Trasgredire i Dieci Comandamenti e la teoria dei due Yahwéh

04_independence_day_blurayDa un pò di tempo circolano sul web dei video di un rinomato professore, il Dr. Heiser, noto biblista ed “esperto” di lingue bibliche che, oltre a smentire le fantomatiche teorie sugli “Antichi Astronauti” con una certa maestria, si perde però in un bicchier d’acqua predicando l’esistenza di DUE Yahwéh all’interno della Bibbia (dalla serie, “nessuno è perfetto”). Mi chiedo però come mai i “maggiori esperti” che intervengono sulla Bibbia provengono dall’America… mentre gli ebrei che risiedono in Israele non vengono proprio considerati. Eppure, i veri esperti sono gli esegeti ebrei Israeliti e non quelli americani! Quindi bisogna destare attenzione a quanti da un lato cercano di smentire teorie assurde e quando da un altro lato ne fanno emergere di altre in altrettanto modo assurdo. Senza parlarvi dei suoi insegnamenti dottrinali (che potetete ascoltare su internet in lingua inglese oppure tradotti in italiano da Massimo Genovese in questo canale Youtube), vi propongo di seguito ciò che la Bibbia stessa dice e che da sola può smentire tranquillamente l’assurdità dei “due Yahwéh”.

Queste strane teorie nascono dall’incomprensione di passaggi come Genesi 19:24 in cui si legge:

«Allora Yahwéh fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte di Yahwéh».

Questo passaggio sembra effettivamente un pò ambiguo, in cui abbiamo un primo Yahwéh che incarica un altro Yahwéh di mandare fuoco e zolfo. A questo punto chiunque potrebbe dire: “Ecco! Ci sono due Yahwéh!”. Invece non è proprio così. Lo stile sintattico ebraico di questa frase (e non solo di questa) presenta una forma in cui il soggetto (Yahwéh) viene ripetuto due volte sia all’inizio che alla fine del passaggio. Questo serve per denotare maggiore enfasi sul soggetto, in quanto il contesto del brano implica che insieme a Lui ci sono i due angeli che erano stati ospitati e protetti in un certo qual modo da Loth. Ciò che avvalora di più la teoria dei due Yahwéh in questo passo è che mentre si svolgevano i fatti, il primo Yahwéh era ancora nella tenda di Abrahamo, mentre un presunto secondo Yahwéh si trovava su Sodoma e Gomorra in attesa che Loth e la sua famiglia si fossero allontanati. Però la Scrittura dice chiaramente che mentre i due angeli si stavano dirigendo da Loth, Yahwéh ed Abrahamo conitnuarono a parlare fino a quando Egli ebbe finito di parlare con lui «e se ne andò» (Gen. 18:33). Quindi è chiaro che i due angeli non erano in compagnia di un secondo Yahwéh, ma dell’unico Yahwéh che li raggiunse il giorno successivo, dopo che essi (cioè i due angeli) ebbero trascorso la notte da Loth.

Vi sono tuttavia altri passaggi che alluderebbero a “due Yahwéh”, ma tutti questi sono scritti nella medesima forma grammaticale che implica ad un solo soggetto e non a più soggetti distinti e separati.

Secondo il Libro del Deuteronomio al capitolo 4 verso 13, Yahwéh instaura un patto con il Suo popolo, i figli d’Israele. Questo patto si riassume nei famosi Dieci Comandamenti. Nel Libro dei Galati (3:26) impariamo che se abbiamo davvero Fede in Gesù deteniamo il privilegio di essere chiamati “figli di Dio”. Come figli di Dio è bene mostrare amore e obbedienza verso Dio osservando i primi 4 Comandamenti; mentre mostriamo amore verso il nostro prossimo obbedendo agli altri 6 Comandamenti restanti. Quindi, per essere degli osservatori irreprensibili di tutta la Legge di Yahwéh, un credente deve attenersi a tutti e 10 i Comandamenti. La maggior parte di quelle persone che professano la Fede in Gesù (il nome originale è Yéshua), osservano solo gli ultimi 6 Comandamenti nonostante professino di rispettali tutti e Dieci. Altri, invece, sostengono fermamente che Gesù abbia abolito la Legge e che siamo liberi dal «giogo della schaivitù» (leggi questo articolo dove ho smentito questa falsità). Si avrebbe quindi la possibilità o il bisogno di non prendere in considerazione alcuni Comandamenti e tralasciarne altri.

