Le pseudo lezioni di ebraico biblico per un pubblico che ignora di essere ignorante.

ebraico biblicoA detta di qualcuno, ciò che conferirebbe alla Bibbia il dubbio sulle sue origini, sui suoi autori, e sul reale significato espresso dalle parole in essa scritte, sarebbero le vocali aggiunte secoli dopo che il testo consonantico della Bibbia Ebraica era già stato scritto «da non si sa chi». In sostanza, prima che il testo ebraico della Bibbia venisse vocalizzato dai Masoreti così per come ci è giunto fino a noi oggi, prima che i Masoreti intervenissero sul Testo, quest’ultimo era composto da sole lettere consonanti, tutte unite fra loro formando un’unica lunghissima parola, senza alcuna distinzione né di spazi né punteggiature che potessero permettere al lettore non ebreo l’identificazione fra le corrette spaziature che separavano un termine dall’altro e la corretta pronuncia.

Per ovviare a questo problema, i Masoreti cos’hanno fatto? I Masoreti, scribi e studiosi ebrei della scuola di Tiberiade, vissuti fra il VI e il X secolo d.C., hanno raccolto tutti i testi ebraici che nella loro epoca erano considerati ispirati e, con molta pazienza e sapienza esercitataa per 400 anni di seguito, hanno iniziato a suddividere le parole per come andavano separate, e inseriti i segni di lettura che ne avrebbero permesso la corretta pronuncia a chiunque avesse letto quelle parole. I Masoreti non erano dei pinco pallino qualunque in confronto a certi “sapienti” che oggi  intendono mettere in discussione la loro  plurisecolare serietà, e in qualità di baalì ha-mmasoràh cioé «signori della tradizioni», hanno così conservato/custodito la tradizione per come andavano pronunciate e divise le parole che un ebreo sapeva distinguere nonostante in origine esse fossero tutte unite e senza vocali. Grazie a questo portentoso e pesante  (KVD) lavoro, da secoli ormai la Bibbia viene tradotta in ogni lingua sebbene, ahimé, non ancora in tutte le lingue del mondo.

Le domande che gli studiosi e i cosiddetti “ricercatori indipendenti” e “liberi pensatori” si pongono sono:

  • Siamo proprio sicuri che le parole andavano vocalizzate esattamente nel modo in cui le conosciamo?
  • Davvero le parole andavano divise così per come le vediamo nelle bibbie ebraiche a stampa?
  • Davvero quelle consonanti, con o senza le vocali, vogliono dirci esattamente quello che troviamo scritto nelle nostre traduzioni?

Domande di questo tipo ne vengono poste davvero tante, ma mi sono limitato a citarne solo tre fra le centinaia che mettono in discussione e in dubbio l’autenticità delle informazioni (e la serietà del loro lavoro) che i Masoreti ci hanno trasmesso attraverso l’aggiunta degli sozi e vocali. Insomma, chi inizialmente leggeva quelle parole, certamente le pronunciava in un certo modo a noi ignoto, quindi non si è sicuri se realmente i Masoreti abbiano vocalizzato correttamente l’Antico Testamento così per come veniva letto e pronunciato in origine.

Super sintesi delle «radici» ebraiche

kvd
KVD: da destra verso sinistra

Le lingue semitiche (ebraico, aramaico, arabo, etc. per intenderci quelle sfociate dal ceppo linguistico sviuppatosi dalla discendenza di Shem in poi, figlio di Noè) hanno diverse caratteristiche che le differenziano dalle lingue occidentali antiche e moderne: una di queste sono le «radici». La «radice» è una parola “standard” che intende trasmettere un’idea specifica che può mutare a seconda del contesto in cui viene inserita. Mi spiego meglio: se prendiamo come esempio la radice formata dalle tre consonanti KVD senza vocali, l’idea che intendono trasmettere queste tre consonanti è quella di «peso». Come tante lingue del mondo (tra cui anche il nostro Italiano), anche la lingua ebraica è polisemica, vale a dire che un singolo termine può assumere più significati in base al contesto del discorso. Adesso vi faccio un esempio con la radice KVD che, ribadisco, intende trasmettere l’idea di «peso, pesante, pesantezza», in che senso dipende dal contesto:

