Morte di Anania e Saffira, una possibile esecuzione capitale

Nel Nuovo Testamento vi sono alcuni casi biblici in cui mi sembra di ravvisare lo stile narrativo di alcune pagine dell’Antico Testamento. Nel senso che la “crudezza” con la quale vengono riportatate alcune informazioni, a mio avviso fa ritornare alla memoria il giudizio che YHWH riversava sugli uomini iniqui. Un paio di questi casi si trovano nel libro degli Atti degli Apostoli. Il primo è il caso di Anania e Saffira, il secondo è il caso di Erode. In questa sede vi parlerò solo del caso di Anania e Saffira.

Per meglio capire di cosa si sta parlando, vediamo da vicino il brano in questione per poi commentarlo.

Atti 5:1-11 | Anania e Saffira

«Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà, e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e, un’altra parte, la consegnò, deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: “Anania, perché satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio». Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono.
Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: “Dimmi”, le disse, “avete venduto il podere per tanto?” Ed ella rispose: “Sì, per tanto”. Allora Pietro le disse: “Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te”. Ed ella in quell’istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito. Allora un gran timore venne su tutta l’assemblea e su tutti quelli che udivano queste cose»

Anania e Saffira mentono allo Spirito Santo, cioè a Dio, e questo fu il motivo che causò la morte di entrambi i coniugi. Una morte avvenuta non in modo istantaneo al compimento del peccato, ma dopo che l’apostolo Pietro venne a sapere del loro peccato. Ricordo che questa vicenda è narrata nel Nuovo Testamento, non nell’Antico, il che si potrebbe dire che il Dio dagli “occhi a cuoricino” del Nuovo Testamento non è tanto diverso da quello “iroso” dell’Antico. Anzi, sono proprio lo stesso Dio.

Trattasi, quello di Anania e Saffira, di un caso di bestemmia contro lo Spirito Santo, un peccato che la Scittura presenta come eternamente imperdonabile (Mc 3:29; Lc 12:10). Generalmente la teologia tradizionale, specialmente nell’àmbito cristiano pentecostale, sostiene che solo Satana (con la S maiuscola) può essere reo di questo peccato, poiché – si dice – Dio perdona sempre tutti, tranne Satana. Questa interpretazione è del tutto errata per diversi fattori; prima di tutto la Scrittura non insegna nulla di tutto questo, ma poiché l’argomento va a toccare anche il vasto tema della satanologia, qui non mi dilungo oltre, ma spiegherò brevemente solo alcuni principi basilari che ho già ampiamente spiegato in un saggio disponibile gratuitamente online (clicca qui) e a cui rimando il lettore per ulteriori approfondimenti.

Il gergo ebraico

Nel gergo ebraico, quando una persona si lascia sopraffare dal proprio istinto negativo (yetzer hara), non si dice che viene attaccata da un presunto signore delle tenebre, Satana, colui che porta lo scettro del regno degli inferi. Secondo la forma mentis ebraica di ogni tempo, il satàn non è mai stato nulla di tutto questo, mai è considerato come un’entità personale esterna all’uomo, come la teologia tradizionale afferma, ma è un’attitudine astratta negativa che l’uomo porta dentro di sé fin dalla giovinezza (Gn 6:5; 8:21). Poiché l’ebreo è sempre stata una persona molto concreta, ciò che è astratto lo ha sempre “personificato” nonostante non si trattasse di qualcosa che esistesse realmente. Esiste anche l’attitudine o istinto positivo (o tendenza al bene) che l’ebreo chiama yetzer hatòv, contraria alla yetzer hara. Ciò che personifica un’inclinazione maligna umana è solo l’errata interpretazione della Scrittura da parte di una mente occidentale o occidentalizzata.

Alla luce di quanto detto sopra, «satàn riempie il cuore» di Anania tanto da indurlo a mentire allo Spirito Santo, facendo inizialmente credere agli apostoli di aver venduto un podere ad un prezzo piuttosto che un altro. In questo modo, i due coniugi, di pari accordo, hanno venduto una loro proprietà senza che nessuno glielo avesse chiesto – e fin qui nulla di strano -, se non che il motivo che li spinse ad agire in questo modo era solo quello di ottenere onore e gloria dalla chiesa. La mania di protagonismo li portò a questo. Pare evidente, perciò, che andare alla ricerca della gloria agli occhi degli uomini, per di più con l’inganno, è uno dei motivi che può macchiarci del peccato «eternamente impedonabile», la bestemmia contro lo Spirito Santo. Tuttavia, com’è possibile mentire allo Spirito Santo, che è Dio stesso, dato che Egli sa ogni cosa in anticipo? Cosa passava per la testa dei due coniugi? Non sapevano forse che Dio li scrutava nelle loro azioni? Inoltre, non si sapeva già che non è possibile mentire o tentare Dio? Ebbene, lo Spirito Santo di cui si parla in questo brano non è Ruach HaQodesh, “Lo Spirito Santo” quale entità divina, ma l’autorità che Dio aveva elargito agli stessi apostoli.