Bene! Per via di onestà, una legge dev’essere rispettata tutta, e per “una legge” non intendo l’articolo X, comma X, ma l’insieme di tutte le leggi che nel nostro paese si riassumono con il nome di “Costituzione Italiana”. Così come un comune cittadino del mondo dovrebbe rispettare tutta la legge della propria nazione, allo stesso modo un vero credente dovrebbe rispettare tutta la Legge del Decalogo senza tralasciare niente. Sappiamo quindi che non è biblico che una persona acquisisca la facoltà di decidere cosa osservare e cosa non osservare (dare Cesare quel che è di Cesare…), infatti, come ha detto Gesù stesso in Matteo 5:17-18:

«Non pensate che io sia venuto per abolire la Legge o i Profeti; Io Sono venuto non per abolire ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la Terra, neppure un iota o un apice della Legge passerà senza che tutto sia compiuto».

Da queste parole si capisce chiaramente che la Legge sarebbe rimasta intramontabile fino a quando il piano di Dio non si fosse compiuto in Cristo. Infatti, Gesù stesso, prima di essere crocifisso disse «le cose che si riferiscono a me, stanno per compiersi» (Luca 22:37) e nel momento in cui esalò l’ultimo respiro sulla croce pronunziò le Sue ultime parole: «è compiuto» (greco: tetelestai). Detto questo, esaminiamo adesso insieme questi Comandamenti per vedere se “noi”, popolo che professiamo di amare il nostro Creatore, stiamo realmente cercando di osservare tutti e Dieci i Comandamenti, senza pretesti e senza scuse.

Cosa c’è di sbagliato nella cristianità di oggi? Si sta realmente obbedendo ai primi quattro Comandamenti? Diverse denominazioni cristiane mantengono i sabati, non si inchinano d’avanti a immagini e statue (eikonas) e non le adorano, però… credono  in due Yahwéh. E anche in questo caso parliamo della serie “nessuno è perfetto”. Ad esempio, gli Avventisti del Settimo Giorno sebbene molto zelanti nell’osservazione del Sabato, dispongono sì di una Trinità ma accettano anche la Dualità. Anche la maggior parte dei Protestanti “peccano” di inosservanza di almeno uno dei Dieci Comandamenti, ovvero l’inosservanza del «settimo giorno dello Shabat» (o riposo), frequentando le riunioni di culto la Domenica anziché di Sabato, che è una giornata pagana perché dedicata al dio sole (in inglese, Sun-Day, “giorno del sole”). Da non parlare poi del Cattolicesimo Romano che ha stravolto tutto trasgredendo nella loro totalità i primi quattro Comandamenti con il loro culto politeistico, oltre che a fabbricarne i loro idoli e renderli oggetto di culto e adorazione (e anche strumento di “miracolo”), etc. Il vero problema poi nasce anche dopo, perché ogni credente cerca di giustificare la propria posizione mettendo da parte la Bibbia ed esponendo le proprie idee su cose che non si fondano nemmeno nella Bibbia stessa.

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PRIMO COMANDAMENTO

Il Primo Comandamento, secondo la Parola di Yahwéh, recita come segue: «non avrai altri Elohìm prima (o oltre) me». Questo significa che Yahwéh dev’essere l’Unico oggetto di culto e adorazione. Non ci sono quindi due, tre o quattro esseri separati (cioé tre o più déi) ma Uno soltanto da venerare. A questo punto bisogna credere nelle parole di Yahwéh, oppure ci piace credere alle parole di quegli pseudo-credenti che predicano l’esistenza di due esseri di Yahwéh? Oppure come altri dicono che la Trinità sia basata su tre dèi distinti e separati? Le religioni pagane basate sulla “sessualità divina” credono in una trinità padre-madre-figlio, nel senso di tre déi distinti e separati come una “famiglia”. I Babilonesi avevano un dio triade chiamato Baal, Semiramide e Tammuz; gli Egiziani avevano Amon Ra, Iside e Osiride; i Greci avevano Zeus, Demetra e Persefone; questi solo per citarne alcuni. Ma la Trinità biblica è lungi dall’essere tutto questo. La Trinità non è una “allegra famiglia”. Un altro gruppo di credenti si spinge oltre sostenendo che Gesù era addirittura un angelo prima della sua nascita umana, il che farebbe di Lui una creatura e non il Creatore (Giov. 1:1-3). Tutte queste diversità di credenza mettono in evidenza una totale confusione! Bisogna quindi capire il ragionamento che sta alla base di tutta questa babilonia. Nell’incapacità di comprendere la Divinità, si ha la tendenza di interpretare ciò che si vede e si legge nelle Scritture, secondo la concezione umana limitata. Ad esempio, il vero concetto di Trinità non può essere spiegato, bisogna limitarsi solo ad accettarlo nel suo più intrinseco mistero. La stessa cosa cercò di farla capire Gesù a Nicodemo e agli altri che erano lì presenti, dicendogli: «Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle cose Celesti?» (Giov. 3:12).