Ieri sera sono stato ad un seminario politico dove il tema trattato è stato piuttosto pesante da seguire sia per me che per chi insieme a me era lì ad ascoltare. L’interlocutore era l’assessore X che, a livello regionale ha un certo peso sociale. Forse sarà stato il mangiare pesante che ho consumato a pranzo ad avermi appesantito, e ciò generava in me quel pesante e fastidioso senso di sonnolenza all’udire le parole di quella pesante conferenza.

Bene, in questo esempio ho usato la stessa parola, ma in sensi differenti. Questa è la polisemia. Le parole evidenziate hanno in comune la medesima radice ebraica KVD, tuttavia per esprimere il senso che intendono esprimere vanno vocalizzate in modo differente. Un conto è la differenza fra PeZZa, PiZZa, PuZZa, etc. che nonostante le consonanti sinano le stesse la vocalizzazione ne cambia compeltamente il significato, non hanno niente in comune se non con la formulazione della seguente frase: ieri ho mangiato una pizza che faceva puzza di pezza infradicita; un altro conto è la differenza tra KaVoD (importanza, onore, gloria), KaVeD (peso viscerale, peso nello stomaco), KoVeD (di massa pesante), etc. Per ulteriori approfondimenti si legga l’articolo correlato: qui.

In breve, i Masoreti hanno aggiunto una determinata vocalizzazione a KVD (e naturalmente a tutte le altre radici ebraiche) in base al senso che il testo biblico intendeva trasmettere. Importantissimo è considerare quindi il valore della «radice» che, presa singolarmente, intende trasmettere un significato che ha di base un’idea di partenza ben precisa che poi si sviluppa in tutte le vocalizzaioni ad essa annesse.

Purtroppo qualcuno non sempre rispetta il reale valore delle «radici» (valore «radicale»), giocando proprio sul “gioco di parole” che mette più confusione puittosto che chiarezza immediata. Ad esempio, durante una conferenza in cui non si ha tutto il tempo che si vuole per dire ciò che si ha da dire, quando si danno delle approssimative dritte e informazioni di ebraico biblico bisogna tener sempre conto proprio del valore «radicale» delle parole se si intende spiegare le radici. Se non si ha rispetto per questo valore allora si può far dire a una parola ciò che si vuole. Sebbene la radice KVD rimandi sempre all’idea di «peso», ci sono alcune parole completamente di significato differente che possono essere pronunciate allo stesso modo, sono formate dalle stesse consonanti, ma quella che muta è la vocalizzazione.

A scuola con TVL

tvlPer spiegare quello che io, credo, abbia legittimamente esposto con l’esempio della radice KVD, qualcuno usa invece le consonanti TVL che, se prese così per come sono non esprimono nulla se non in base alla vocalizzazione che ha; quindi, apparenemente in modo anomalo, sarà la stessa vocalizzazione a determinare la «radice» originale. Mi sembra doveroso dire per comlpetezza di informazioni che le consonanti TVL non rapresentano affatto una radice (al contrario di ciò che dice qualcuno), ma è un termine che si ha per mezzo della vocalizzazione a essa annessa e che ne contraddistingue la reale «radice» di partenza. In sostanza, proprio TVL funziona al contrario di KVD e questa non è una scelta casuale per chi intende argomentare su TVL vista la sua interessante particolarità.

tvl fig 1 e 2Arrivimo al dunque: se le consonanti TVL le vocalizziamo cone in fig.1, otteniamo TeVeL, che significa «terra, mondo», mentre se lo vocalizziamo come in fig.2 assume un significato che si allontana completamente dal quello espresso in fig.1. I significati suggeriti dalla vocalizzazione della fig.2 sono a loro volta due e li troviamo entambi in Lv 18:23 e in Lv 20:12; nel primo caso significa (Lv 18:23) «relazione incestuosa di sesso femminile con un animale» (vedi Koehler & Baumgartner), cioé si vuole esprimere l’idea del bestialismo, ovvero un rapporto sessuale tra una donna e un animale; nel secondo caso (Lv 20:12) si vuole esprimere l’idea di un «incesto con la propria nuora», da parte di un suocero (semplice incesto) o una suocera (incesto + lesbicismo). Ecco, questi due “incestuosi” significati appartengono alla vocalizzazione della fig.2 che, l’ironia della sorte vuole si pronunci sempre come il TeVeL come della fig.1.

