Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti…

Questa mattina mi sono accinto alla lettura dell’Epistola di Paolo agli Efesini al capitolo 5 e ho avuto come una sorta di “intuizione”. Se ho detto “intuizione” è per non usare l’innominabile termine “rivelazione” perché, purtroppo, a molti dà fastidio e conferirebbe alla mia persona “un’autorità” che non mi spetterebbe. E ci può anche stare.

Tuttavia, questa Epistola, in particolar modo il capitolo 5, mi è sembrata ricca di messaggio velato in quanto, a una lettura superficiale delle parole espresse (non in senso negativo ma in senso di “superficie”), ci si ferma solo a considerare quello che è l’aspetto terreno che, in realtà, è più trascendente di quanto sembra. L’aspetto materiale scaturisce anche da un approccio letterale equivoco, vale a dire «così è scritto così bisogna capire», quando in realtà approcciando l’aspetto letterario (e non letterale), bisogna rassegnarsi all’idea che il «così leggo» è da mettere da parte (ma da non escludere).

Quindi, focalizzandoci alla lettura in superficie del capitolo 5, sembra che il redattore biblico sia andato fuori contesto, perché la sua epistola da una parte è principalmente focalizzata sulla condotta dei credenti all’interno del Corpo di Cristo, da un’altra parte comincia improvvisamente a parlare di un qualcosa che va ben al di fuori di questo tema. Mentre nei primi 21 versi Paolo esorta i santi di Efeso a comportarsi come «figli di luce» (v.9) e «non da stolti, ma da saggi» (v.16), tutto ad un tratto, l’Apostolo si prende come la briga di spendere qualche parola sulle mogli e i loro rispettivi mariti (vv.22-33), entrando quindi nei fatti “privati” delle famiglie come se queste ultime non fossero già consapevoli dei ruoli da rispettare all’interno delle mura domestiche. Si dà per assodato che Paolo stesse parlando delle coppie coniugate anche leggendo l’equivoco titolo che i traduttori assegnano a questo paragrafo dell’epistola, come nel caso della Nuova Riveduta: Mogli e mariti.

Cercando di capire il contesto di questa presa di posizione da parte di Paolo nei confronti della coppia coniugale, mi sono chiesto quale potrebbe essere stato il motivo di questo intervento fuori luogo da parte sua. Come mai questo “attacco esortativo” improvviso fuori contesto nei confronti della moglie se in precedenza non si stava parlando di “faccende di casa” ma di faccende di Chiesa? Paolo si stava riferendo letteralmente alle coppie sposate? Oppure, in modo velato al lettore indiscreto ma chiaro a coloro ai quali erano indirizzate quelle parole, si voleva dire altro? A meno che dovremmo pensare che al verso 21 Paolo abbia smesso di scrivere, per poi riprendere l’Epistola in un secondo momento cambiando completamente discorso. Vediamo più da vicino i versetti 22-33, consigliando comunque la lettura intera di tutto il capitolo:

«Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama sé stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma d’altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama sé stesso; e altresì la moglie rispetti il marito»

Adesso, il lettore provi a rileggere il brano di cui sopra utilizzando le chiavi di lettura che propongo qui di seguito, tenendo conto che Paolo ha espressamente detto che il suo discorso è rivolto «a Cristo e alla chiesa» e non alla coppia sposata in senso letterale (il principio espresso da Paolo, tuttavia, può essere anche applicato alla coppia sposata):

  • «mogli» = chiese locali;
  • «corpo» = Chiesa (insieme delle chiese locali);
  • «mariti» = anziani;
  • «chiesa» = Corpo (di Cristo);
  • «Cristo» = il Capo della Chiesa;
  • «persona» = identità;
  • «l’uomo» = figlio/discepolo;
  • «padre» = apostolo;
  • «madre» = assemblea;
  • «carne» = membra (del Corpo);

«Chiese locali, siate sottomesse ai vostri anziani, come al Signore; l’anziano infatti è capo della chiesa locale, come anche il Capo della Chiesa è capo del Corpo, Lui, che è il Salvatore della Chiesa. Ora come il Corpo è sottomesso al Capo della Chiesa, così anche le chiese locali devono essere sottomesse ai loro anziani in ogni cosa. Anziani, amate le vostre chiese locali, come anche il Capo della Chiesa ha amato il Corpo e ha dato sé stesso per lui, per santificarlo dopo averlo purificato lavandolo con l’acqua della Parola, per farlo comparire davanti a sé, glorioso, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santo e irreprensibile. Allo stesso modo anche gli anziani devono amare le loro chiese locali, come la loro propria identità. Chi ama la propria chiesa locale ama sé stesso (riferito agli anziani). Infatti nessuno odia la propria identità, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche il Capo della Chiesa fa per il Corpo, poiché siamo membra della sua Chiesa.

Perciò il discepolo lascerà il proprio apostolo e la sua assemblea e si unirà alla propria chiesa locale e i due diverranno un membro solo.

Questo mistero è grande; dico questo riguardo al Capo della Chiesa e al Corpo. Ma d’altronde, anche fra di voi (riferito agli anziani), ciascuno individualmente ami la propria chiesa locale, come ama sé stesso; e altresì la chiesa locale rispetti l’anziano»

A me sembra di scorgere un chiaro messaggio di Paolo nei confronti dell’autorità conferita all’anziano a cui viene affidata una chiesa locale quando si separa dalla propria assemblea di provenienza. Il chiaro intento di Paolo, da buon Apostolo, era quello di far crescere il Corpo di Cristo, fondando nuove assemblee (ekklesie). Come un padre (apostolo) che dà al figlio (discepolo poi anziano) una casa (chiesa locale) dove abitare (ministrare la Parola), anche l’Apostolo fa altrettanto: fonda un’ekklesia (chiesa locale), dopo averla istruita l’affida all’anziano (o anziani se numerosa) che prima era discepolo fidato, e poi si “sposa” con la chiesa locale a lui affidata come si fa con la propria fidanzata.