Yahwéh, l’Elohìm nostro, è eterno e infinito. La mente dell’uomo non può capire quel qualcosa che non può essere definito o ciò che non è delimitato. Questo è forse il motivo per il quale risulta difficile cercare di spiegare e dimostrare l’esistenza e l’Essenza di Dio, perché in qualità di Dio Egli è imperscrutabile dagli uomini, mentre «solo lo Spirito scruta le profondità (o infinità) di Dio» (1Cor. 2:10). Di conseguenza, chi ha lo Spirito di Dio ha una marcia in più per poter comprendere quelle cose che a molti sono incomprensibili pur avendo 30 lauree appese al muro o 10 Nobel esposti in vetrina (vedi Il Mezzosangue). Tutto ciò che è visibile e tutto ciò che può essere colto dal pensiero umano è delimitato e finito. E tutto ciò che è finito non può essere indifferenziato. Al contrario, ciò che è sconfinato è altresì infinito. Detto questo, si può dire che Gesù è diventato la parte “visibile” dell’invisibile Elohìm. Yahwéh delimitò alcune parti del Suo Essere in modo che l’uomo avesse avuto la possibilità di rivolgersi a Lui in qualche modo. Attraverso questa parte si può “vedere” il Gesù uomo, ovvero alcune parti di Yahwéh delimitate nella Sua persona in carne ed ossa. In questo modo gli uomini hanno avuto la possibilità di capire le Sue parole, vedere la Sua compassione, testimoniare del Suo Amore, e vedere come si riferisce all’intera umanità in questo modo anche oggi. Dio non ha messo tutto se stesso entro i confini materiali/corporali di Gesù figlio di Maria, dato che è impossibile (secondo la nostra comprensione umana) mettere l’infinito dentro qualcosa di finito: un corpo umano ad esempio (poi, ovviamente, sappiamo che a Dio nulla è impossibile). Non a caso troviamo scritte nella Bibbia le parole di Gesù che dicono: «il Padre è maggiore di Me» (Giov. 14:28). La risposta all’affermazione di Gesù è proprio come spiegato qui sopra: il Figlio che camminava sulla Terra come un essere umano non aveva tutti gli attributi del Padre nel Suo Essere, e come Padre Egli è l’Infinito Elohìm, davvero più “grande” del Figlio (e qui non si parla di padre-figlio come in un’allegra “famiglia”).

Anziché cercare di capire l’infinito, non è meglio cercare di comprendere la Parola ispirata da Dio per gli uomini? Se noi leggiamo che «Yahwéh è Uno» o «Yahwéh Elohìm e l’Unico Yahwéh» (Deut. 6:4) dobbiamo forse pensare che la Bibbia menta a se stessa o che Yahwéh sia un bugiardo? No, e lo stesso Libro dei Numeri (23:19) lo può confermare: «Elohìm non è un uomo da poter mentire». Se Yahwéh dice in Isaia 44:6 «Io Sono il primo e l’ultimo, e non c’è Elohìm all’infuori di me» bisognerebbe credere a queste parole. Sappiamo però che anche Gesù ha detto le stesse cose per un certo numero di volte, una delle quali è registrata in Apocalisse 1:17: «Non abbiate timore, Io Sono il primo e l’ultimo». Chi è dunque il «primo e l’ultimo»? Possono coesistere due primi e due ultimi? Se così fosse dovrebbero esistere un primo e un secondo, un ultimo e un penultimo! Questo primo passaggio testimonia con semplicità che Yahwéh è Uno e che Gesù non è diverso da Yahwèh perché entrambi sono Uno e non sono “due Yahwéh”. Yahwéh, però, non è da confondere con il Padre perché Yahwéh stesso fu “visto” in sembianze umane da Abrahamo e Mosè, mentre il Padre (cioè l’Altissimo: Ypsistou in greco; Elyon in ebraico) è il Padre e Sorgente dell’unità Divina che «mai nessuno ha visto» (Giov. 4:2).