I tre puntini disposti a trinangolo come in fig.2 rappresentano la vocale E breve che si chiama segol, mentre i due puntini orizzontali rapprsentano la vocale E lunga che si chiama sereh. Le consonanti sono identiche, questo sì, ma le vocali sono differenti sebbene si pronuncino allo stesso modo. Qui avviene un caso di “polifonia”, ovvero che due parole si pronunciano allo stesso modo sebbene abbiano un significato completamente diverso.

La chiave per comprendere questa presunta anomalia sta proprio nella vocalizzazione. La vocalizzazione suggerita in fig.1 deriva dalla radice seguente [‘vl]:

אבל

…che rende, appunto, l’idea di «terraferma, solidità del suolo» (vedi Koehler & Baumgartner) che poi si ritrasmette in «terra, mondo» come previsto in fig.1; mentre la vocalizzazione della fig.2 vuole suggerire l’idea della radice seguente [bll]:

בלל

…ovvero il significato di «disordine, confusione, vergogna, ignominosità» (vedi Koehler & Baumgartner) che si allarga nella «vergogna, disordine» espressi dai rapporti incestuosi e bestiali come nel caso della fig.2.

Inoltre, le due parole che si trovano nella Bibbia non solo hanno una vocalizzazione differnte (e Biglino si limita a dire solo questo perché forse non saprebbe dire altro, e sarebbe giustificabile se ammettesse la sua sconoscenza della lingua), ma presentano anche un’accento differente. Il primo è TeVéL, il secondo è TéVeL. Appunto, come in italiano, àncora significa una cosa, ancòra ne significa un’altra; stesso discorso con prìncipi e princìpi e tutte quelle parole che giocano con l’accento.

Come è evidente, sebbene le due vocalizzazioni suggeriscano la stessa pronuncia e le consonanti sono altrettanto identiche, qualcuno si sente autorizzato a porre l’esempio di TVL mettendo in discussione i Masoreti che avrebbero vocalizzato a modo loro quel testo ebraico a cui ci lavorarono per ben 400 anni! Certuni non spiegano le differenze del «valore radicale» dell’esempio di TVL, ma dicono semplicemente che se vocalizzato in modo differente, solo per una questione di piccoli puntini, il significato può cambiare drasticamente, quindi si mettono in evidenza degli equivoci illeggittimi, inesistenti e con un apparente senso logico se chi ascolta un simile equivocabile inegnamento non ha almeno una minima infarinatura di ebreico biblico. Nel caso di TVL è così, ma non funziona così con tutte le radici, proprio perché TVL non è una «radice», ma si ottiene per mezzo della vocalizzazione che a sua volta ne suggerisce la reale «radice» di partenza.

Cari lettori, fate attenzione a coloro che sfruttano le proprie capacità carismatiche per insalanirvi il cervello con spiegazioni e nozioni equivoche, giocando così con la vostra non competenza delle lingue bibliche. Frequentate un corso di ebraico biblico prima di dire: «costui dice il vero, ha ragione»!

22 Risposte a “Le pseudo lezioni di ebraico biblico per un pubblico che ignora di essere ignorante.”

  1. Buongiorno, dalle date dei post vedo che sono arrivato un po’ tardi….
    Mi sono letto tutte le vostre discussioni e mi è sorta una domanda:
    Se i Masoreti hanno fatto quell’immane lavoro dal VI al X secolo, i primi cristiano che testi sacri avevano? I Romani dei primissimi secoli, su cosa studiavano?

