Identità | parte #4

[leggi la terza parte dello studio]

Immagine e somiglianza di Dio

Quali sono, dunque, le caratteristiche peculiari che paragonano l’uomo a Dio, nel differenziarsi dalla creazione inferiore e che gli permette di sottomettere la Terra?

Ci sono diversi aspetti che meritano di essere esplorati per rispondere a domande di questo tipo. Quelli elencati qui sotto certamente dovrebbero essere inclusi ad una tale esplorazione, tuttavia non sono elencati in un ordine specifico di importanza o priorità.

In primo luogo, l’uomo è in grado di parlare. Anche se alcuni potrebbero considerare che si tratti di una caratteristica banale circa la somiglianza dell’uomo con Dio, le Scritture insegnano il contrario. Dio, nei Suoi rapporti con il genere umano, ha rivelato se stesso come un Dio che parla. La frase «e Dio disse» si verifica dieci volte solo in Genesi 1. Quando Dio ha parlato ha creato «i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi» (Esodo 20:11; Salmo 33:6-9), e ha parlato anche per comunicare con l’uomo (Genesi 1:28). Poi, subito dopo Dio creò Adamo, ordinandogli di nominare le creature che Lui gli condusse davanti a lui (Genesi 2:19). Adamo assegnò un nome agli animali della terra; ha rivolto la parola all’aiutante che Dio gli aveva creato come «donna/moglie» (ishàh); e, più tardi, quando cerca di giustificare le sue azioni peccaminose, marito e moglie hanno rivolto delle scuse assegnando delle colpe ad altri (Genesi 3: 9-13): Adamo incolpò Eva ed Eva incolpò il “serpente” – tutti ciò indica che l’uomo è stato creato con la capacità della parola, particolare che agli animali manca (infatti il “serpente” non è un serpente).

In secondo luogo, l’uomo è in grado di scrivere, di migliorare la sua formazione, accumula conoscenza e sviluppa capacità. La Bibbia parla di due occasioni in cui Dio stesso ha scritto qualcosa. Il primo, naturalmente, era sul monte Sinai, quando diede i Dieci Comandamenti a Mosè: «Ed egli diede a Mosè, quando aveva fatto finito di parlare con lui sul monte Sinai, le due tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte con il dito di Dio» (Esodo 31:18). La seconda volta è stata in occasione della festa di Baldassarre: «In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere, di fronte al candeliere, sull’intonaco della parete del palazzo reale. Il re vide quel pezzo di mano che scriveva» (Daniele 5:5; cfr. 5:24-28). La stessa scrittura è una dei più grandi successi dell’intelletto umano. Finora nessun animale è riuscito a sviluppare una capacità espressiva e comunicativa simile.

In terzo luogo, l’uomo è creativo. In Genesi 1-2, le parole «creare» (barà) e «fare» (asàh) vengono usate quindici volte per indicare l’opera di Dio. La Sua onnipotenza è vista nella Sua capacità di creare qualcosa dal nulla, semplicemente parlando e portando in esistenza (cfr. Ebrei 1:3). Il sorprendente e intricato design della Sua creazione testimonia la Sua capacità creativa. Come Dio, anche l’uomo è in grado di creare e inventare, anche se lo fa su un piano nettamente diverso. Si consideri la creatività nei dipinti di Caravaggio, la musica di Beethoven o gli scritti di Omero. L’uomo ha costruito mezzi in grado di viaggiare oltre l’atmosfera terrestre; ha prodotto cuori artificiali per i malati e continua a costruire computer in grado di elaborare miliardi di informazioni in una sola frazione di secondo. Gli animali, secondo le nostre attuali conoscenze, non possono fare queste cose perché non hanno l’intrinseca capacità creativa di cui Dio ha dotato l’uomo. I ragni non imparano a tessere ragnatele, ma possono farlo in modo naturale; i castori possono costruire capanne affascinanti e gli uccelli possono costruire nidi accoglienti, ma sono guidati dall’istinto perché il creatore li ha dotati di queste capacità innate. Anche se un uccellino appena nato non vede la madre costruire il nido, quando crescerà saprà farlo naturalmente anche lui e magaria anche più bello.

