Ebla, la Bibbia e il nome “YHWH”

ebla e la bibbia

Ebla è stata, tra il 2.400 e il 1.600 a.C. una delle principali città del Vicino Oriente. Faceva parte di una grande civiltà, che da Ebla e Mari scendeva fino a Kish e alla Mesopotamia meridionale: la civiltà di Kish[1]. Famosa per il suo fiorente commercio che si estendeva dall’Anatolia al Sinai, da Cipro all’Iran settentrionale fino al Golfo Persico e alla Mesopotamia, la città di Ebla è citata varie volte in iscrizioni cuneiformi e geroglifiche. Fu distrutta una prima volta da Sargon di Akkad (XXIV sec. a.C.), come ci viene testimoniato da un’iscrizione votiva d’età Paleo-babilonese, in cui Sargon stesso si vanta della conquista delle città di Mari, Yarmuti ed Ebla. Una seconda distruzione, probabilmente ad opera del re Ittita Murshili I (XVII sec. a.C.) viene ampiamente descritta nell’Epica dell’emancipazione, antico poema Hittita-Hurrita, scoperto a Boghazkoy, l’antica capitale hittita Khattusa.

medio oriente dettaglio ebla

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LA SCOPERTA

Nonostante il nome di Ebla compaia, come abbiamo già visto, in numerosi documenti dell’antichità (della Mesopotamia, Siria, Anatolia e Egitto), la sua precisa collocazione geografica è stata un mistero per tutti gli studiosi. Le ricerche andavano dalle coste del Mediterraneo alle sorgenti dell’Eufrate. Nel 1964, la Missione Archeologica Italiana in Siria guidata dall’archeologo Paolo Matthiae, dell’Università di Roma, iniziava gli scavi a Tell Mardikh nella Siria nord-occidentale, a circa 60 Km da Aleppo. Dopo quattro anni di scavi, nell’estate del 1968, venne alla luce il busto di una statua in basalto recante un’iscrizione. La traduzione rivelò che la statua era dedicata alla dea Ishtar del principe Ibbit-Lim, della famiglia di Ebla. Questo fu il primo passo verso l’identificazione di Tell Mardikh con l’antica Ebla. La conferma arrivò nel 1975 con il ritrovamento della sala degli archivi di stato della città, contenente circa 15.000 tavolette d’argilla databili al 2.300 a.C.

LA SCRITTURA E LA LINGUA DI EBLA

Poco tempo dopo la scoperta dell’archivio reale, l’epigrafista della Missione Archeologica Italiana, Giovanni Pettinato, analizzando le varie tavolette, scritte in caratteri cuneiformi, scopre che buona parte di esse erano in una lingua sconosciuta ma ben presto identificabile come semitica. La decifrazione è stata possibile grazie ai vocabolari bilingui rinvenuti nell’archivio. L’eblaita, nome che viene dato alla nuova lingua, si presenta molto simile alle lingue semitiche del gruppo nord-occidentale come il Fenicio, l’Ugaritico e l’Ebraico biblico. Come nelle altre lingue semitiche, anche nell’Eblaita ritroviamo molte similitudini grammaticali come il trilitterismo, modi verbali intensivi, causativi, passivi, etc.

EBLA E LA BIBBIA

Quella di Ebla è una delle più grandi e recenti scoperte archeologiche di interesse biblico degli ultimi 150 anni. Ricordiamo le altre grandi “tappe” dell’archeologia biblica:

  • 1842 palazzo di Sargon II a Khorsabad presso Ninive;
  • 1887 le tavolette di Tell El-Amarna;
  • 1929 Ugarit (Ras Shamra);
  • 1935 Mari;
  • 1947 Rotoli di Qumran[2]

L’apporto che la scoperta di Ebla, con la sua lingua e la sua cultura, dà alla ricerca biblica è senza dubbio notevole. Certo, il lavoro è ancora agli inizi, ma il materiale esaminato è sufficiente per far tacere molti detrattori della Bibbia!

