Giochi di parole e falsa retorica

Giochi di parole e falsa retorica

Molti discorsi spirituali moderni si basano su giochi di parole suggestivi, spezzando termini italiani per estrarne significati che non hanno alcun fondamento linguistico né biblico. Questo approccio crea slittamenti semantici, trasformando concetti profondi come perdono, sottomissione, benedizione e maledizione in slogan motivazionali. In realtà, nelle lingue bibliche i termini hanno radici precise e significati concreti. Quando si sostituisce la verità con retoriche accattivanti, la fede rischia di ridursi a illusione, perdendo il suo spessore teologico e spirituale.

Il sostegno ai ministri del Vangelo

Il sostegno ai ministri del Vangelo

Il sostegno materiale ai ministri a tempo pieno è un principio biblico radicato sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Dal servizio sacerdotale nel tabernacolo, dove i leviti ricevevano le decime e le offerte, agli insegnamenti apostolici di Paolo, emerge un modello chiaro: chi dedica la propria vita al ministero spirituale ha il diritto di essere sostenuto dalla comunità di fede. Questo diritto, tuttavia, non deve essere strumentalizzato né imposto, ma esercitato con spirito di servizio e gratitudine. La Bibbia esorta i credenti a offrire generosamente, riconoscendo il valore del ministero come dono reciproco di grazia.

Il serpente in Genesi 3: analisi esegetica

Il serpente in Genesi 3: analisi esegetica

Il serpente di Genesi 3, chiamato nachash in ebraico, rappresenta una figura centrale nella narrazione della caduta umana. Lontano dall’essere esplicitamente identificato come Satana nel testo originale, il serpente è una creatura astuta che simboleggia l’inganno. Nella tradizione ebraica è visto come istigatore morale, mentre l’interpretazione cristiana lo riconosce come il diavolo. Attraverso lo studio linguistico, l’esegesi e l’ermeneutica, emerge una comprensione stratificata della figura del serpente e del suo ruolo teologico.

Ipocrisia morale: indignata della finzione, impassibile alla realtà

Ipocrisia morale: indignata della finzione, impassibile alla realtà

L’ipocrisia morale visiva è una dinamica psicospirituale in cui si condannano pubblicamente certe forme di intrattenimento percepite come peccaminose, mentre si tollerano o promuovono contenuti reali ben più cruenti e disturbanti. Questa doppiezza si manifesta in ambienti religiosi dove la “santità” è applicata in modo selettivo, tradendo i principi di coerenza e compassione. Fenomeni come dissonanza cognitiva, proiezione e dissociazione emotiva spiegano il bisogno inconscio di preservare un’immagine morale, anche a scapito della verità e dell’amore evangelico autentico.

Ostilità sistematica (articolo conclusivo)

Ostilità sistematica (articolo conclusivo)

Ogni società, ogni comunità, ogni cerchia di credenti è tanto forte quanto la sua capacità di riconoscere e rigettare le tossicità che la insidiano dall’interno. E tra queste, nessuna è più pericolosa di quella che si traveste da rettitudine, si mimetizza tra le opinioni, si insinua nelle relazioni più intime, portando il nome di giudizio, ma agendo con la lama dell’ostilità sistematica. Abbiamo visto negli articoli precedenti come il disprezzo cronico, l’ad hominem mascherato da zelo, il bias persecutorio e…

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