In quarto luogo, strettamente legato alla capacità creativa dell’uomo è il suo dono di ragionamento. Certo, anche gli animali possiedono una misura di comprensione. Possono imparare a rispondere ai comandi e ai segni, e in alcuni casi possono essere addestrati ad utilizzare delle porzioni minime del linguaggio dei segni, come nel caso dello scimpanzé Washoe a cui è stato insegnato buona parte del linguaggio dei sordomuti americano. La più pura e complessa manifestazione della natura simbolica dell’uomo è la sua capacità di pensiero concettuale. Quest’ultimo permette all’uomo di rendersi indipendente dall’istinto che caratterizza il pensiero animale. Gli animali, soprattutto i primati (cioè le scimmie), testimoniano in modo innegabile qualcosa di analogo al pensiero ancora medicalmente diverso, in quanto il loro pensiero è legato alla situazione immediata dello stimolo e all’impulso dell’organismo umano. Il pensiero animale è anche proiettato al regno della sopravvivenza e comprende quindi una varietà di esigenze pertinenti alle specie, nonché per l’individuo. Queste differenze rappresentano la distinzione fra pensiero concettuale, che è prerogativa esclusiva dell’uomo, e pensiero percettivo, funzione cognitiva basata direttamente sulla percezione dei sensi che l’uomo condivide con gli animali. Quindi, il quesito da porsi non è “gli animali possono pensare?”, ma piuttosto “gli animali possono pensare nel modo in cui pensano gli esseri umani?” La risposta, ovviamente, è no.

Una quinta caratteristica inclusa nell’immagine di Dio è la capacità del libero arbitrio dell’uomo circa il fare scelte razionali. Dio stesso è un essere che gode del libero arbitrio, come documentano le Scritture ripetutamente. Il salmista scrisse: «il Signore fa tutto ciò che gli piace […]» (135:6). La libera volontà di Dio è evidente anche in Romani 9:15: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione» (quì non bisogna cadere, però, nel concetto di predestinazione, perché va inteso a cosa voleva riferirsi Dio in questo contesto). Come una creatura volitiva dotata di ciò che spesso definiamo “libero arbitrio”, anche l’uomo, quindi, possiede il libero arbitrio. E come tale, è capace di scegliere il proprio destino. Quando gli animali reagiscono al loro ambiente, sono guidati dall’istinto. La sterna artica viaggia dall’Artico all’Antartico e ritorna a casa ogni anno, con un viaggio di 45 mila chilometri senza preoccupazione per i cambiamenti climatici o per l’ambiente. I salmoni sono in grado percorrere miglia e miglia di oceano senza perdersi, ritornando nello stesso fiume o letto di ghiaia dove un tempo erano nati. Ma a differenza degli animali, l’uomo non si basa in primo luogo sull’istinto per la sua sopravvivenza. Piuttosto, Dio gli ha dato la possibilità di tracciare il corso della propria vita e poi di realizzare i suoi piani in modo razionale. Adamo ed Eva hanno liberamente scelto di mangiare il frutto proibito, nonostante fossero stati istruiti a non farlo (Genesi 2:16-17). Gesù rimproverò i Farisei del suo tempo perché erano «non disposti» ad accettarlo come il Figlio di Dio (Giovanni 5:39-40). Tuttavia Adamo, Eva e Farisei potevano fare una scelta che avrebbe caratterizzato il loro destino!

In sesto luogo, di tutte le creature sulla Terra, solo l’uomo ha la possibilità di scegliere tra il bene e il male. Gli animali non possiedono un innato senso di morale del «dover essere». Un cane potrebbe essere addestrato dal suo padrone a non fare certe cose, e può persino temere una punizione, ma di certo non possiede una coscienza. Un Pittbull non si sente dispiaciuto dopo aver morso qualcuno né si sente in colpa dopo aver mangiato la torta di compleanno del suo padrone. Un leone non ha rimorsi di coscienza quando uccide un giovane gazzella, perché lo fa per nutrirsi. Non c’è alcuna prova, quindi, per dimostrare che gli animali possiedono un qualsiasi senso di moralità o etica. La vera moralità si basa sul fatto della natura immutabile di Dio. Egli è eterno (Salmo 90: 2; 1Timoteo 1:17), santo (Isaia 6:3; Apocalisse 4:8), giusto e retto (Salmo 89:14), e sempre coerente (Malachia 3:6). Nel senso ultimo, solo Lui è buono (Marco 10:18). Inoltre, dato che Egli è perfetto (Matteo 5:48), la moralità, che sgorga da un tale Dio buono, immutabile, giusto e coerente, cioè, esattamente il contrario dell’etica relativa o situazionale del mondo. C’è in ogni uomo, donna e bambino un senso di responsabilità morale che deriva dal fatto che Dio è il nostro Creatore (Salmo 100:3) e che ci ha modellato a Sua immagine spirituale e rappresentativa (Genesi 1:26-27). Come il vasaio ha completa sovranità sopra l’argilla sulla quale lavora (Romani 9:21), il Creatore gode del pieno diritto sovrano sulla Sua creazione poiché nella Sua mano «è l’anima di ogni vivente» (Giobbe 12:10). Come l’antico patriarca Giobbe apprese più tardi, Dio non è un uomo con il quale si possa discutere (Giobbe 9:32; 38:1-3; 42:1-6). Dio non ci ha lasciati alle nostre abitudini per determinare ciò che è giusto e sbagliato, perché sapeva che attraverso il peccato il genere umano sarebbe diventato «insanabilmente maligno» (Geremia 17:9). Pertanto, Dio ha «parlato» (Ebrei 1:1), e così facendo Egli ha fatto conoscere agli uomini le Sue leggi e precetti attraverso la rivelazione che Egli ha fornito in forma scritta nella Bibbia (1Corinzi 2:11; 2Timoteo 3:16-17; 2Pietro 1:20-21). Così, è previsto che l’umanità agisca in modo moralmente responsabile (Matteo 19:9; Atti 14:15-16; 17:30; Ebrei 10:28) in conformità con le leggi e i precetti biblici. Sicuramente questa è una parte del nostro essere stati modellati «a immagine di Dio».