I NOMI PROPRI

Nel caso, per esempio, dei personaggi della Genesi contemporanei o precedenti l’epoca dei patriarchi, la critica si è sempre dimostrata alquanto scettica sull’esistenza stessa di questi personaggi o della loro collocazione temporale. Nelle tavolette di Ebla sono stati trovati nomi quali Abramo, Agar, Ismaele, Esaù ed Eber[3] (quest’ultimo il capostipite degli Ebrei) mai riscontrati in nessun altro documento al di fuori della Bibbia. Dopo la morte di Sara, Abramo sposò Ketura,[4] altro nome che troviamo per la prima volta in un documento extra-biblico, nella forma eblaita di qu-tu-ra. Interessante notare che cinque righe dopo la menzione di qu-tu-ra si nomina la città di [kha-ra-an], la biblica Charan.[5] Appaiono anche per la prima volta i “nomi” a-da-mu (Adamo), ricordato come uno dei governatori delle quattordici province di Ebla, e ‘a-wa (Eva), una donna eblaita che compare in un testo economico.

Vi sono anche testimonianze di altri nomi a noi conosciuti come Nimrod, Giona, Michea, Daniele, Aggeo, Davide e Saul.

IL NOME DI YHWH

 Ad Ebla sono stati trovati nomi come:

  • mi-ka-Il (Chi è come Dio?) e mi-ka-yà (Chi è come Yà?)
  • en-na-Il (Abbi pietà o Dio) e en-na-yà (Abbi pietà o Yà)
  • ishma-Il (Dio ha udito) e  ishma-yà (Yà ha udito)
  • ed altri ancora…

Chiaro quindi l’interscambio tra il (ebraico el = divinità) e (ebraico yah, abbreviazione di Yahwh). La presenza del nome di Dio degli ebrei ad Ebla ha suscitato grande stupore e molte polemiche. Vari studiosi hanno infatti criticato questa interpretazione di Pettinato, dicendo che le terminazioni di dei nomi di persona non sono altro che forme abbreviate, usate come vezzeggiativi, che nulla hanno a che fare con il nome divino Yahwh.

La scoperta di un’altra tavoletta con il nome di persona dingir-yà-ra-mu ha fatto cadere ogni possibile obiezione. Questa volta, infatti, l’elemento si trova all’inizio del nome, subito dopo dingir, che indica che il nome seguente è quello di una divinità. In questo specifico caso il nome yà-ra-mu è praticamente identico al biblico Yoram[6] come di uno dei re di Giuda.

Altri esempi li abbiamo nella documentazione sumerica della terza dinastia di Ur (es. yà-ra-bì), per cui notiamo un interessante parallelismo sumero-biblico: probabilmente non tutti i sumeri identificavano i loro “déi” con l’appellativo di Anunnaki, ma una buona parte di essi poteva riconoscere in (e non Enki o Enlil come molti sostengono) lo stesso individuo che riconoscevano i patriarchi biblici, ovvero Yahwéh l’Elohìm loro. Abbiamo quindi ampie testimonianze dell’antichità sull’uso del nome Yahwh, o meglio della sua forma abbreviata, che potrebbe ricondurci in qualche modo a piccoli indizi sulla sua originale pronuncia orale, nome che troviamo nel libro della Genesi fin dal secondo capitolo. Non a caso questo nome, infatti, iniziò ad essere pronunciato già al tempo di Enosh, nipote di Adamo, (Gn 4:26) epoca il cui nome era conosciuto, nominato, temuto e invocato. Solo diversi secoli più tardi questo nome fu nuovamente rivelato o “ricordato” a Mosheh, nella sua lingua egizia corrente.

Note

Copertina-intera-VOL.2-Copia-Copia1Fonte estratta dal Libro Terzo della collana “Una libera ricerca tra Ragione e Fede”: Il Mezzosangue.

