Omofobia: siamo sicuri di sapere cosa significa questa parola?

omofobiaQuando e quanto è errato giudicare una persona come “omofoba”?

La parola omofobia viene generalmente espressa verso quella persona che non “tollera” lo stile di vita omosessuale, o comunque che esprime una certa forma di disprezzo, discriminazione e razzismo verso la persona gay. A mio avviso è errato schierarsi contro la persona “perché” la persona gay è una persona come me e come te, caro lettore, solo che ha deciso di seguire uno stile di vita specifico, così come il fumatore ha deciso di seguire lo stile di vita del fumo pur sapendo che il fumo uccide. Solo che il fumatore sa che il fumo uccide, l’omosessuale non sa che l’omosessualità porta alla stessa fine (almeno in termini spirituali). È questione di una scelta quando si ha la conspevolezza di ciò che si è e si potrebbe non essere, volendolo.

La parola omofobo deriva da due parole greche: omos (stesso, uguale) e phobos (paura, timore). Omos può essere applicato a qualunque cosa, non per forza ad un essere umano solo perché la pronuncia della parola “omos” è simile a “uomo, homo” etc.

Così come esiste la parola omo-sessuale (letteralmente stessa-sessualità) esiste anche la parola omo-fobia (letteralmente, paura di un qualcosa di “uguale”; proprio come l’etimologia del termine esige). La parola è quindi omos+phobos = omophobos, vale a dire avere paura dell’omos, “di una cosa uguale”, da non confondere con homo (genere di primato), humus (terrestre) e anthropos (uomo, essere umano).

Da phobos si ha “fobia”, per definizione: avere una paura patologica di qualcosa. Quindi, perché coloro che non “tollerano” (cioè sono contrari) lo stile di vita omosessuale vengono definiti “omofobi” quando la stessa etimologia della parola, in realtà, non indica una “intolleranza” ma una “paura”? Sbagliato definire una persona “ostile” come essere “fobiaca” dell’omos, perché il “fobiaco” (da “phobos”) indica una paura, non una intolleranza. Se io fossi “intollerante” ad un alimento, non significa che io ho paura di quell’alimento che il mio corpo non tollera (allergia, non digeribilità, etc.). Io potrei avere delle intolleranze verso gli omosessuali, cioè non condividone il loro stile di vita, ma questa intolleranza non implica ad una mia paura (phobos) verso di loro quanto a persone o verso di loro quanto allo stile di vita che seguono.

Se io fossi un omofobo nel senso letterale del termine (cioè uno che ha una paura patologica di una cosa uguale) avrei paura anche di incontrare una persona del mio stesso sesso, etero o gay che sia. Se fossi realmente una persona omofoba per come intende l’etimologia della parola stessa, al solo pensiero che il mondo sia pieno di uomini di sesso maschile come me (cioè omos/uguale al mio stesso sesso) dovrei non uscire più dalla mia stessa camera da letto per paura di incontrare mio padre, i miei fratelli maschi, mio figlio, i miei parenti maschi e tutti gli uomini di sesso maschile che si possono incontrare per strada, a scuola, sul posto di lavoro, al supermercato, ovunque. Una phobia di questo tipo non fa distinzioni di età, infatti anche vedere il volto di un bellissimo neonato maschietto dovrebbe farmi venire una paura marcia, se di phobia si parla.

Se non si specifica in “cosa” si è omofobi, ci si può definire omofobi a tutto ciò che è uguale a un’altra cosa.

Se qualcuno provasse davvero paura quando incontra un omossessuale per strada o dentro un ascensore, dovrebbe usare il termine “gayfobo” o sarebbe più logico usare le parole “omosessualofobia” o “omosessualofobo” per essere più precisi.

Omo-phobo è molto vasto per la vera idea che vuole esprimere, perché indica la paura di una qualsiasi cosa che sia “uguale” a un’altra cosa. Si può essere omofobi anche quando si incontrano due fratelli gemelli che sono, appunto, omos, uguali. Potrei avere paura di due penne perfettamente uguali, potrei avere paura del mio paio di scarpe nuove, dei miei guanti di lana, del mio paio di occhiali da lettura, poteri anche avere paura del mio stesso riflesso su uno specchio! Questo è il vero significato di omofobia.

Quindi, cari amici, prima di giudicare una persona come “omofoba” (molti di voi forse non sapevano nemmeno quale fosse l’etimologia originale di questa parola prima di leggerla in queste righe), sappiate cosa state dicendo. In sostanza, come dice spesso Vittorio Sgarbi nelle sue apparizioni televisive quando sbraita contro qualche povera “capra”: «se le cose non le sai, perché parli?».

La persona omofoba non è la persona che non tollera i gay, ma è quella persona che ha paura di un qualcosa qualsiasi che sia uguale ad un’altra cosa. Omofobo non fa riferimento in modo specifico ad un soggetto che sia un essere umano, animale o cosa. Può essere qualunque cosa, purché venga specificato il “cosa” mentre la si pronuncia. Insomma, omofobo, non indica tassativamente quello che la gente è abituata a credere. Ricordo: “omosessualofobo” sarebbe la parola più consona da usare, ma solo nel caso in cui si ha paura degli omosessuali. Se qualcuno è in grado di coniare un termine che esprimi l’intolleranza verso un pubblico gay, lo faccia, purché non usi “omofobo” perché non è ciò che l’idioma vuole esprimere veramente.