    Grazie

    1. Gentile Paolo,
      benvenuto nel blog. Non è mai troppo tardi, tranquillo. Il dialogo è sempre aperto, quindi ti ringrazio per il tuo intervento.
      Consideriamo che prima dei Masoreti c’erano gli Esseni, che fino al 70 d.C. (data della loro “estinzione”) usavano testi in ebraico da loro stessi redatti i quali potrebbero essere stati usati anche da cristiani. Ma i testi biblici in maggiore circolazione erano i manoscritti greci della LXX, usati per codificare le citazioni o allusioni dell’Antico Testamento nel Nuovo.
      Quindi gli ebrei cristiani come anche i cristiani gentili (asiatici, greci e italiani) usavano la LXX come testo di riferimento, e le copie in greco delle varie epistole e scritti neotestamentari.

  2. “I Masoreti, scribi e studiosi ebrei della scuola di Tiberiade, vissuti fra il VI e il X secolo d.C …hanno iniziato a suddividere le parole per come andavano separate”.
    Le parole al tempo dei Masoreti erano già “suddivise”. La suddivisione delle parole risale a tempi remotissimi. Prendi per esempio i rotoli del Mar Morto, che risalgono a più di due millenni, hanno già le parole “suddivise”.
    Se è lecito chiedere: ma lei che studi ha fatto?

    1. E’ ovvio che gli esseni hanno diviso i testi ebraici già al loro tempo. La cosa sbalorditiva, piuttosto, è che tale divisione è rimasta inalterata per 1000 anni. Quindi dove sarebbe il problema?
      Ho iniziato 10 anni fa a studiare come autoditatta, ma da qualche tempo ho iniziato a studiare presso una Yeshiva rabbinica (Yeshivat Shuvu), che non è un semplice “corsetto”, ma un percorso rabbinico vero e proprio.

  3. Biglino usa TVL semplicemente come esempio per far intendere quanto sia complessa la lingua ebraica antica e quanto possa essere difficile da tradurre; mai e poi mai ha osato né oserebbe mettere in discussione il mastodontico lavoro dei Masoreti, da cui derivano tra l’altro le sue traduzioni per le edizioni San Paolo. “Non sapremo mai come venisse letta di preciso la Bibbia in origine” =/= “I Masoreti hanno fatto un lavoro totalmente inutile”.

    1. il lavoro di Biglino in qualità di “traduttore è proprio quello di mettere in discussione il testo masoretico Il lavoro di Biglino, a questo punto, è ancor più inutile di quello dei Masoreti, dato che lui si basa proprio sul Testo masoretico.

  4. hey, ma avevo già postato questo commento, come mai è sparito ?

    http://www.gliscritti.it/blog/entry/223/topo

    I PIÙ ANTICHI MANOSCRITTI MASORETICI

    Nel corso dei secoli si affermò nel giudaismo il sistema di vocalizzazione masoretica detto tiberiense. Il nome deriva dalla “scuola” di Tiberiade, la città sull’omonimo lago nella quale venne sviluppato.

    Non fu, però, l’unico sistema di vocalizzazione esistente. Infatti, i maestri della Torah che risiedevano a Babilonia elaborarono, a loro volta, un sistema che è detto babilonese ed è noto altresì un terzo tipo di vocalizzazione detto palestinese, perché sviluppato nelle località della Giudea e della costa. La vocalizzazione palestinese è testimoniata in alcuni degli scritti rinvenuti nella gheniza (il magazzino adibito alla conservazione dei manoscritti sacri non più in uso) della sinagoga del Cairo, costruito nell’882 d.C.

    La scoperta recente di questi manoscritti, copiati tra il VI ed il IX secolo d.C., ha portato, fra l’altro, alla scoperta dell’originale ebraico del libro Siracide che si riteneva perduto.

    I testimoni più antichi della vocalizzazione tiberiense sono, invece, il Codice dei Profeti del Cairo e il Codice di Aleppo.