Sebbene Isaia 9:5 profetizza dell’avvento del Messia, il Profeta lo chiama «Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace». Ebbene, chi è il «Consigliere»? Lo Spirito Santo. Il termine greco [Paraclito], oltre che a significare «Consolatore» (Lam. 1:16; Giov. 14:26; 15:26; 16:7) significa anche «Consigliere, Avvocato, Colui che persta auto, sostegno e supporto». Chi è il «Padre eterno»? Il Padre eterno è l’Altissimo, il cui Figlio è il «Principe della pace». In questa profezia vengono menzionate le tre personalità riassunte dell’Unico «Dio potente». Quest’Unico «Dio potente» è sia Padre, Principe/Figlio e Consigliere. Le tre “manifestazioni” dell‘Unico Dio. Non tre persone nel senso di “tre déi”!

L’Essenza spirituale della Divinità si riassume nella sua Onnipresenza. Infatti, poiché lo spazio è infinito, un Dio onnipotente dev’essere in grado di agire o essere ovunque nello spazio. Egli è sempre lì. Dio ci vede ovunque andiamo. Egli può essere in ogni luogo, allo stesso tempo. Ed è per questo che come essere umano, Gesù, possedeva solo alcuni degli attributi di Yahwéh perché solo in questo modo avrebbe potuto pregare il «Padre eterno». Si noti che Gesù non pregava mai “Dio”, ma il Padre. Se avesse pregato la Divinità in sé e non al Personalità, avrebbe certamente rivolto le Sue preghiere a se stesso, perché Egli è Dio. Questo serve per fare capire che sebbene «Gesù e il Padre sono Uno» non significa che Gesù e il Padre siano la stessa “Persona”, ma lo stesso Dio nell’Essenza. Le tre “Persone” si differenziano perché dotate di una coscienza propria ma Unificate nel medesimo Dio. Gesù pregava il Padre poiché il consiglio che vi è in relazione tra Padre, Figlio e Spirito avrebbe raggiunto la decisione di fare o essere.

Qualcuno potrebbe chiedersi, com’è possibile per Gesù sedersi alla destra del Padre? Sono due déi? No, affatto. Il Suo “sedersi alla destra” denota l’Unità della Divinità e la Sua stessa onnipresenza. Egli è ancora adesso,  come una seconda manifestazione dell’Unico vero Elohìm, alla destra del Padre, dove vi rimarrà fino al Suo ritorno per governare le nazioni, da Gerusalemme, per mille anni. Dopo i mille anni, la Nuova Gerusalemme scenderà dal cielo, momento in cui Dio regnerà nei secoli dei secoli.

Per ogni studioso della Bibbia è bene fare in modo di comprendere e credere che di Yahwéh ce n’è Uno e che non vi è alcun altro Elohìm all’infuori di Lui! In Osea 13:4 leggiamo:

«Eppure, Io Sono Yahwéh, Elohìm tuo, fin dal paese d’Egitto; tu non devi riconoscere altro Elohìm all’infuori di me, all’infuori di me non c’è altro Salvatore».

Quanti Elohìm con il nome “Yahwéh” bisogna «riconoscere»? Uno? Due? Tre? Quattro…? Ci sono forse due Salvatori? Due Redentori? Due Liberatori? Se così fosse allora Yahwéh e Gesù sarebbero due “persone” diverse o comunque Yahwéh avrebbe avuto una sua controfigura; ma come ho dimostrato nel mio libro Il Mezzosangue, Yahwéh e Gesù sono il medesimo individuo, cioé il Logos Creatore di tutte le cose.

idolatria papa

SECONDO COMANDAMENTO

Trasgredire il secondo Comandamento equivale a trasgredire il primo, in quanto l’oggetto di culto non è più solo Dio, ma altri personaggi di natura non divina. Questo si trasforma in puro politeismo:

«Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla Terra o nelle acque sotto la Terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, Yahwéh, Elohìm tuo, sono Elohìm geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti» (Es. 20:4-6; Deut. 5:8-9)

