L’idolatria (di Rachél) che conduce alla morte

Ben-Onì è il nome che Rachél ha assegnato al suo secondo figlio qualche istante prima di morire di parto. Ma vediamo più da vicino cosa può significare realmente questo nome.

Il significato di questo nome è potenzialmente ambiguo: (1) probabilmente significa «figlio del mio dolore», per indicare le tragiche conseguenze che circondano la sua nascita; (2) potrebbe significare anche «figlio della mia forza».[1] In questo caso si ribalta una situazione che ha quasi dell’ironico: nel senso che l’ironia della sorte ha voluto che, mentre in 30:1 Rachél suplicò Ya’aqòv di dargli un figlio altrimenti sarebbe «morta», qui la Matriarca muore proprio partorendo un secondo figlio. Inoltre, il nome Ben-Onì, se fosse scritto unito, Benonì, suonerebbe molto simile a Beniamìn.

Come detto sopra, il nome può avere due significati: può derivare da ‘nh,[2] «lutto», oppure da ‘on,[3] «potenza generativa»,[4] «potenza fisica»,[5] «abbondanza».[6]

C’è a mio avviso anche una terza radice verbale connessa a onì che può interessare l’assegnazione di questo nome. Si tratta della radice ‘avén, «disastro», «ingiustizia», «idolatria».[7] Riguardo l’idolatria, questo termine può essere utilizzabile nella sofferenza di Rachél perché va ricordato che la donna aveva sottratto a suo padre Lavàn i famosi terafìm, gli «idoli domestici». Secondo il pensiero antico, la morte di Rachél poteva essere interpretata come una punizione divina non tanto per aver “rubato” qualcosa, ma per essersi dedicata di nascosto al peggior male fra tutti, l’idolatria, il culto dei terafìm. Non a caso, infatti, la morte di Rachél avviene nel contesto immediatamente successivo dalla purificazione dagli idoli. Questo può significare che Rachél potrebbe non essersi purificata, e quindi la sua morte poteva essere interpretata come triste conseguenza della sua idolatria.

In nessuna parte della Scrittura, inoltre, è scritto che Rachél fosse interamente devota a Yehwàh. Rachél probabilmente non confessò mai di aver rubato i terafìm del padre, tenendoli ben nascosti da qualche parte. Al momento della “purificazione”, tutti coloro che avevano avuto a che fare con gli idoli di Shekém dovevano purificarsi prima di accostarsi a Dio. Rachél, invece, non confessando nulla, poté passare tranquillamente inosservata per donna pura, perché serbò con sé quel segreto fino alla morte. Dico “fino alla morte” perché la nomina del suo secondo figlio può fungere da vera e propria confessione, infatti pronunciando il nome Ben-Onì, la donna ha potuto voler dire «figlio della mia idolatria» che è uno dei possibili significati del nome.

Tratto dal mio Commento alla Genesi

Note

[1] Vedi 49:3 per «forza» in questo senso. Cfr. Koehler & Baumgartner, #1276, Halot Lexicon; Bdb Lexicon, #1288 by BibleWorks10. Oppure nella versione a stampa, #1126, #207, p.122.

[2] Vedi Dt 26:14; Pr 11:7; Os 94; Ez 24:17,22. Cfr. Koehler & Baumgartner, #246, Halot Lexicon, by BibleWorks10.

[3] Cfr. Koehler & Baumgartner, #242, Halot Lexicon, by BibleWorks10.

[4] Vedi 49:3; Dt 21:17; Sl 78:51.

[5] Vedi Os 12:4; Gb 18:7; 40:16; Is 40:26,29.

[6] Vedi Os 12:9; Gb 18:12; 20:10; Ecc 1:16; Pr 11:7.

[7] Cfr. Koehler & Baumgartner, #241, Halot Lexicon, by BibleWorks10.

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