[1] Il paese di Cush, o Cus, (Gn 2:13) è identificabile con la civiltà sumerica di Kish, la più antica documentata di una certa consistenza. Solo più tardi Cush (che prende il nome, con molta probabilità, dal figlio maggiore di Cam: Gn 10:6-8; 1Cr 1:8-10; Sl 7:1), forse a causa di emigrazione, passò ad indicare l’Etiopia.

[2] Recenti ritrovamenti avrebbero messo alla luce altro 9 nuovi rotoli qumraniani. Per maggiori informazioni vistare il sito internet: www.vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/qumran-qumaran-qumaran-archelogia-archeology-arqueologia-32410/

[3] Vedi Dio è la Scienza

[4] Genesi 25:1,4; 1Cronache 1:32-33.

[5] Genesi 11:31-32; 12:4-5; 27:43; 28:10; 29:4; 2Re 19:12; Isaia 37:12.

[6] 2Samuele 8:10; 2Re 8:16,21-29; 9:14-24,29; 11:2; 12:18.

8 Risposte a “Ebla, la Bibbia e il nome “YHWH””

  1. Caro Daniele,

    mi chiamo Paolo Benini, cercando sul web qualche ultimo dato su Ebla ho trovato i tuoi siti e hanno avuto su di me un fascino irresistibile, sono appassionato di archeologia e Bibbia, ho insegnato e tenuto conferenze sui rotoli del mar morto in diverse città d’Italia fra cui all’università di Messina, di Bergamo e alla facoltà di teologia di Firenze in Spagna e nel Belgio.

    Grazie per quello che leggo nei tuoi siti e per quello che scrivi sulla Bibbia e sull’archeologia

    Paolo

    1. Caro Paolo, benvenuto nel blog.

      Mi fa piacere apprendere del tuo amore per l’archeologia e la Bibbia. Sicuramente tu sarai più afferrato di me in quanto le mie ricerche non sono da addetto ai lavori, ma da semplice appassionato autodidatta.
      Anche io ho tenuto qualche conferenza in giro per l’Italia, ma mai all’estero.
      Sono io a ringraziare te per la tua visita nel blog.
      Se hai del materiale video da voler o poter condividere, mi piacerebbe poterlo visionare.
      Trovi qualcosa di mio in video anche nel canale Youtube che curo: http://www.youtube.com/channel/UCnUylFfHnuNpFjHYRXG9umw

      A presto,
      Daniele

  2. L’azione più indegna che i traduttori moderni compiono nei confronti del divino Autore delle Sacre Scritture è quella di togliere o nascondere il suo caratteristico nome personale. In realtà il suo nome ricorre nel testo ebraico 6.828 volte nella forma יהוה (YHWH o JHVH), a cui in genere si fa riferimento come al Tetragramma (che letteralmente significa “di quattro lettere”).

    Oggi, a parte alcuni frammenti della primitiva Settanta greca in cui il nome sacro è conservato in ebraico, solo il testo ebraico ha ritenuto questo importantissimo nome nella sua forma originale di quattro lettere, יהוה (YHWH), la cui esatta pronuncia non è stata preservata. I testi attualmente in circolazione della Settanta greca (LXX), della Pescitta siriaca (Sy) e della Vulgata latina (Vg) sostituiscono l’incomparabile nome di Dio col semplice titolo “Signore”. — Vedi App. 1C.

    Il codice di Leningrado B 19A, che si trova nell’URSS e il cui testo è stato usato per la Biblia Hebraica Stuttgartensia (BHS), vocalizza il Tetragramma in modo da leggere Yehwàh, Yehwìh e un certo numero di volte Yehowàh, come in Ge 3:14. L’edizione del testo ebraico di Ginsburg (Gins.) vocalizza YHWH in modo da leggere Yehowàh. Benché molti traduttori preferiscano la pronuncia “Yahweh”,