    1. Il codice di Aleppo fa sempre parte della collezione masoretica, solo che noi oggi utilizziamo per via ufficiale il codice più recente, datato all’anno 1008 d.C.
      Se esiste una copia più antica dell’anno 1008, null cambia, perché il codice di Aleppo appartiene sempre ai Masoreti.
      I Masoreti hanno iniziato a vocalizzare il testo biblico a partire dal IV-V secolo d.C. fino al X secolo, e l’ultima copia più recente è quella usata oggi dagli stessi ebrei e per le traduzioni.

      I maestri babilonesi sono un altro mondo a parte peché non adrebbero considerati come i Settanta che, influenzati dalla cultura egizia, hanno tradotto la loro versione dell’antico testamento in modo non autentico. Gli unici ad dover detenere l’attendibilità sono i Masoreti tiberiensi.

  5. resta che cmq i masoreti non sono gli unici che hanno vocalizzato, e pare che nelle vocalizzazione degli altri non ci sia uniformità… parlo dei babilonesi, dei palestinesi e dei samaritani

    1. Ma chi ti ha detto questa cosa falsa?
      I Masoreti sono gli unici e soli ad aver vocalizzato il testo ebraico della Bibbia ebraica.
      Babilonesi, palestinesi e samaritani non usavano la vocalizzazione, perché l’inserimento delle vocali SCRITTE è opera SOLO dei Masoreti.
      Prima di loro il testo ebraico è sempre stato NON vocalizzato.
      Anche oggi gli ebrei leggono il giornale con le consonanti senza vocali, perché le vocali sono state aggiunte SOLO al testo biblico!

  6. Daniele Salamone… TVL non è radice, ma la radice la si capisce solo con la giusta vocalizzazione… cos’è TVL se non è radice ?

    1. Gentile Piero, benvenuto nel Blog.
      Dove è scritto che TVL è una radice?

      Allora come facevano gli antichi che leggevano senza vocali scritte a capire quando delle consonanti sono radice (come KVD) da quelle consonanti che non sono radice (come TVL)?
      Adesso prendo tutte le parola non vocalizzate e le considero radice?

      La “giusta vicalizzazione” è semplicemente la “giusta pronuncia”, e il “giusto significato” lo si attribuisce a seconda del contesto. Comunque, credo di aver chiarito la subdola lezione di Biglino, dove lui in primis dovrebbe sturiarsi l’ebraico.
      Inoltre, le due parole TVL che hanno una radice diversa (dovuta da un vocalizzazione diversa, quindi significato diverso) vanno pronunciate in questo modo:

      – TeVél = terra, mondo
      – TéVeL = rapporto sessuale incestuoso fra una donna e un animale; rapporto sessuale incestuoso fra suocera/o e nuora

      Non solo la vocalizzazione è differente sebbene la pronuncia sia identica, ma muta anche l’accento: come dire ancòra e àncora, princìpi e prìncipi.
      La parola NEFILIM, nella Bibbia la troviamo scritta in due modi (vocalizzazione differente) sebbene la pronuncia sia IDENTICA. La radice di provenienza delle due parole non è la stessa. Stesso diescorso di TVL.
      Cioè, la radice NFL può assumere due significati differenti, e quando questi due significati non traggono origine dalla stessa radice, necessariamente derivano da due radici differenti.
      Non vado oltre perché più chiari di così non si può.