Questo Comandamento è rivolto ad ogni forma di idolatria: può essere un vitello d’oro, può essere anche un bracciale o una collana il cui ciondolo riporta l’immagine infissa di un qualunque uomo popolare sulla faccia della Terra, ad esempio i gadget e le figurine con papi, santi, madonne, cristi, vip, personaggi dello spettacolo, cantanti, etc. Se al tempo di Gesù fosse esistita la fotografia, gli osservatori di questo Comandamento non avrebbero cercato assolutamente di fotografare il Signore o a farsi un “selfie” insieme a Lui. Ogni odierna rappresentazione di santi, madonne e cristi sono solo frutto dell’immaginazione perché solo i testimoni oculari di Gesù sanno quale fu il Suo vero volto umano (e anche di Maria). Tutto quello che sappiamo su di loro è che essi erano ebrei e con ogni probabilità avevano le stesse caratteristiche degli ebrei odierni, ovviamente: vale a dire un naso prominente, occhi castani e capelli scuri. Le iconografie che cercano di rappresentare Gesù non hanno niente a che vedere con un personaggio di entia ebrea, infatti viene rappresentato come un uomo dai lienamenti molto effeminati, barbetta soffice, nasino all’insù, occhi chiari e lunghi capelli castani quasi biondicci un pò piastrati.

La sindone non è altro che un falso, dimostrato da un calco in gesso con la quale ne sarebbe stato rappresentato il volto. Infatti, come dicono gli esperti, solo un bassorilievo può dare le caratteristiche antropomorfe del volto sindonico, ogni corpo tondeggiante come una testa darà caratteristiche deformate. Basti avere una piccola conoscenza di base di geometria e prospettiva per risolvere il dilemma. La sindone è un falso.
La sindone non è altro che un falso, dimostrato da un calco in gesso in positivo con la quale ne sarebbe stato rappresentato il volto in negativo sul telo sindonico. Infatti, come dicono gli esperti, solo un bassorilievo può dare le caratteristiche antropomorfe del volto sindonico, ogni corpo tondeggiante come una testa darà caratteristiche deformate. Basti avere anche una piccola conoscenza di base di geometria e prospettiva per risolvere il dilemma. La sindone è un falso.

Ma quand’anche fossimo sicuri del Suo aspetto, questo secondo Comandamento proibisce ogni rappresentazione, che sia di Gesù o altro, ed inchinarsi ad esse. Oggi purtroppo viene considerata persino la Sindone come “immagine” di Cristo, ma come è stato dimostrato (leggi didascalia immagine) il telo sindonico è un falso!

Eppure, la chiesa rappresentante del Cristianesimo trasgredisce questo comandamento nonostante sia espressamente proibito dalla Scrittura. La versione dei Dieci Comandamenti della Chiesa Cattolica Romana è stata appositamente modificata per escludere questo secondo Comandamento! Tuttavia, escludendo questo secondo Comandamento, stranamente i Comandamenti rimangono sempre Dieci. E come? Semplice! Dividendo in due il decimo Comandamento in modo da camuffare la contraffazione della Parola di Yahwéh.

Oggi si tende a stare più davanti alla TV che a dedicare del tempo per Dio. Si cerca di non mancare alla partitella a calcio del martedì sera, però non si riesce a trovare mai il tempo per pregare il Signore. Ci si preoccupa di avere la doppia razione di pasta sul piatto, mentre non ci si rende conto che se viè abbondanza è per benedizione (e non per il semplice fatto di “poterselo permettere” sia economicamente che fisicamente). Gli stessi bambini sofferenti dell’Africa sorridono di più rispetto a noi occidentali, questo perché? Perché apprezzano il valore della vita, del cibo e di ogni cosa senza idolatrare nulla. Adesso, l’idolo in sé non è solo la statua di san Pio o il poster di Madonna (la cantante!), ma ciò che diventa idolo è mettere qualunque cosa al posto di Dio, che lo sostituisca e che ne prenda il posto in scala di importanza e priorità. “Se non prego non ci fa nulla, se non vado a giocare al pallone gli amici si arrabbiano, e poi chi li sente?”. Ci si preoccupa più del giudizio degli uomini. Questa è una forma di idolatria.

giuramento bibbia

 TERZO COMANDAMENTO

Il terzo Comandamento ha a che fare con il nome di Yahwéh:

«Non nominare il nome di Yahwéh, ELohìm tuo, invano; perché Yahwéh non riterrà innocente chi pronunia il Suo nome invano» (Es. 20:7; Deut: 5:11).