    La consuetudine invalsa fra gli ebrei di sostituire il nome divino con titoli fu seguita nelle copie posteriori della Settanta greca, nella Vulgata latina e in molte altre traduzioni, antiche e moderne. Perciò, A Greek-English Lexicon, di Liddell e Scott (LSJ), p. 1013, dichiara: “ὁ Κύριος, = ebr. Yahweh, Lxx Ge. 11.5, al.”. Inoltre, il Greek Lexicon of the Roman and Byzantine Periods, di E. A. Sophocles, Cambridge (USA) e Lipsia, 1914, p. 699, alla voce κύριος (Kỳrios) dice: “Signore, che sta per יהוה. Sett. passim [sparso qua e là in vari punti del testo]”. Oltre a ciò, il Dictionnaire de la Bible, di F. Vigouroux, Parigi, 1926, vol. 1, col. 223, dice che “i Settanta e la Vulgata hanno Κύριος e Dominus, ‘Signore’, dove l’originale ha Geova”. Anche Giuseppe Ricciotti, in una nota a Eso 3:14 nella versione da lui annotata (La Sacra Bibbia, Salani, 1955), afferma: “Il nome Jahvè è tradotto nella Vulgata con Dominus”. Riguardo al nome divino, A Compendious Syriac Dictionary, a cura di J. Payne Smith, Oxford, ristampa del 1979, p. 298, dice che Maryaʼ “nella Pescitta [siriaca] del V. T. rappresenta il Tetragramma”.

    Una delle prime Bibbie in italiano ad usare il nome di Geova fu la traduzione di Antonio Brucioli. Nell’edizione stampata a Venezia nel 1551 egli usò in Eso 6:3 la forma “Ieova”. Commentando questo stesso versetto, il Brucioli aveva detto: “IEOVA è il sacratissimo nome di Iddio . . . intendendosi sempre pel Signore”. (Commento in tutti i Sacrosanti libri del Vecchio, & Nuovo Testamento, Venezia, 1546) In una revisione della versione del Brucioli, stampata dall’editore Francesco Durone nel 1562, il nome di Dio, nelle forme “Iehova” e “Iehovah”, ricorre decine di volte (es. Ge 28:13; Eso 6:2, 3, 6, 8, 29; Sl 83:18 83:19; Isa 45:5; Os 12:5; Am 5:8). In una nota a Ge 28:13 si legge: “Questo nome IEHOVA s’attribuisce solo e propriamente a Dio”. Invalse comunque fra i traduttori l’abitudine di usare il nome Geova in pochi versetti soltanto e di scrivere “Signore” o “Dio” nella maggior parte degli altri casi in cui nel testo ebraico ricorre il Tetragramma. Questa abitudine fu seguita dai traduttori della “Bibbia del re Giacomo” (inglese) del 1611, dove il nome di Geova ricorre solo quattro volte, cioè in Eso 6:3; Sl 83:18; Isa 12:2; 26:4.

    Inoltre il Theological Wordbook of the Old Testament, vol. 1, Chicago (1980), p. 13, dice: “Per non correre il rischio di nominare il nome di Dio (YHWH) invano, giudei devoti cominciarono a sostituire il nome proprio stesso con la parola ʼădōnā(y). Pur lasciando nel testo le quattro consonanti originali, i masoreti vi aggiunsero le vocali ē (in luogo di ă per altre ragioni) e ā per ricordare al lettore di pronunciare ʼădōnā(y) senza tener conto delle consonanti. Questo si ripete più di seimila volte nella Bibbia Ebraica. La maggioranza delle traduzioni [in inglese] usano scrivere il titolo ‘SIGNORE’ in tutte maiuscole. Fanno eccezione l’ASV [American Standard Version] e la Traduzione del Nuovo Mondo che usano ‘Geova’, l’Amplified che usa ‘Signore’ e JB [La Bibbia di Gerusalemme, ed. inglese] che usa ‘Yahweh’. . . . Nei luoghi in cui ricorre ʼădōnā(y) yhwh, quest’ultima parola ha i punti vocalici di ʼēlōhim e così nacquero le versioni . . . come ‘Signore DIO’ (es. Amos 7:1)”.