      Ti consiglio un corso di ebraico

  7. Egregio Signor Salamone,
    Ho scoperto solo di recente il suo blog ed ho letto, con molto interesse, le sue ragionate critiche al lavoro “dissacrante” di Biglino e di altri autori.
    Le riconosco, inoltre, notevoli arguzia ed intelligenza, oltre che una indiscutibile statura culturale, con cui affronta la polemica sollevata, talora con altrettanta arguzia, talora (ahimè) con trivialità, dai commentatori del suo lavoro.
    Tuttavia, non sono affatto convinto che il dibattito esegetico sul testo della Bibbia o la disquisizione sulla validità dell’interpretazione “letterale” o “letteraria”, siano strumenti sufficienti a confermare la sacralità del Libro piuttosto che il suo mero valore storico.
    Premetto che io non sono certo un esegeta, né tantomeno uno studioso. La mia posizione è quella del semplice curioso, ed è in questa veste che mi permetto un suggerimento che prende origine da una sua stessa asserzione.
    Infatti, in un suo scritto, ella esorta il Biglino a “guardare al contesto, piuttosto che al testo”, se mi perdona la semplificazione. Ed è proprio partendo da tale concetto che la invito ad un esercizio speculativo.
    Secondo il mio modesto parere, il contesto, nel nostro caso, va ben oltre i testi biblici o sumeri. Il contesto, è la storia dell’Umanità, come noi la conosciamo, o meglio delle sue origini.
    Apparso sul pianeta intorno ai 200mila anni fa, e sopravvissuto a tutte le altre specie di ominidi più o meno coeve, l’Homo Sapiens vive una lunga preistoria sinché, circa 12mila-10mila anni fa, improvvisamente e quasi contemporaneamente in tutto il pianeta, comincia a costruire città e monumenti grandiosi con enormi monoliti intagliati con precisione tuttora improbabile, con strumenti con i quali noi adesso avremmo difficoltà persino a tagliarci le unghie. Non solo, sposta tali monoliti per distanze notevolissime in ambienti diversissimi che vanno dai deserti dell’Africa alle montagne del Perù, per poi assemblarli con precisione maniacale. E tutto ciò senza un apparente ragione.
    Ancora oggi, probabilmente, non disponiamo della tecnologia per costruire strutture megalitiche come quelle rinvenute a Machu Piccu, Ollantaytambo, Balbeek, in Italia Centrale, per non parlare delle Piramidi o della stessa Stonehenge, giusto per citarne solo qualche sito tra i più celebri.
    Tutto ciò parrebbe avulso completamente dal contesto biblico da cui ci eravamo mossi.
    Tuttavia, un non difficile sforzo di apertura intellettuale, ci rivela come le traduzioni dal sumero di Zecharia Sitchin, i Veda e i grandi poemi epici indiani, le testimonianze scritte e le tradizioni orali di numerosi popoli antichi, probabilmente gli stessi testi omerici e sicuramente la Bibbia, nella interpretazione del Biglino, se confrontati tra loro, convergono nel delineare un quadro di eventi assolutamente coerente che sembrerebbe far luce sulle origini della nostra civiltà.
    Tale considerazione, dovrebbe costituire un nuovo punto di partenza per la ricerca scientifica e storica e già comincia a far breccia nella comunità scientifica (ben oltre i confini della storia e dell’archeologia) ove siano superati i particolarismi ideologici ed i pregiudizi culturali e religiosi.
    Tra l’altro, proprio l’aspetto religioso, fondato sulla fede e non sulla ragione, è quello meno compromesso da una rivoluzione culturale di tale portata.

    Non le chiedo, ovviamente, di condividere il mio pensiero. Il mio intento è solo di offrire uno spunto (tra l’altro non particolarmente originale) alla riflessione di un “libero pensatore” come lei si definisce e come io stesso vorrei essere.

    Cordialmente

    1. Gentile Sig. Giovambattista, grazie per il suo intervento.
      Ciò che raccontano i testi mesopotamici insieme a quelli indiani potrebbero combaciare per certi versi, tuttavia, da conoscitore del linguaggio biblico in sé, la Scrittura non ha niente a che vedere con le testimonianze indiane, andine e mesopotamiche in quanto – strano ma è così – la Bibbia non parla delle stesse cose.
      Se nella Bibbia leggo che un “carro di fuoco” ha preso con se il profeta Elia, per onestà intellettuale non posso immaginare che “quel carro” sia una navicella spaziale perché andando ad approfondie meglio il linguaggio biblico (cioè la “poetica” del redattore biblico in questione), comprendo che quel “carro di fuoco” non è un oggetto volante o UFO che dir si voglia, ma come lo stesso salmo 104:3 dichiara si tratta proprio di un agglomerato di vapore acqueo comunemente conosciuto con il nome di “nuvola”.
      Imparando a conoscere il linguaggio biblico letterario allora si capisce più di quanto si pensa di capire approcciando la Bibbia solo “ad litteram”.
      Mi dispiace, ma chi non conosce la letteratura biblica in sé non ha alcun diritto di mettere le mani addosso alla Bibbia “facendo finta” che ci siano scritte delle cose piuttosto che altre.