Gli apostoli della prima ora detenevano (non solo) l’autorità amministrativa della chiesa, infatti è scritto che quando i santi vendevano le loro proprietà, il ricavato delle vendite veniva «deposto ai piedi degli apostoli» (At 4:35,37; 5:2), e cioè sotto la loro responsabilità e autorità di gestione amministrativa per il bene di tutti i bisognosi (non che ne facessero uso privato). Comportandosi in questo modo, pensando di ottenere gli onori da tutta la chiesa e una buona posizione all’interno di essa (quanti, oggi, aspirano a questo?), la verità venne allo scoperto finché non lo vennero a sapere anche gli apostoli. L’indole malvagia (satàn) di questa coppia contaminò il loro cuore, tentando lo “Spirito Santo” (ricorda, «Dio non può essere tentato», Gm 1:13 per cui non è lo Spirito Santo di Dio di cui si sta parlando), e cioè l’autorità stessa degli apostoli, perché se la causa fosse stata realmente di Satana (quello della teologia), allora la colpa sarebbe stata tutta sua e non della povera coppia. La colpa, invece, è tutta loro perché la decisione è stata presa da loro di comune accordo e non in accordo con “Satana”! Se la colpa fosse stata di Satana allora è strano che gli apostoli non pregarono o comunque fecero qualcosa per allontanarlo dalla comunità dei santi. Anania e Saffira non hanno mentito agli apostoli quanto a uomini, ma alla loro autorità apostolica elargitagli da Dio quanto a Suoi inviati. Mentire allo Spirito Santi equivaleva a dire agli apostoli una cosa per un’altra.

Leggendo il brano sembra che Anania e Saffira siano stati colti da un male improvviso, un infarto o qualcosa di mortalmente simile: un tangibile, visibile ed agghiacciante segno del giudizio di Dio… si potrebbe pensare. In realtà le cose non sono andate proprio in questo modo, nel senso che ad ucciderli non è stato “Dio in persona”, ma fu la decisione presa dall’autorità apostolica con conseguente (e forse immediata) esecuzione capitale. Poc’anzi si è detto che «deporre ai piedi degli apostoli» significa consegnare all’autorità amministrativa di questi ultimi il ricavato delle vendite. Subito dopo si dice che Saffira «cadde ai suoi piedi», cioè ai piedi dell’Apostolo Pietro, vale a dire che morì come conseguenza dell’autorità decisionale dell’apostolo. Il linguaggio è lo stesso e non occorre fare acrobazie linguistiche per capirlo, con un dizionario in mano. Ciò significa che la morte fu indotta «dall’autorità» (alias, stare ai piedi di qualcuno significa essere sottoposti alla sua autorità) di Pietro stesso. Pietro, da scrupoloso giudeo ortodosso, fece sì che Anania e Saffira venissero puniti per quello che avevano escogitato. Sempre nel medesimo brano vengono menzionati altri «piedi», ovvero «i piedi di quelli che avevano seppellito il marito» di Saffira. La clausola significa che «l’autorità di coloro che avevano seppellito Anania avrebbe seppellito anche Saffira».[1]

Il peccato imperdonabile è valido solo se rivolto contro lo “Spirito Santo”, ma non contro il Figlio dell’uomo: che significa?

Perché Marco e Luca affermano che la bestemmia nei confronti dello “Spirito Santo” è imperdonabile, mentre l’imprecazione rivolta al Figlio dell’uomo, cioè al Messiah, è perdonabile? Perché si fa questa distinzione? Perché il Figlio dell’uomo tollera un peccato simile, mentre lo Spirito Santo no?

Anzitutto, a smentire quella falsa dottrina secondo la quale solo Satana sarebbe passibile di questa impedonabilità eterna, è Marco 3:9, in quanto dice «chiunque avrà bestemmiato». Se la mia comprensione (binàh) non mi inganna, «chiunque» significa «chiunque» e non è riferito a «uno solo» (che sia Satana o altro soggetto). Marco e Luca si completano perché il primo dice che il peccato eterno è attribuibile solo a chi bestemmia contro lo Spirito, il secondo dice in più che «chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato». Cioè, si può parlare male di Yeshùa uomo (maldicenza, lashòn hara), ma non si può bestemmiare (bestemmiare, mentire, ingannare, tentare, prendersi gioco di…) lo Spirito Santo, Dio. La bestemmia (blasphemia) e il parlare contro qualcuno sono due cose distinte sebbene i due concetti sembrano essere molto simili.

Viene presentata l’intollerabilità da parte dello Spirito Santo, cioè di Dio, perché cominciò a dimorare negli uomini. Il Tempio dello Spirito Santo divenne il corpo fisico dei santi, il che significa che bestemmiare contro di Lui equivaleva a voler ingannare l’autorità divina elargita agli apostoli della prima ora e a cui venne data l’autorità di governare la Chiesa in nome di Yeshùa. Lo Spirito Santo da allora non fu più un “agente esterno” che stava «sopra» il popolo di Dio e al quale si poteva bestemmiare direttamente, ma quell’agente divino che finalmente cominciò a dimorare «dentro» i santi quali Suo Tempio fatto di carne e non di mattoni, manifestandosi attraverso l’autorità apostolica seguita da segni e prodigi.