    IL NOME DIVINO NELLE SCRITTURE EBRAICHE (NM)

    La frequenza stessa con cui questo nome ricorre dimostra quanto esso sia importante per l’autore della Bibbia, del quale è il nome. Il Tetragramma ricorre 6.828 volte nel testo ebraico (BHK e BHS). Lo conferma il Dizionario Teologico dell’Antico Testamento, di E. Jenni e C. Westermann, Marietti ed., Torino, 1978, vol. I, coll. 609, 610. La Traduzione del Nuovo Mondo rende il Tetragramma “Geova” tutte le volte che ricorre, fuorché in Gdc 19:18 (vedi la relativa nt.).

    In base alle lezioni dei LXX, abbiamo ripristinato il Tetragramma in tre luoghi e lo abbiamo reso “Geova”, cioè in De 30:16; 2Sa 15:20 e 2Cr 3:1, dove in BHK le note in calce danno יהוה.

    Secondo le note in calce di BHK e BHS, in Isa 34:16 e Zac 6:8 si dovrebbe leggere il nome divino invece del pronome di prima persona singolare ‘mio’. Abbiamo ripristinato il nome divino in questi due luoghi e lo abbiamo reso “Geova”.

    Per una spiegazione degli altri 141 casi di ripristino del nome divino, vedi App. 1B.

    Il nome “Geova” ricorre 6.973 volte nel testo delle Scritture Ebraiche della Traduzione del Nuovo Mondo, di cui tre in nomi composti (Ge 22:14; Eso 17:15; Gdc 6:24) e sei nelle soprascritte dei Salmi (7; 18 [3 volte]; 36; 102). Questi nove casi sono inclusi nelle 6.828 volte di BHK e BHS.

    FORMA ABBREVIATA DEL NOME DIVINO

    La forma abbreviata del nome divino, Yah (reso “Iah”), ricorre 50 volte nel testo masoretico. Segue un elenco dei luoghi in cui ricorre: Eso 15:2; 17:16; Sl 68:4, 18; 77:11; 89:8; 94:7, 12; 102:18; 104:35; 105:45; 106:1, 48; 111:1; 112:1; 113:1, 9; 115:17, 18, 18; 116:19; 117:2; 118:5, 5, 14, 17, 18, 19; 122:4; 130:3; 135:1, 3, 4, 21; 146:1, 10; 147:1, 20; 148:1, 14; 149:1, 9; 150:1, 6, 6; Ca 8:6; Isa 12:2; 26:4; 38:11, 11.
    Saluti

  3. Mi piace informarmi sugli argomenti biblici. Stai diventando per me un punto di riferimento. Dio ti benedica

  4. .

    ‘Yah’ NON è l’abbreviazione di Yahweh, ma il nome semitico del dio LUNA (in ugaritico ed in fenicio-canaaneo YAHU). Yahweh non è il nome del dio degli ebrei delle origini, ma la vocalizzazione arbitraria (così come Yehowah) del celebre tetragramma YHWH: un ACRONIMO e non un nome nella forma consonantica!….Tale acronimo sottendeva la frase “Yod He Waw He”, vale a dire “Io Sono Chi Sono”. In origine si trattava solo di un trigramma (HWH = Sono Chi Sono) in quando la ‘Yod’ (Io) venne aggiunta in un secondo tempo. (dallo studio della mitologia egizia si capisce il perché)

    Saluti

    .

    1. Grazie per il tuo esaustivo contributo, Giannino. Sicuramente sarà di ottimo spunto per riesaminare le ricerche.
      Non dimentichiamo però i casi di omonimia, come la famosa “asherà” Anat-Yahu, presunta moglie del dio biblico YHWH come asserito da Biglino. Magari questa Anat-Yahu è la moglie del dio Luna e non del Dio anticotestamentario =)
      Comunque, ancora grazie.

      Buona giornata.

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