      Cordialmente
      Daniele

      1. Gent.mo Daniele,
        Io non credo di aver mai sostenuto, e non vorrei essere in ciò frainteso, che i testi sumerici ed indiani trattino gli stessi argomenti della Bibbia.
        Sebbene converrà che ciò accade per alcune narrazioni relative, solo per esempio, al Diluvio Universale o alla Genesi.
        Tuttavia il punto della mia riflessione non è questo.
        La tesi che sostengo è che le antiche scritture nel loro complesso (sia pure nel rispetto delle differenze culturali e letterarie) contribuiscono a dare un quadro coerente dell’evoluzione e della storia umane.
        Nel concreto del suo esempio e nel rispetto della versione che ella stessa mi fornisce del linguaggio letterario biblico, quando leggo che il profeta Elia fu preso su da “una nuvola”, posso ragionevolmente presumere che, il redattore del testo, abbia così denominato un oggetto volante diversamente difficile da definire sulla base della propria esperienza.
        Se ne potrebbe pertanto dedurre che sia l’approccio letterario, sia l’approccio letterale, possano giungere alla stessa interpretazione del testo.

        Cordialmente
        Titta

        1. Buonasera sig. Giovambattista,
          se il redattore biblico che ha narrato le vicende del “rapimento” di Elia avesse voluto riferirsi ad un vero e proprio “carro volante”, allora avremmo trovato altre conferme bibliche in quanto “carro di fuoco” avrebbe significato proprio “oggetto volante”. Per “carro” si intende “nuvola”, di conseguenza “nuvola di fuoco” non è altro che una nube tonante. E YHWH si manifestava proprio in questo modo essendo l’unico modo in cui gli uomini possono “vedere” Dio sottoforma di “natura”. Infatti il contesto letterario del rapimento di Elia non fa altro che parlare di nubi, uragani e venti impetuosi. Poi, chi vuole continuare a far finta di non capire… è libero.
          Approccio letteraio e letterale esigono una “interpretazione” differente: perché se leggo il primo versetto dell’Inferno di Dante posso applicare entrambi gli approcci e non giungere affatto ad una medesima interpretazione del testo:

          “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, perché la diritta via era smarrita”: approccio LETTERALE —> Arrivato a metà strada del mio percorso mi ritrovai in una fitta e oscura foresta poiché mi ero perso.

          “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, perché la diritta via era smarrita”: approccio LETTERARIO (secondo la poetica di Dante) —> All’età di 35 anni mi ritrovai circodato dal peccato perché persi (o mi allontanai) dalla via della santificazione.

          Ecco, la Bibbia va approcciata – specialmente in contesti apocalittici/profetici come quelli di Elia, Ezechiele, Daniele, Apocalisse di Giovanni, etc. – in maniera letteraria. Se non si conosce il linguaggio biblico di quel redattore – ovvero la sua “poetica” – si può giungere a tantisime conclusioni, e per di più tutte sbagliate; la letteratura in sé esige una sola interpretazione perché così come non può essere opinabile Dante (che usa quel linguaggio preciso) allora nemmeno la Scrittura può essere opinabile in quanto esprime già un linguaggio che va studiato per essere compreso, traendone così la giusta interpretazione.
          Personaggi come Biglino hanno scelto l’approccio letterale, facendo così dire a Dante (ad esempio) che arrivato a metà strada del suo percorso si ritrovò in una fitta e oscura foresta poiché si ero perso, quando poi Dante non intendeva esprimere questo concetto.