In settimo luogo, l’uomo possiede una coscienza. Durante la stesura della Scrittura ai cristiani di Roma del I secolo, Paolo ha sostenuto che anche gli antichi pagani, che non avevano posseduto alcuna legge scritta da Dio e che non avevano avuto accesso alla Legge di Mosè (senza diventare un proselito ebreo), tuttavia hanno avuto una forma di legge “scritta nei loro cuori” (Romani 2:14-15). Quindi, la loro coscienza o li accusava o li giustificava. Ogni volta che l’uomo viola la propria coscienza si sente colpevole. Inoltre, la coscienza deve lavorare in stretto contatto con il nostro giudizio per indurci a rivedere tale sentenza (vale a dire, il nostro concetto di giusto e sbagliato) per determinare se stiamo agendo in accordo con esso.

In ottavo luogo, esattamente come Dio, anche l’uomo può vivere emozioni. Come esempio di questo punto, si prenda in considerazione 1Giovanni 4:8,16 «Dio è amore», in cui l’Apostolo registra che se siamo stati creati da Dio a Sua immagine, allora anche noi dovremmo essere in grado di amare e irradiare amore. È per questo che Cristo disse ai Suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13:35). Ed è per questo che Paolo ammoniva i cristiani del I secolo, dicendo: «Tra voi si faccia ogni cosa con amore» (1Corinzi 16,14). Dio può sperimentare anche rabbia o indignazione [come ha fatto quando gli israeliti costruirono e adorarono il vitello d’oro (Esodo 32), e come Cristo ha fatto quando si adirò contro i mercanti dal Tempio (Matteo 21:12)]. Così, anche noi possiamo sperimentare una giusta indignazione, adirandoci pure, ma senza peccare (Efesini 4:26). Dio è misericordioso, come Paolo lo ha descritto in 2Corinzi 1:3-5: «Padre misericordioso», e come conseguenza anche noi dobbiamo sforzarci di essere misericordiosi, come Cristo ci ha esortati a fare quando ha detto: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Luca 6:36). Dio è compassionevole, come è evidente dal fatto che Egli ha detto: «“Com’è vero che io vivo” dice il Signore Dio, “io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie! Perché morireste, o casa d’Israele?”» (Ezechiele 33:11). Inoltre, Egli è «paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento» (2Pietro 3:9). Questo è esattamente il motivo per il quale Cristo ci ha comandato: «amate i vostri nemici, fate del bene […]» (Luca 6:35).

In nono luogo, solo l’uomo possiede un’unica e intrinseca inclinazione alla fede; egli ha sia il desiderio che la capacità di adorare. Indipendentemente dall’essere “primitivo” o “evoluto”, e pur vivendo isolato da tutti gli altri esseri umani, l’uomo ha cercato sempre di adorare un essere superiore. E anche quando l’uomo si allontana dal vero Dio, egli è sempre legato ad adorare qualcosa, persino qualcosa di “alieno”. Potrebbe essere un albero, una pietra, o anche se stesso. Come uno scrittore osservato, la prova rivela che nessuna razza o tribù di uomini, per quanto degradata e apparentemente atea, manca di quella scintilla di capacità religiosa che può essere alimentata e inserita in un potente fuoco. L’inclinazione esclusiva dell’uomo per adorare qualcuno o qualcosa, e il fatto che solo lui è suscettibile di Dio (Atti 17:30; Ebrei 14:13), è una parte vitale della immagine di Dio che noi esseri umani portiamo.

