano il buon nome dei buoni e veri crisiani.
      In settimo luogo, la Scrittura parla di “nuvole senz’acqua sospinte dal vento” e di uomini sballottati quà e là dai venti di dottrine. Questi sono sempre credenti che hanno bisogno di essere aiutati e rialzati.
      In ottavo luogo, va precisato che se un uomo guarda con desiderio “una donna sposata”, commette adulterio con lei nel suo cuore (cioè nel cuore di lui). Il cuore, per l’ebreo antico, era la sede del pensiero, perciò un uomo che “pensa” ad una donna sposata in situazioni sessuali, è reo di adulterio nella sua mente solo per aver pensato a questo.

  2. Sono completamente in accordo con la tua esposizione dei fatti:Yeshùa era Zelante della Legge di Mosè ! Ma che fine avrebbero fatto, secondo te ,i trasgressori ( donna adultera e amante ),se ad accusarli ci fossero stati due testimoni oculari del fatto ? Affettuosi saluti Max

    1. Sicuramente Yeshùa si sarebbe attenuto alla Legge in quanto non era ancora morto né risorto per fare sì che la “maledizione della legge” venisse cancellata una volta e per sempre. Per cui, non volendomi schierare da nessuna parte, da persona coerente ritengo che Yeshùa avrebbe certamente acconsentito alla lapidazione della donna, qualora ci fossero state tutte le carte in regola per farlo.

  3. Egregio Daniel Salomone,
    Le faccio i miei complimenti per i suoi scritti. Nell’occasione le esprimo la mia interpretazione sul soggetto in discussione.
    Gesù, non ha voluto giustificare la donna adultera, altrimenti, si sarebbe trovato in contraddizione con quanto afferma in Giovanni 3:27 Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non commettere adulterio. Lasciando i riferimenti biblici, di cui, la discussione si allargherebbe in modo esponenziale. Considerando l’episodio in contesto, si deduce, che la peccatrice, colta sul fatto, diventa il capro espiatorio della infedeltà assodata di quel popolo, che nascondendo la loro ipocrisia, rivolge la propria colpa in manifesta azione contro chi lo faceva per mestiere o per necessità, dalla quale azione, essi dimenticarono, che Dio legge i cuori. Non sono stati solo gli scribi e i farisei ma erano tutti, come tutti siamo oggi. A questa rilevante ipocrisia, Gesù mette a nudo, prima la colpa del loro intimo, dimostrando che Dio non può essere beffato, poi li riprende aspramente come attori del peccato stesso e diffamatori di un loro simile, come rapaci che non disprezzano uccidere chi cade. Dall’altra parte, condanna anche la donna, dopo averle detto neppure io ti condanno, con un significativo e penetrante rimprovero, quello di non peccare più, poiché di fronte a lei ha posto la certezza della morte, se avesse peccato dopo aver ricevuto in dono, il perdono.
    Giuseppe Drago

  4. Ciao Daniele. Vorrei aggiungere alcune considerazioni. Sono d’accordo sul fatto che Gesu’ ha rispettato la Legge durante la sua missione terrena, ma il suo insegnamento era incentrato principalmente sul perdono. La Legge ha avuto poi un compimento. E questo compimento si e’ sancito con la morte di Gesu’ Cristo in croce.
    Ora la Legge non e’ piu’ vigente, in quanto siamo sotto la Grazia. La Lettera agli Ebrei e’ chiara. Nel cap. nono (quindicesimo verso), si ribadisce che Cristo è pertanto il mediatore di una Alleanza Nuova. Inoltre si descrive come la morte di Cristo sia stata necessaria per la sua mediazione. La parola “diatheke”, viene tradotta “alleanza”, ma significa “deliberazione definitiva”, come le decisioni che si prendono in un “testamento”. Nei versi sedicesimo e diciassettesimo l’autore afferma che, affinchè il testamento, (o l’alleanza), sia valido, il testatore deve morire. Questo è un concettto molto importante. Se Gesù non fosse morto in croce, infatti, e non avesse versato il suo sangue, nessuno avrebbe predicato che lui è il Figlio di Dio, nessuno avrebbe predicato la sua Risurrezione nella carne e non si sarebbe formata la sua Chiesa, pertanto il Nuovo Testamento, e con esso la Nuova Alleanza, non sarebbe in vigenza. Pertanto è la morte di Gesù Cristo, e non la sua vita, che sancì l’inizio del Nuovo Patto (profetizzato in Geremia 31). La sua piena divinità e la sua vita umana senza peccato lo qualificarono per essere il sacrificio adeguato per tutti i peccati, ma fu la sua morte che servì da espiazione per i peccati. Ti quoto l’articolo che ho scritto sul cap. 9 della Lettera agli Ebrei: http://yurileveratto2.blogspot.com.co/2017/09/il-sacrificio-espiatorio-di-gesu-cristo.html
    Poi quanto terminero’ il commento della Lettera agli Ebrei te ne inviero’ una copia. Saluti cari e buon studio.

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