Ma, cosa si intende con la parola «invano»? Potrebbe significare «usare con leggerezza», «inutilmente», «nei momenti meno opportuni» e ci sono molti modi con i quali si può usare il nome di Yahwéh (Dio) invano. Ad esempio, osservando delle festività non scritturali (cioè non bibliche) dove ci si mette in mezzo Dio (ad esempio il Natale), questo è un modo per coinvolgere invano sia Dio che il Suo nome. Da nessuna parte nella Scrittura si legge che il Messia sia nato il 25 Dicembre, tuttavia ci sono indizi che lasciano addirittura intendere che la Sua nascita è avvnuta di primavera (ad esempio che non si pascolano le pecore in inverno). Ma non badando a questo dettaglio, possiamo dire che assegnare al Natale (oltretutto una festa pagana) il giorno di nascita di Gesù, è un modo per nominare con leggerezza il Suo nome in una ricorrenza che nemmeno lo riguarda, né biblicamente né storicamente. Il 25 Dicembre è generalmente attribuito alle divinità pagane egizie, babilonesi, etc.

Un altro esempio sull’uso del nome di Dio invano si trova nel sistema giudiziario statunitense. Quando negli USA si dà prova su un qualcosa in un procedimento giudiziario, si giura mettendo la mano destra sulla Bibbia, per indicare che la testimonianza dell’imputato o dell’avvocato difensore siano la “verità” e non menzogna. In questo caso la formula è:

«Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza».

Al contrario di quanto applicato dal sistema giudiziario statunitense, la stessa Bibbia verso la quale si presta giuramento dice:

«Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero» (Mat. 5:36).

«Avete anche udito che fu detto agli antichi: “Non giurare il falso; dà al Signore quello che gli hai promesso con giuramento“» (Mat. 5:33).

Questi passi non hanno niente a che vedere con il giuramento terreno, ma ciò nonostante vengono presi in considerazione come “scusa”.

Quindi, quando nel caso in cui un avvocato ha come cliente un serial killer che non merita alcuna giustificazione sui suoi omicidi, l’avvocato difensore dovrà giurare d’innanzi alla corte giuridica e a Dio di dire la verità nonostante la sua posizione lo induca a mentire per trovare delle scuse affinché l’imputato palesemente colpevole sia da assolvere da ogni accusa. Insomma, giurare sulla Bibbia per fare l’avvocato del diavolo è credo il massimo pretesto per nominare Dio e le Sue Leggi inutilmente come giustificazione delle azioni ingiuriose d’innanzi alle leggi terrene. «Date a Cesare ciò che è di Cesare, date a Dio ciò che è di Dio» è il passo biblico su cui non si presta attenzione sul porre una netta differenza tra le cose di Dio e le cose degli uomini. Nello stesso momento in cui si giura sulla Bibbia per trovare giustificazioni d’innanzi alle leggi terrene, si sta già trasgredendo quella Legge verso la quale si sta giurando: «non attestare il falso contro il tuo prossimo» (Es. 20:16; Deut. 5:20).

I leaders religiosi di oggi, come i sacerdoti ebrei dopo la deportazione babilonese, non stanno dando onore al nome di Dio, per questo motivo Egli portò una maledizione rivolgendo al Profeta Malachia le Sue parole in questi termini:

«”Ora, quest’ordine è per voi, o sacerdoti! Se non ascoltate e se non prendete a cuore di dare gloria al Mio Nome” – dice Yahwéh degli eserciti – “Io manderò su di voi la maledizione e maledirò le vostre benedizioni; anzi le ho già maledette, perché non prendete la cosa a cuore […]”» (2:1-2).

Se diciamo di essere persone dell’Onnipotente, dovremmo certamente sapere il Suo Nome, come indicato nella prima parte di Isaia 52:6: «Perciò il mio popolo àconoscerà (futuro) il Mio Nome», che si riassume in Gesù Cristo. Tuttavia, bisogna stare comunque attenti a non utilizzare i nomi Yahwéh o Gesù nel linguaggio di tutti i giorni come alcune persone fanno in trasmissioni televisive, conferenze, seminari e addirittura nelle battute o barzellette. Anzi, forse è una buona cosa che la maggior parte delle persone non conoscono nemmeno il nome “Yahwéh”, ma il termine generico “Dio” che non è un nome, ma ciò non toglie che se la parola “Dio” non sia un “nome” si è autorizzati ad usarla come e quanto ci pare e piace. Il nome di Yahwéh (o Gesù è la stessa cosa) dovrebbe essere usato solo in preghiera, nelle benedizioni e in quegli insegnamenti che non lo discreditano.