Infine, e molto probabilmente più importante, è il fatto che l’uomo porta l’impronta spirituale di Dio per il fatto di possedere un’anima immortale (vedi discussione nel forum Il Biblista). Solo l’uomo è dotato di un’anima immortale; gli animali non possiedono una tale anima. L’uomo possiede quel qualcosa data da Dio che poi ritorna a Lui quando l’uomo muore (Ecclesiaste 12:7). Tale cosa mai si afferma degli animali. La Scrittura si riferisce ad Adamo, il primo uomo, come il figlio di Dio (Luca 3:38), e per l’umanità in generale come «figli di Dio» (Atti 17:29). Nessun animale è mai stato descritto con tale linguaggio e l’uomo è l’unico essere fisico su questa Terra a possedere un’anima immortale datagli dallo Spirito di Dio. (Ebrei 12:9). Questo spirito immortale che è dato da Dio (e che un giorno tornerà a Lui) quasi sicuramente ci rende dei portatori dell’immagine divina. Essa ci paragona a Dio, ci separa dalla creazione più bassa, e ci dà una ragione per vivere e di vivere in conformità alla volontà di Dio!

Conclusione

La Bibbia dipinge un quadro dell’uomo come un essere che si trova su un livello diverso da tutte le altre creature sulla Terra. Nessun altro essere vivente era dotato di quelle capacità, potenzialità e dignità che Dio ha infuso in ogni uomo e donna. Infatti, il genere umano è il picco, l’apice, la corona, il vertice della creazione di Dio sulla Terra. Solo dopo la creazione dell’uomo, Dio poté dire: tov me’od, tradotto solitamente con «molto buono!» ma che in fin dei conti vuole essere un superlativo assoluto: bellissimo! All’uomo è stato ordinato: «riempite la Terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra» (Genesi 1:28). La parola ebraica tradotta con «assoggettare, sottomettere» (kabash) è descritta nello Strong Exhaustive Concordance nel senso di «camminare verso il basso», «portare sotto sudditanza». La stessa parola è usata in Numeri 32:22,29 e in Giosué 18:1 dove viene utilizzata per descrivere la sottomissione e la pacificazione dei nemici d’Israele.

L’autorità preventiva dell’uomo sulla creazione, compreso il regno animale, è stato dimostrato con forza in un colpo solo quando Dio ha concesso il permesso all’umanità di uccidere e mangiare gli animali come fonte di nutrimento (Genesi 9:3-4). È interessante notare, tuttavia, che nello stesso contesto Dio ha specificamente proibito l’omicidio colposo «all’immagine di Dio con cui è fatto l’uomo» (Genesi 9:5-6). Se l’uomo avesse dimostrato delle “azioni di parentela” con gli animali, o se gli animali avessero posseduto un’anima immortale, perché allora Dio gli permette di uccidere i suoi parenti-animali le cui anime non sono niente di diverso da noi? Anche gli animali sono dotati di «alito», «respiro» [dall’ebraico ruàch (Genesi 6:17)]. Uccidere un essere vivente che ha una ruach o nefesh non costituirebbe necessariamente un “omicidio”; la parola stessa “omicidio” interessa l’uomo, altrimenti gli animali non potevano essere sacrificati o macellati e inoltre era Dio stesso a chiederli (e molto spesso no). Il divieto di Dio contro l’omicidio è riportato anche nel Nuovo Testamento (Matteo 19:18). Allo stesso tempo, però, Dio ha ampliato l’elenco degli animali che gli uomini potevano uccidere e mangiare (Atti 10:9-14). Perché quindi gli uomini non possono uccidere altri uomini, mentre possono uccidere gli animali? La risposta, naturalmente, sta nel fatto che gli animali non sono stati creati «a immagine di Dio».

I non credenti sono costretti a concludere che, di fatto, la vita non esisterebbe soltanto, ma che addirittura non ha alcun vero scopo. La verità è, tuttavia, che l’esistenza dell’uomo è tutt’altro che inutile. Solo noi siamo stati creati a «immagine e somiglianza di Dio», e questo per essere dei rappresentanti (rappresentazione) dell’Iddio infinito in una dimensione e creazione finita.

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