13 Risposte a “Omofobia: siamo sicuri di sapere cosa significa questa parola?”

  1. quindi? viene coniato il neologismo “misoomo”? scusate, ma i candidati alla misoomia avrebbero urgenza di arrivare al risultato, prima che Zan e i suoi accoliti non permettano più di esprimere e praticare una sana e sempre più irrefrenabile misoomia. Anzi, forse è meglio aspettare che sanciscano la legge, la quale – non contemplando il reato di misoomia – non si applicherebbe al caso. Si accettano consigli di tipo terminologico.

  2. Carissimo Daniele , che tu l’abbia saputo direttamente da certi omosessuali di conseguenze spirituali ,non può valere per tutti i milioni che vivono felici il loro essere se stessi . Usare qualche testimonianza come vale per tutti e credo che tu ne abbia preso lo spunto per usarlo discevolmente per pura discriminazione. Detto questo , non può non essere percepito dal tuo articolo ostilità intellettuale nei confronti dell’omosessualità , anche se hai girato su certi concetti con parole meno diretti e occultanti.

    1. Carissima Justine, la faccio breve per non risultare alquanto prolisso.

      Ammettiamo che io abbia “girato” con parole meno dirette e occulanti, ma vediamo alla Parola di Dio che è diretta e palese.

      “Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, 10 né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio”.

      1Corinzi 6:9-10

      Perciò, è bene non illudere le persone di essere sé stesse e felici seguendo una vita che “per loro” è normale, perché è totalmente falso. Quindi evitiamo i commenti iperbuonisti, e guardiamo in faccia la realtà.

  3. sono finito qua perché cerco il termine che cerchi anche tu; solo che non mi preoccupo per la parte omo- , in quanto è generalmente accettato che si tratta di “stesso sesso” per convenzione; mi urge piuttosto la parte -fobia, in quanto significa paura, terrore. Siccome io vorrei esprimere il concetto di avversione, e non di paura, fobia non si addice, in quanto è uno stato patologico che non descrive il mio sentimento. Mi viene in soccorso la parola greco-antica “miso”; ma se provo a coniare omomiso, o misòomo, suona cacofonico.
    Suggerimenti?

    1. Gentile Francesco, benvneuto nel blog.

      Personalmente non avrei suggerimenti sul termine più adatto per esprimere il concetto di avversione. Tuttavia, cacofonico o meno, esistono parole ben più cacofoniche di quella da te espressa, eppure sono usate con una certa parsimonia ed eloquenza. Tipo “bimbominkia”. Non si può sentire proprio!

      1. Bene, allora – al fine di tutelare la dignità dei “misòomi”, che non vogliono essere considerati dei casi patologici per via della loro (omo)fobia – vorrei che convocassi dal tuo blog una grande consultazione popolare per sancire l’accettazione del termine misoomia come definizione dell’avversione all’omosessualità.
        Una campagna libertaria!
        grazie per l’ospitalità.

          1. così hai abdicato alle tue responsabilità: lanci il blog, lanci il dibattito, e poi ritiri la mano? E allora in questo mondo opprimente, tocca a me lanciare il grido libertario: IO SONO MISÓOMO! perché io non sono l’essere fobico & patologico in cui i progressisti vorrebbero ingabbiarmi. Semplicemente – e senza fobìe – mi oppongo all’omologazione del pensiero, dove tutti sono omogenei, tutti uguali, tutti possono essere tutto, basta illudersi di poterlo essere, ma alla fine sono niente. Un’ illusoria identità auto-assegnata, cangiante e liquida è destinata a defluire nei tombini della Storia.

    2. misoomia è il termine etimologicamente giusto. Se poi misomo è cacofonico io dico… e “chissene?”. L’italiano è già sotto attacco con anglicismi vomitevoli. Cerchiamo almeno di rispettare l’etimologia. Omofobia vuol dire “paura del simile o di se stesso” e non odio-avversione. Se essere omofobi è un reato allora cominciamo a incarcerare anche gli agorafobici, gli aracnofobici, i claustrofobici, gli entomofobici, ecc ecc. Miso deriva dal greco odio ( misoginia, misogamia, misantropia, misandria, misoxenia ( e non xenofobia),

  4. Esattamente a quali conseguenze negative spirituali porterebbe l’omosessualità? Se mi dici la mancata riproduzione della specie, allora che dire dei preti e delle suore? E comunque, che l’omosessualità uccide spiritualmente lo hai saputo da Dio stesso? O dalle scritture? Perché se non sono visioni di Dio, per quanto possano essere messe in dubbio anche quelle, io sinceramente mi sento di dire che queste affermazioni sono una gran cavolata.
    Anche nel caso in cui tu abbia ricevuto messaggi direttamente da Dio, per me rimane una cavolata, ma almeno in quel caso rispetterei di più questa credenza perché viene da un’esperienza diretta.
    Saluti.

    1. Caro Mario Scuderi.
      Se si appellano le “conseguenze negative spirituali”, cosa c’entra la mancata riproduzione che interessa la sfera del carnale, quindi del materiale?
      Carne e spirito sono due cose differenti.
      Tuttavia, non ho saputo solo dalle Scritture e da Dio che l’omosessualità porta ad una morte spirituale, ma direttamente da ex omosessuali. Chi meglio di un EX omosessuale può rendere testimonianza di ciò?
      Per cui, caro Mauro Scuderi, ti chiedo la cortesia di usare un tono meno aggressivo, anche perché nel mio articolo non mi pare di essere mancato di rispetto a qualcuno.

      Saluti.

  5. ottima riflessione…effettivamente è una parola composta che presa di per se non permetterebbe di vivere ne dentro ne fuori casa, dunque assolutamente folle..

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