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 QUARTO COMANDAMENTO

Il quarto comandamento si concentra sulla santificazione del Suo giorno:

«Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato a yahwéh Elohìm tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; poiché in sei giorni Yahwéh fece i cieli, la Terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò Yahwéh ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato» (Es. 20:8-11).

Il passo di Esodo 20 non si limita a dire semplicemente «giorno del riposo», perché la traduzione «giorno del riposo» può essere equivoca e quindi interpretata in diversi modi. Nella nostra cultura occidentale «il settimo giorno» è la Domenica, mentre per la cultura ebraica (quella autentica) il girno del «riposo» è il Sabato o Shabbat, che appunto in ebriaico significa «riposo». Quindi sarebbe più preciso non tradurre Shabbat in «riposo» (sebbene significhi “riposo”), perché se traducessimo la prima parte di Esodo 20:8 in questo modo, il tutto sarebbe più chiaro:

«Ricòrdati del giorno dello Shabbat per santificarlo».

Questa traduzione rende meglio l’idea del «giorno del riposo», perché anche se in questa prima parte si lascia comunque la parola Shabbat non tradotta, c’è la parte successiva del passo che specifica che questo giorno, il settimo, «è giorno di riposo», il che non avrebbe senso ripetere due volte nelle nostre traduzioni la parola “riposo”. Questa sottile traduzione, cioè «giorno del riposo», come dicevo può destare a equivoci, e quindi ci si può avvalere benissimo di mutare i giorni, le festività e i noviluni. Gli stessi cattolici confermano di non osservare questo «settimo giorno» ma il “primo giorno” della settimana in onore della risurrezione di Gesù, quando Egli stesso disse di fare in memoria di Lui determinate cose che non hanno niente a che vedere né con il settimo giorno, né con le festività e né quant’altro. Quello che bisogna ricordare è che solo Dio può santificare, sia i giorni che gli uomini. In Levitico 23 Egli ha dichairato quali sono i Suoi «tempi stabiliti» e l’uomo, in qualità di creatura, non ha alcun diritto e né autorità di proclamare giorni di festa per Dio di propria iniziativa quando è stato già Lui a programmarli. Si può leggere in Esodo 32 anche l’esempio in cui Aaronne dichiarò una festa per Yahwéh con conseguenze disastrose. Persino Isaia (1:14) è molto chiaro sul fatto che Dio detesta «i noviluni e le feste stabilite» da uomini quando il quarto Comandamento è chiaro! Il giorno di Dio è lo Shabbat.

Se il Libro degli Ebrei (13:8) ci insegna che «Gesù Cristo (quindi Yahwéh) è lo stesso ieri, oggi e in eterno», ciò significa che il comando del «giorno dello Shabbat» è valido ancora oggi. Non in termini di “riposo assoluto” (come ha dimostrato Gesù operando miracoli nello Shabbat) tanto da non poter spostare nemmeno una sedia di casa, ma quanto meno cessare i lavori ordinari secolari, ovvero il lavoro che ci offre uno stipendio e dedicare questa giornata alla preghiera e meditazione. Ma purtroppo, non tutto il mondo osserva questi precetti e quindi molti credenti si vedono “costretti” a lavorare anche di Sabato.

Infine, se siamo davvero il popolo di Dio non solo ci si dovrebbe attenere a tutti e 10 i Comandamenti, ma soprattutto ai primi quattro che dimostrano il nostro amore per Lui.

I Dieci comandamenti racchiudono tutto il piano biblico: i primi 4 sono dedicati al culto verso l’Unico Dio, come istituito da Yahwéh; mentre i restanti 6 Comandamenti rispecchiano gli insegnamenti del Cristo circa l’amore che bisogna provare per il prossimo. La cosa straordinaria dei Dieci Comandamenti è che il primo inizia con “Io Sono”, il decimo si conclude con “il tuo prossimo”: “Io Sono… il tuo prossimo”. Quindi è evidente che i Dieci comandamenti rispecchiano l’Amore che bisogna provare per il nostro prossimo, primo fra tutti Dio.

«Ama il tuo prossimo»

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