Analisi del testo in sé

«Chiese locali, siate sottomesse ai vostri anziani, come al Signore; l’anziano infatti è capo della chiesa locale, come anche il Capo della Chiesa è capo del Corpo, lui, che è il Salvatore della Chiesa»

Il passaggio di cui sopra è molto chiaro: pur assegnando all’anziano l’autorità nella chiesa locale che gli è affidata dall’Apostolo (cioè colui che ha fondato quella assemblea), il Sommo Capo è e rimarrà sempre Cristo, sia della chiesa locale che del Corpo intero. Eppure, soppiantando la figura dell’anziano inclusa l’autorità di cui gode per decreto divino, il cosiddetto “pastore” odierno (non tutti) è quello che viene messo al posto dell’anziano, al vertice della piramide gerarchiale, equivocando che il pastore è in realtà l’anziano di cui parla Paolo in altra sede. La Bibbia non è d’accordo su questo, perché i cinque ministeri sono una cosa, gli anziani e i diaconi un’altra cosa.

«Ora come il Corpo è sottomesso al Capo della Chiesa, così anche le chiese locali devono essere sottomesse ai loro anziani in ogni cosa»

Qui si ribadisce la sottomissione della Chiesa al proprio Capo; parimenti deve avvenire nelle chiese rionali/locali nei riguardi di coloro ai quali sono state affidate. Por molti, sottomettersi «in ogni cosa» è molto pesante da digerire, perché sebbene dichiarino con trombe squillanti di “amare Cristo”, considerano la sottomissione (ordinata da Paolo e quindi su approvazione divina) come una forma di schiavitù con le conseguenti sofferenze. Nulla di tutto questo; se la Chiesa sta sottomessa a Cristo “come Cristo comanda”, la Chiesa non soffre; parimenti se le chiese locali si sottomettono agli anziani come la Chiesa nei confronti di Cristo, allora le chiese locali non soffrono e non possono soffrire. Le chiese locali sofferenti sono quelle realtà purtroppo non governate da uomini di Dio, ma da dittatori che si ergono sul pulpito.

«Anziani, amate le vostre chiese locali, come anche il Capo della Chiesa ha amato il Corpo e ha dato sé stesso per lui, per santificarlo dopo averlo purificata lavandolo con l’acqua della parola, per farlo comparire davanti a sé, glorioso, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santo e irreprensibile. Allo stesso modo anche gli anziani devono amare le loro chiese locali, come la loro propria identità. Chi ama la propria chiesa locale ama sé stesso (riferito agli anziani). Infatti nessuno odia la propria identità, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche il Capo della Chiesa fa per il Corpo, poiché siamo membra della Sua Chiesa»

Gli anziani devono impegnarsi ad amare il gregge (assemblea) a loro affidato dall’Apostolo.

Quando abbiamo delle faccende importanti da sbrigare e non possiamo portare con noi i figli più piccoli, li affidiamo a qualche parente o conoscente fidato, oppure in ludoteca, aspettandoci che il “tutor” li tratti bene e che i piccoli non facciano i monelli. Lo stesso vale con il Signore: al suo ritorno terrà conto di tutti quei tutor (anziani) che si sono comportati male e di quei figli (membri delle chiese) che si sono comportati in modo indisciplinato nei confronti dei tutor. Gli anziani sono tenuti ad amare il gregge affidato come figli propri e viceversa nell’attesa che Cristo ritorni (il genitore) per riprendere ciò che ha lasciato (perché non ci lascia orfani, cit.). Così come Dio ha affidato a Cristo l’intera umanità, Cristo ha affidato agli anziani l’intera responsabilità del gregge locale. Come devono comportarsi quindi un anziano e le rispettive pecore? In modo «santo e irreprensibile».

Quindi, ribadisco, che a me pare chiaro che il messaggio velato sia in realtà “svelato”. Usando dei termini di paragone che, leggendoli alla lettera, hanno un significato, mentre leggendoli secondo quel genere letterario rivolto a coloro che stavano vivendo delle imminenti persecuzioni, assumono un significato ben più ampio. Comunque, entrambe le tipologie di letture né si escludono né si contraddicono, si completano.

Sia chiaro, ho voluto suggerire una chiave di lettura che non è la solita, una proposta interpretativa da non trascurare. Per cui, il lettore è invitato ad affidarsi alla Scrittura così come viene tradizionalmente tradotta (e intesa), non tenendo conto di questo studio come “verità”.

3 Risposte a “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti…”

  1. Articolo molto bello. Ringrazio chi lo ha scritto. A mio modesto avviso, anche laddove lo scopo precipuo del discorso fosse un “consiglio” alla Chiesa, Paolo ritiene il marito *capo* della moglie, su questo non ci sono dubbi, anche perché Paolo avrebbe potuto fare una qualsiasi altra analogia, magari una analogia più “neutrale”… Io comunque, in generale, cerco di attenermi sempre al dato letterale, cerco di rifuggire le varie interpretazioni, che sono appunto varie, cioè diverse, e fanno perdere di vista il nucleo intuitivo delle Sacre Scritture (nucleo che non va contestualizzato, non cambia con i tempi, parliamo di “Sacro”).

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