          Comunque, gradirei che si discutesse il tema di questo articolo; mi sa tanto che si è andati un pò off-topic.
          Grazie

  8. Una spiegazione tecnica interessante ma un po’ inconcludente se si mantiene il contraddittorio tutto così nel vago, visto che si parla di “certuni” e senza scendere nello specifico di ciò che “certuni” dicono, per poi confutarlo nel dettaglio. E’ un po’ terroristico dire, studiate l’ebraico antico prima di giudicare chi ha torto o ragione. Come se per giudicare quale politico è coerente o meno dovessimo per forza tutti studiare scienze politiche, che sarebbe certo un buon metodo, ma posso anche più semplicemente basarmi sulla coerenza che vien fuori semplicemente nel contraddittorio tra diversi esponenti politici, specie se ritenuti di alto rango.

    1. Salve Cristian, il suo esempio sul politico non fa una piega ma devo comunque contraddirla. Se un problema nasce da una considerazione data da un politico, allora in altra maniera si può ovviare al problema; ma se il problema nasce dalla grammatica, essa come la matimatica non è un’opinione, e quindi occorre conoscere la grammatica.
      La mia spiegazione può essere interessante, inconcludente e come preferisce, tuttavia se viene mal vista pur essendo spiegata in modo chiaro e conciso, ciò è un chiaro sengno che “certuni” negano l’evidenza perché sempre questi “certuni” non amano avere torto, ma sempre ragione anche quando sono consapevoli di avere torto.

      Nei confronti di un politico puoi suggerire opinioni diverse senza la necessità di studiare all’università; ma quando si va sul tecnico allora occorre una preparazione tecnica prima di dire “lei sbaglia”. Se qualcuni dice che sbaglio allora deve dimostrarmelo con il medesimo linguaggio tecnico.
      Se io sbaglio a dire che 2+2 fa 4, allora deve dimostrarmelo con un’altra formula.

      Studi l’ebraico biblico, magari, così più in là potremmo parlare la stessa lingua. Le garantisco che le sue attuali considerazioni negazioniste svaniranno nel nulla.

      Cordialmente,
      Daniele

  9. Ciao Daniele e grazie per la tua spiegazione!
    Noto, senza stupore ma con un certo fastidio, tutta questa valanga di pseudo insegnanti che, senza alcun risultato, cercano di infangare la sacra parola di Dio, attaccandosi alle paroline e alle favolette.
    In quasi ogni bibbia esiste un glossario biblico (nelle ultime pagine) dove vengono presentati e tradotti tantissimi nomi/pesi/usi e costumi originali usati al tempo delle pergamene a noi pervenute componenti la bibbia.
    Sono sicuro che Dio e’ stato in grado di preservare la sua parola intatta nei secoli, nonostante il martirio perpetrato ad opera di regni pagani e della chiesa cattolica romana (infondo pagana anch’essa).
    Ogni generazione di credenti che, con la benedizione di Dio, parteciparono a quella che e’ oggi chiamata “Sacra Bibbia” (a rischio della loro vita, sotto la guida dello spirito santo).
    Molti dei redattori della bibbia moderna, la bibbia di Re Giacomo (King James Version KJV) erano in grado di discutere persino in latino!
    Oggi arrivano dei pinco pallino qualunque puntualmente atei, evoluzionisti, gnostici, agnostici o new age che si credono piu’ furbi di Dio… possa il Signore avere misericordia di queste persone!
    Quello che voglio dire e’ che la bibbia puo’ essere difesa non solo dal punto di vista etimologico ma anche scientifico, archeologico, biologico e filosofico.

    1. Ciao Carlo, grazie per il tuo intervento.
      Purtroppo non è una novità se oggi, come tempo fa, ci sono i cosiddetti “speculatori”. E’ una realtà biblica in fondo con la quale bisogna convivere.

      1. ho visto dei video di biglino con intervista al rav di segni ( che non e il primo arrivato in materia ebraica) e su quasi tutti i punti il rabbino era daccordo con biglino ( a volte con imbarazzo)

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