Quale profeta ha citato Matteo?

Dopo aver riportato nel suo racconto il suicidio di Giuda e l’acquisto del campo del vasaio, l’evangelista Matteo citò i profeti come aveva fatto molte volte prima del capitolo 27. Scrisse:

«Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta Geremia: «E presero i trenta sicli d’argento, il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele, e li diedero per il campo del vasaio, come me l’aveva ordinato il Signore» (27:9-10)

Esposizione

Rembrandt Harmenszoon van Rijn Repentant, Judas Returning the Pieces of Silver, 1629

Per secoli, questi due versetti sono stati contemplati dai cristiani e criticati dagli scettici. Il presunto problema con questo passaggio, come ha osservato un critico moderno, è che «questa non è una citazione di Geremia, ma una citazione errata di Zaccaria 11:12-13» (S.Wells, Skeptic’s Annotated Bible). Gli scettici sostengono che Matteo abusò del passaggio di Zaccaria 11:12-13 e quindi attribuì erroneamente la citazione a Geremia. Purtroppo, anche alcuni cristiani hanno sostenuto questa idea (cfr. K.L.Cukrowski e altri, God’s Holy Fire, 2002, p.40). Cosa si può dire della questione?

Come per tutte le presunte contraddizioni, i critici e gli scettici avrebbero dovuto indagare ulteriormente (cioè studiare con diligenza e gestire correttamente le Scritture, cfr. 2Tim 2:15) prima di fare affermazioni così rumorose riguardo a Matteo ha avrebbe utilizzato in malo modo le parole dei profeti. Tre considerazioni aiutano a chiarire la situazione:

In primo luogo, va attentamente notato che Matteo non ha detto che Geremia scrisse questa particolare profezia; piuttosto, ha indicato che questa profezia sia stata da lui pronunciata. Simile a come la citazione di Yeshua pronunciata da rabbi Shaul («vi è più gioia nel dare che nel ricevere», At 20:35) proveniva da qualcosa che Yeshua affermò verbalmente e che non fu mai registrato da alcuno degli scrittori del Vangelo, potrebbe essere che anche Geremia pronunciò un tempo la profezia in questione, ma Baruch, il suo scriba di fiducia, non la mise mai per iscritto. In verità, non ci si dovrebbe aspettare automaticamente di trovare un resoconto scritto di una profezia quando il redattore del Nuovo Testamento (NT) lo menziona come se fosse stato pronunciato. Inoltre, non dovrebbe sorprenderci se lo Spirito Santo avesse ritenuto opportuno ispirare Geremia a pronunciare queste parole e poi qualche anno dopo ispirare anche Zaccaria a trascrivere un simile pensiero in forma scritta.

In secondo luogo, ai giorni di Yeshua, la pratica rabbinica implicava l’identificazione di citazioni bibliche con il nome del primo libro facente parte di un gruppo di più libri raggruppati per genere letterario. Scrivendo sulla rivista Bibliotheca Sacra oltre mezzo secolo fa, Charles Feinberg ha commentato questo punto, dicendo:

«La tradizione talmudica [Bava Batra 14b] mostra che gli scritti profetici in ordine di collocazione erano Geremia, Ezechiele, Isaia, ecc. Quest’ordine si trova in molti manoscritti ebraici […] Matteo, poi citò il passaggio come dal rotolo dei profeti, il cui rotolo è citato dal primo libro» (Exegetical Studies in Zechariah, Bibliotheca Sacra, 1945, 102:55-73; p.72)

Inoltre, in tutte le citazioni di Zaccaria nel NT, non si fa mai menzione del suo nome in congiunzione con le profezie (cfr. Mt 21:4; 26:31; Gv 12:14; 19:37). Pertanto, è logico concludere che Matteo si riferiva semplicemente a questa intera divisione dell’Antico Testamento (AT) nominando il suo primo libro (Geremia) proprio come Yeshua si riferiva alla sezione degli “scritti” dell’AT con il nome del suo primo libro, i Salmi (Lc 24:44). Geremia avrebbe potuto servire come designazione per le citazioni da un qualsiasi libro fra i diversi inclusi (un altro esempio si trova in Mc 1:2-3 in cui Is 40:3 e Mal 3:1 sono mescolati e attribuiti entrambi allo stesso Isaia!).