Anania e Saffira sono stati a mio avviso giustiziati dopo che Pietro ebbe preso la decisione di far eseguire la pena capitale, naturalmente non per il gusto di uccidere persone, ma per far capire che con gli apostoli e con il corretto funzionamento della Chiesa di Cristo non bisognava scherzare. Pietro, che era un giudeo osservante e ricordando le parole della Toràh, fece «togliere il male in mezzo a lui» anche attraverso l’esecuzione capitale. Non poter ricevere più il perdono da Dio per via della bestemmia contro l’autorità dei Suoi servi, gli apostoli, significava anche non avere più senso vivere. Non ha senso vivere se non si può ricevere perdono eterno, perché se Dio concede la vita è per fare sì che gli uomini maturino in santità e conoscenza e soprattutto per portare frutto. Queste cose «facevano crescere gran timore su tutta l’assemblea [la chiesa]». Probabilmente, coloro che seppellirono Anania e Saffira furono coloro che all’atto pratico eseguirono l’esecuzione della pena sotto l’ordine di Pietro.

La bestemmia contro lo Spirito Santo oggi

Da 2000 anni a questa parte le bestemmie nei confronti di Ruach HaQodesh sono aumentate, ma anche nei confronti dell’autorità spirituale che Dio, per mezzo dello Spirito, ha elargito ai Suoi santi servi. Oggi si ha sempre meno rispetto per le autorità, al contrario di una volta. La bestemmia contro lo Spirito Santo, come si è detto, equivaleva a mentire e a prendersi gioco dell’autorità apostolica dei veri apostoli, mentre oggi, paradossalmente, sono quei non pochi sedicenti e falsi apostoli a prendersi gioco dei veri apostoli, di Dio e dei santi di tutta la Chiesa! La situazione si è vertiginosamente e vergognosamente ribaltata. Se le cose avessero continuato a funzionare come 2000 anni fa, la Chiesa oggi sarebbe tutta unita, saprebbe cosa è il vero timore di Dio e porterebbe il vero nome di Cristo (anziché il nome di 50.000 denominazioni), e la mondanità oggi presente sarebbe assente. Finché i 12 Apostoli erano in vita (più Paolo e i suoi collaboratori), la Chiesa funzionava molto bene, ma dopo la loro morte cominciò a cadere nell’apostasia, la stessa apostasia di cui oggi tutti facciamo parte. Nessuno ne è esente e nessuno si senta più giusto di un altro.

Il caso di Anania e Saffira ci serva come esempio, perché se nella Scrittura non si verificano casi simili a quello loro, vuol dire che realmente «tutta la Chiesa» di allora, sentendo queste testimonianze, «provò gran timore» per l’autorità degli apostoli. Nessuno si sognava di comportarsi empiamente come Anania e Saffira, in primo luogo perché è sbagliato, in secondo luogo perché nessuno voleva essere reo del peccato imperdonabile.

La Scrittura presenta una legge piena di grazia e una grazia piena di legge.

Nota

[1] Per rendere meno cruda questa interpretazione, si potrebbe optare per un’altra visuale. Il brano non andrebbe letto alla lettera ma nella sua allegoria. Anziché indurre la coppia ad una morte fisica (dove in effetti non si parla esplicitamente di un’esecuzione capitale), la coppia fu semplicemente bandita dalla comunità, considerandola come morta spiritualmente e non degna di essere riammessa in assemblea (cioè seppellita). E questo è ciò che poteva avvenire realmente all’interno della Chiesa dopo i provvedimenti presi nel Bet Din (tribunale). Prendersi gioco dell’autorità degli apostoli poteva comportare questo severo provvedimento. La Scrittura, per ben rimarcare il concetto che toccare un vero servo di Dio equivale[va] a toccare una Sua pupilla, in 2Re 2:23-25 parla della vicenda di un gruppo di giovani che insultò il profeta Eliseo dandogli semplicemente del «calvo». Le conseguenze di quell’insulto che potrebbe sembrare assai banale, comportò la morte di 42 giovani tramite l’intervento fulmineo di due orse fameliche sbucate dai boschi.

2 Risposte a “Morte di Anania e Saffira, una possibile esecuzione capitale”

  1. Gent.le sig. Salamone, le chiedo scusa, ma non ho capito una cosa. Nel suo articolo lei parla come se lo “Spirito Santo” descritto nei vangeli, fosse effettivamente una entità superiore. Ecco, mi domandavo: lei che prove ha?

    1. Se cerca delle “prove” riguardo alla sfera spirituale, faccia le sue esperienze spirituali con lo Spirito Santo, e allora le prove le otterrà. Per certe cose la teoria e la prova empirica serve a ben poco. La prova empirica potrà averla soltanto vivendo lo Spirito Santo sulla sua pelle.
      Shalom

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