Il terzo luogo, e forse il più importante, comprendere il contesto dell’AT è fondamentale per chiarire l’uso che di quest’ultimo se ne fa nel NT. Gli scrittori neotestamentari furono spesso guidati dallo Spirito Santo per intrecciare il pensiero di diversi contesti dell’AT in un’unica applicazione. Matteo fece riferimento a una serie di dettagli nel seguente ordine: i trenta pezzi d’argento (v.3); Giuda gettò l’argento nel tempio (v.5); i sommi sacerdoti presero l’argento e lo utilizzarono per comprarono il campo del vasaio (vv.6-7); al campo viene assegnato un nome (v.8).

Matteo citò quindi l’AT (vv.9-10). Si noti il confronto tra la formulazione di Matteo e i riferimenti dell’AT:

Matteo 27:9-10
Zaccaria 11:12-13
«E presero i trenta sicli d’argento» «E essi mi presero il mio salario: trenta sicli d’argento»
«il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele» «Yehwàh mi disse: “Gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo con cui mi hanno valutato!”»
«e li diedero per il campo del vasaio, come ve l’aveva ordinato il Signore» «Io presi i trenta sicli d’argento e li gettai nella casa di Yehwàh per il vasaio»
Geremia
«”Àlzati, scendi in casa del vasaio, e là ti farò udire le mie parole”. Allora io scesi in casa del vasaio, ed ecco egli stava lavorando alla ruota» (18:2-3)
«Così ha detto Yehwàh: “Va’, compra una brocca di terracotta da un vasaio e prendi con te alcuni degli anziani del popolo e degli anziani dei sacerdoti; rècati nella valle del figlio d’Innom, che è all’ingresso della porta dei Vasai, e là proclama le parole che io ti dirò”» (19:1-2)
«Così parla Yehwàh degli eserciti: “Così spezzerò questo popolo e questa città, come si spezza un vaso di vasaio, che non si può più riparare; si seppelliranno i morti a Tofet, per mancanza di luogo da sepoltura”» (19:11)
«E Canameel, figlio di mio zio, venne da me, secondo la parola di Yehwàh, nel cortile della prigione, e mi disse: “Ti prego, compra il mio campo che è ad Anatot, nel territorio di Beniamino; poiché tu hai il diritto di successione e il diritto di riscatto, compratelo!”. Allora riconobbi che questa era parola di Yehwàh. Io comprai da Canameel, figlio di mio zio, il campo che era ad Anatot, e gli pesai il denaro, diciassette sicli d’argento.» (32:8-9)

Conclusione

János Pentelei Molnár | I Trenta Pezzi d’Argento, 1909

L’uso che Matteo fa di Zaccaria è chiaramente parafrastico[1], attingendo alla sua formulazione mentre adegua il luogo del concetto che intende esprimere. In Matteo, i sommi sacerdoti prendono i soldi restituiti da Giuda; in Zaccaria, il profeta ha richiesto il salario al popolo. In Matteo, Giuda gettò i soldi per terra davanti ai capi dei sacerdoti; in Zaccaria, al profeta fu detto di gettare il denaro “al vasaio”, che fu ottenuto gettandolo nella casa del Signore. La massima enfasi di Matteo è sull’acquisizione del campo di un vasaio. Zaccaria non dice nulla circa un campo.

Non è fino a quando si analizzano le pagine di Geremia che si vede la sorprendente somiglianza, prima con Zaccaria e poi con la narrazione di Matteo. L’allusione di Zaccaria al vasaio rievoca l’immaginazione e il simbolismo di Geremia. Ma l’allusione di Matteo al campo del vasaio rievoca Geremia, non Zaccaria. Quindi Matteo stava dimostrando la sovrintendenza dominante dello Spirito Santo che stava combinando e sintetizzando elementi del simbolismo profetico appartenenti sia a Zaccaria che a Geremia.

Una valutazione superficiale delle tensioni tra Matteo e Geremia non riesce a cogliere la complessità e la raffinatezza della Mente Suprema alla base della manipolazione del testo sacro da parte di Matteo. Colui che assume errori da parte dei redattori biblici non riesce evidentemente a sondare le profondità degli scritti ispirati in modo adeguato, per scoprire l’ingegnosità e il potere che intrinsecamente vi risiedono.


Nota

[1] Parafrastico: agg. [dal gr. παραϕραστικός] (pl. m. –ci). Che costituisce parafrasi o ha carattere di parafrasi: esposizionerielaborazioneinterpretazione p. (di un testo o di un autore). ◆ Avv. parafrasticaménte, mediante parafrasi: esporre parafrasticamente [treccani.it]

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